La scultura è solita essere immaginata come qualcosa di solido, stabile, destinato a rimanere intatto o a subire modifiche, levigato soltanto dal tempo. Molte e molti nel contemporaneo sono le artiste e gli artisti che ci hanno abituati a sovvertire questo ordine e, tra loro, troviamo Laura Renna. La sua passione per quella che qui definiamo “scultura morbida”, nata sin dalla sua infanzia con l’apprendimento dell’intreccio in terra pugliese, conduce alla realizzazione di opere che portano dentro e fuori di loro la forza della materia e di ciò che da essa scaturisce. “Il canto della retara” di Laura Renna è la mostra proposta all’interno degli spazi della Galleria S. Croce, a Cattolica, per il progetto “Mansio”, ideato e curato da Milena Becci e organizzato dai Servizi Culturali del Comune di Cattolica a seguito della residenza dell’artista, svolta al Museo della Regina.
Laura Renna, con la personale “Il canto della retara”, si relaziona con la sezione legata alla pesca, aspetto basilare dell’economia dei centri costieri e di cui il Museo della Regina offre una ricca testimonianza, accompagnata da immagini, video e oggetti, per raccontare come la pesca venisse praticata nell’Adriatico. Le retare erano le donne, spesso mogli di chi andava in mare, che riparavano le reti attendendo il ritorno dei mariti. Donne che attendono come Penelope ma dedite a un lavoro che sosteneva la famiglia e la comunità , attraverso una pratica manuale realizzata esclusivamente in corda o spago ottenuti da fibre naturali.
Le mani di Laura Renna, similmente, seguono un ritmo identico nello scorrere del tempo e parlano di un mondo collettivo: l’artista ha invitato pescatori cattolichini e alcune associazioni cittadine a tessere con lei nella realizzazione di un arazzo. In silenzio, sensazioni e riflessioni, mentre il corpo si muove e segue l’andamento dei filamenti che rinascono a contatto con le mani e sono portatori di storie, così come lo è la rete tra le dita dei pescatori e delle donne che cantavano attendendo un ritorno.
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