Ekrani i Artit
In un’epoca di dislocazione, l’arte può ancora rappresentare un gesto di incontro? È la questione evocata da Postcards from Elsewhere, titolo dell’ottava edizione di Ekrani i Artit, festival di videoarte che si svolgerà dal 18 al 22 giugno 2025, nella città albanese di Shkodër – Scutari. «Ci riuniamo non solo per guardare i film ma per ascoltare ciò che ci chiedono, per rimanere con le domande, per ricordare ciò che abbiamo ancora il potere di immaginare», ha dichiarato la direttrice artistica Tea Paci.
Più che una rassegna cinematografica, Ekrani i Artit vuole proporsi come una piattaforma transdisciplinare che intreccia visioni personali e politiche, pratiche installative e momenti di confronto collettivo. In questa edizione, le cartoline da altrove sono le immagini in movimento che attraversano storie intime, traumi collettivi, tensioni e paure, riflessioni e immaginazioni. Con 111 opere in programma, tra cui 40 prime albanesi, e 30 artisti internazionali presenti, il festival ribadisce la propria vocazione dialogica e porosa, rifiutando la logica dello spettacolo in favore di una fruizione lenta, meditata e aperta alle contaminazioni.
Tra gli autori invitati, figurano MASBEDO, Elena Dorfman, Anka Gujabidze, Basir Mahmood, Damir Očko, Ari Benjamin Meyers, Giorgio Andreotta Calò, Barbara Prenka. Le loro opere si distribuiranno su una mappa urbana espansa, che coinvolge ben sette sedi in città, attivando architetture storiche e spazi informali, come la Kinema Republika, la Civic Art Gallery, l’Art House, lo Zef Paci’s House o l’inedita zona sociale sperimentale del Bar Tore / MINIMARKET.
Una delle sezioni più significative è REWIND – Glimpses of Video Art in Albania, mostra retrospettiva sulla videoarte albanese dagli anni Novanta a oggi, curata da Edi Muka. L’esposizione vuole storicizza una produzione rimasta a lungo ai margini del discorso critico europeo, restituendola come linfa per le generazioni emergenti. In questo senso, le opere degli studenti delle scuole superiori di Shkodër entreranno in dialogo con l’artista Bora Baboçi, nel programma How the name emerged from stone, dove il gesto educativo diventa atto curatoriale.
In parallelo, la personale di Barbara Prenka, Covers, allestita presso l’Art House, e le conversazioni tra l’artista e il curatore Zef Paci interrogano la dimensione performativa dell’archivio, e le politiche del montaggio tra corpo, storia e linguaggio.
Lungo le giornate del festival, gli schermi si aprono anche al crepuscolo, con proiezioni open air sulla Gjuhadol Street, come il loop What You Want to Call Them? curato da MASBEDO, o i programmi internazionali presentati al Franciscan Auditorium, che ospita collaborazioni con Fondazione In Between Art Film, Protocinema, Ars Electronica e Riar Rizaldi, con focus su ghosts, monsters and cinematic elsewheres. Tra le proposte, le Loop Screenings quotidiane e il programma Fillimet curato da Edi Muka e seguito da un Q&A con Anri Sala, Gentian Shkurti e Silva Agostini.
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