Categorie: Personaggi

DUECENTO ANNI FA ERO TRONISTA

di - 10 Settembre 2007

Pensare alla televisione e alla numerosa fauna di belli, belle e bellocci che occupano il nostro piccolo schermo è sconcertante. Ma non è solo un simpatico esercizio di cazzeggio intellettuale: l’invasione di letterine, ballerine, tronisti sembra un’ondata che non si infrange mai sugli scogli, che non si dissolve mai sotto la luce dei riflettori. Certo è un meccanismo basato sulla capacità di riprodurre infinitamente sé stesso e che offre una quotidiana mitologia di personaggi a buon mercato. Ma non vale la pena di tuonare contro un mondo che fa della vacuità una ragione di vita, oppure aggiungere commenti ai fiumi di inchiostro già spesi a favore dei belli che pure fanno andare avanti il mondo show-biz. Se Corona furoreggia in tv pazienza, ci consoleremo con un romanzo di Hemingway.
Sia o meno un valore, non si pensi che il culto della bellezza sia frutto della modernità, che inevitabilmente ci appare più centrata sull’edonismo e sulle dinamiche dell’esteriorità. Il pantheon greco è popolato da dèi invidiosi dell’altrui bellezza e anche la guerra di Troia -secondo la narrazione omerica– ha tra le cause di innesco la bellezza personale di una donna che diventa spudoratamente volontà di possesso. Ma come ci ammonivano i sofisti, non era Elena ad essere colpevole, poiché le conseguenze della bellezza ricadono fatalmente sulle decisioni e le volontà altrui. Finisce per essere questa la questione fondamentale: la bellezza, an che individuale, mette in moto un complesso meccanismo di reazioni, genera e crea volontà, invidia e ammirazione, desideri e perversioni, odio e amore.
È amore, seppur platonico ma non certo pura infatuazione, quello che si trovò a sentire la non più giovane nobildonna Elzbieta Lubomirska Czartoryska per il lontano, e bellissimo, parente Henryk Lubomirski. Nel 1783, quando egli aveva appena otto anni, di soppiatto una notte l’aristocratica polacca decide infatti di avvolgere il ragazzino in una pelliccia e di rapirlo dalla dimora dei genitori. Successivamente questi vengono avvertiti e dopo aver raggiunto un accordo il principino viene affidato alla cure amorevoli di Elzbieta. Henryk si trasferisce a Vienna presso la parente la quale ha la cura di riservare al giovanetto un’istruzione con i migliori precettori e con il quale intraprende presto un grand tour dalle capitali europee al Belpaese: ovunque il ragazzino incontra l’ammirazione nei salotti più esclusivi (la Lubomirska è un membro della più alta aristocrazia polacca) e Elzbieta stessa diventa oggetto di pettegolezzi per il morboso ed eccentrico attaccamento al bel ragazzino.
A Roma la principessa, dopo esser stata ricevuta dal papa, conosce Antonio Canova, allora giovane emergente nell’ambiente artistico capitolino. Nonostante le reticenze dello sculture ad eseguire un ritratto, riesce a convincere Canova, che ne modella un bozzetto per il viso. Nei mesi successivi lo sculture ha l’intuizione di rappresentare Henryk come Amore e ordina da un copista una riproduzione di una statua antica tra quelle disponibili a Roma, tra cui copie romane dell’Eros di Centocelle e l’Eros alato di Prassitele. Nella statua del principe vengono così a fondersi il ritratto realistico del giovine con l’ideale classico della bellezza, sintesi che sarà l’essenza del classicismo, che lo scultore più di ogni altro incarna.
Causa gli impegni di Canova la statua finita sarà inviata in Polonia solo nel 1789, ma egli stesso, su pressante richiesta dei committenti che frequentano il suo studio romano dove è visibile il bozzetto in gesso, realizza negli anni successivi ben cinque copie –con diverse varianti– che prendono la via di numerose residenze nobiliari in Europa. Inevitabilmente la dinamica della replica (della statua ma anche della bellezza) accentua ed amplifica la popolarità e viene a crearsi cioè un vero e proprio caso che consacra il principe Lubomirski quale emblema della bellezza secondo le teorie e l’ideale wicklemanniani. Certo oggi un aspirante tronista si accontenterebbe di molto meno. Figuriamoci di avere un “monumentum aere perennius” (“un monumento più duraturo del bronzo”, Orazio, Odi, III, 30, 1) entrato nella storia dell’arte. Basterebbero i vecchi quindici minuti di televisione cari al vecchio Andy Warhol

Per celebrare i 250 dalla nascita di Canova, Possagno (la città in cui lo scultore è nato e sepolto) ospita la statua del Principe Lubomirski, che ritorna nel Belpaese dopo oltre due secoli nei quali non ha mai lasciato il castello di Lancut, dimora della nobile famiglia polacca. L’opera è esposta nella casa natale dello sculture che è anche sede della gipsoteca che conserva molti dei modelli in gesso a dimensioni originali –tra cui proprio quello del principe danneggiato durante la Grande Guerra– realizzati dall’artista prima di procedere alla scultura definitiva su marmo. Presso la gipsoteca, la cui sistemazione definitiva si deve alla mano geniale di Carlo Scarpa, e nella casa, che ospita tra l’altro delle inedite tempere realizzate da Canova su ispirazione della pittura pompeiana, è stato tracciato un itinerario che unisce con un sottile filo rosso le opere che affrontano il tema dell’amore. Amore che trova il suo climax proprio nel marmo del principe polacco, ospitato tra le colonne di un tempio. Con arco e frecce pronte ad essere scoccate.

daniele capra


dal 28 luglio al primo novembre 2007
Antonio Canova – Il Principe Henryk Lubomirski come Amore
Museo e Gipsoteca canoviana, Via Antonio Canova 1, Possagno (TV)
+39 0423544323 (info) / posta@museocanova.it
www.museocanova.it – orario: 9 – 19 (possono variare, verificare sempre via telefono) – biglietti: interi euro 7, ridotti euro 4 – Catalogo Silvana Editoriale


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