Come si è trovato per la prima volta al timone di una fiera come Miart?
«Anche se sono abituato a confrontarmi con realtà molto diverse tra loro, una fiera rimane una sfida straordinaria per la sua dimensione e il numero elevato di persone coinvolte».
Lo scenario delle fiere italiane è in profondo mutamento: Evangelisti lascia Artefiera, Artissima avrà una nuova direttrice. Come si pone Milano in questa prospettiva?
«Posso dire che Miart è lo specchio della città che la ospita, capace di stare al passo dei tempi e di accettare le continue sfide che il mercato le impone».
A Miart spesso si è lamentata la carenza di gallerie straniere. La sua nomina dovrebbe colmare proprio questa lacuna. Pensa di esserci riuscito o quanto meno di essere sulla buona strada?
«Accogliere più gallerie straniere è solo un motivo tra tanti altri. Vedo tre argomenti: quest’anno ci sarà una serie gallerie straniere, alcune consolidate altre giovani. Bisogna aggiungere poi che la metà degli artisti presenti in fiera sono stranieri, tanti rappresentati da ottime gallerie italiane. E infine credo che una diversificazione a livello internazionale richiede anche una specializzazione, una identità che leghi il programma della fiera e il suo contesto».
Dalla sua esperienza, Milano è una città capace di fare rete? Mi riferisco agli eventi collaterali alla fiera, per la prima volta forse più compatti.
«La fiera lavora fianco a fianco con le gallerie e le varie istituzioni. MiArt è diventato un momento cruciale nella città. Abbiamo cercato lo scambio con varie realtà e siamo davvero soddisfatti di poter dire che la settimana di MiArt 2012 sarà ricca di appuntamenti, un evento cittadino comune che coinvolge gallerie, musei, fondazioni e spazi off».
Cosa pensa delle nuove fiere low cost e del fatto che in questi giorni debutta anche la manifestazione dell’Arte Accessibile?
«È un fenomeno di un ambiente in crescita. Ci sono sempre più gallerie che cercano conferme tramite la partecipazione in fiere. Ma il problema è la qualità».
Perché le fiere italiane spesso vengono disertate proprio da quelle gallerie della penisola che dettano “legge” nel mondo?
«Le fiere d’arte ormai sono tante e le gallerie operano, soprattutto in tempi di crisi, inevitabili scelte».
Quanto pesa sulla riuscita di una fiera a Milano la mancanza di un museo d’arte contemporanea?
«A Milano è successo molto negli ultimi anni. Esiste ormai un insieme di istituzioni di alto livello, dalle fondazioni private a spazi gestiti da artisti. Evidentemente un museo d’arte contemporanea potrebbe dare una ulteriore spinta a questo sviluppo che avrebbe un forte significato per l’immagine stessa della città e il successo della sua fiera».
Che numeri ci si aspettano dall’edizione di quest’anno tra fatturato, ingressi, biglietti staccati?
«I bilanci li facciamo dopo».
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