Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: la grande scultura al MAMbo di Bologna

di - 20 Aprile 2024

Nelle maglie del tempo, un filo storico critico collega le esperienze e le opere di due artiste esemplari nate a distanza di 450 anni e 9mila km, la bolognese Properzia de’ Rossi (1490 circa – 1530) e la statunitense Lynda Benglis (Lake Charles, Louisiana, 1941), riunite in una efficacissima mostra, sul loro ruolo e talento, in corso fino al 26 maggio nella Project room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. Curata dal direttore Lorenzo Balbi con l’assistenza di Giulia Pezzoli, accosta in un solo colpo d’occhio tradizione ed evoluzione dell’arte nei secoli: da un esemplare prezioso in filigrana d’argento e intarsi del primo quarto del XVI secolo a sette sculture in marmo realizzate tra il 2015 e il 2021, da una riproduzione in resina 3D di una importante formella marmorea del 1525-1526 ai volumi originali dell’edizione del 1568 de Le vite di Giorgio Vasari. Prestiti che provengono dal Museo Civico Medievale di Bologna e dalla Thomas Brambilla Gallery di Bergamo e altre collezioni private, nonché, per i libri, dalla Biblioteca Comunale bolognese dell’Archiginnasio.

Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: scultrici di capriccioso e destrissimo ingegno, veduta della mostra, MAMBo, Bologna, 2024, ph. Carlo Favero

A Properzia de’ Rossi il Vasari ebbe a dedicare meritato spazio, non senza retorica maschilista, tra le biografie degli “eccellenti pittori, scultori, e architettori”, quale prima donna artista in quello che è da considerarsi il primo testo critico della storia dell’arte. “Sculpitrice di capriccioso e destrissimo ingegno”, fu impegnata dal 1525 nella Fabbrica di San Petronio per l’apparato ornamentale della Basilica simbolo della città di Bologna. È passata alla storia come proto-femminista, capace di affermarsi in un ambiente pregiudizievole solo maschile, dimostrando la sua maestria al di là di ogni discriminazione di genere, come intagliatrice e nella faticosa lavorazione del marmo.

Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: scultrici di capriccioso e destrissimo ingegno, veduta della mostra, MAMBo, Bologna, 2024

Di minuziosa fattura lo Stemma della famiglia Grassi con aquila bicipite, restaurato per la mostra, in cui incastonati nell’argento vi sono noccioli di frutta intagliati sui due lati con figure di apostoli e sante; e identificativa del suo lavoro poi la resa della scena biblica nella sua formella per il portale della Basilica felsinea con “Giuseppe e la moglie di Putifarre”, in cui De’ Rossi si esprime al massimo, descrivendo il vigore e la centralità, in quell’episodio, della protagonista femminile  ̶  l’originale è conservato nel Museo della Diocesi.

Lynda Benglis e Properzia de’ Rossi: scultrici di capriccioso e destrissimo ingegno, veduta della mostra, MAMBo, Bologna, 2024, ph. Carlo Favero

Cinque secoli più tardi la carriera della notabile Lynda Benglis dimostra che occorreva, e occorre ancora, controbattere alla prepotenza maschile per ricordare la parità di genere nella società e quindi nell’arte. Rappresentante di una fondamentale discussione sul ruolo della donna e delle artiste sin dai movimenti femministi degli anni Sessanta e Settanta  ̶  cresciuta in Louisiana si trasferì a New York nel 1964  ̶  ha contribuito a sovvertire gli stili dominanti in quegli anni nella convergenza tra l’Espressionismo astratto, il Minimalismo e la Process Art, proclamando la “free-form sculpture” e affermandosi con diversi media e lavori dirompenti, anche scabrosi. Nota per la sua sperimentazione con i materiali come il lattice espanso, la gomma, il silicone e il poliuretano, interessata alla sostanza fluida in azione e attenta all’innovazione tecnologica del suo tempo, Benglis ha dimostrato la vitalità anche di quelli tradizionali, modellando il marmo, tanto quanto faceva De’ Rossi nel primo Cinquecento.

Le fascinose sculture a parete in esposizione al MAMbo, sono ottenute dal marmo bianco di Carrara, marmo giallo reale, verde del Guatemala, nero Marquina, rosso di Francia. Forme sinuose, legate all’anatomia e alla natura femminile, avviluppate o che vanno liberandosi come petali di un fiore. Grandi opere che si presentano come torsioni, che sono anche quelle compiute nella storia, per liberarsi dalla limitatezza, da donne che non si son «Vergognate, quasi per torci il vanto della superiorità, di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose mecaniche e fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro, per conseguir il desiderio loro e riportarsene fama».

Storica dell’arte, e-writer e fotografa, collabora con il Dipartimento delle Arti Visive dell’Università di Bologna dove si è specializzata in Psicologia dell’arte con una ricerca in Neuroestetica. Dal 2011 lavora nell’editoria e nella Comunicazione & Marketing aziendale. È socia della IAAP - International Association for Art and Psychology, impegnata in azioni di promozione culturale.

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