SOGNO O SON PEGGY?

di - 12 Febbraio 2008
Una mostra surreale, quella dei surrealisti di Peggy. Esposti in una cattedrale del Duecento, dentro uno scrigno semitrasparente di nome Arca, i padri di una delle correnti più enigmatiche, anticlericali ed erotiche della storia dell’arte inaugurano il rilancio di una città decisa a riqualificarsi come città d’arte, combattendo contro il luogo comune che la vuole relegata a capitale del riso e della nebbia.
Vercelli è infatti una città piena di monumenti e palazzi antichi, con un Duomo ricco di capolavori e la seconda pinacoteca piemontese per ordine d’importanza, il Museo Borgogna. Complice una strategia geopolitica culturale quasi controcorrente della Fondazione Guggenheim, che vanta cantieri in alcune roccaforti del postmoderno come la giocosa e citazionista Las Vegas o la riqualificata postindustriale Bilbao (ma anche Berlino e Venezia), Vercelli diventa per tre anni sede di altrettante grandi mostre della Fondazione americana. In un Piemonte che ha già saputo dimostrarsi terreno fecondo per importanti istituzioni d’arte, contemporanea e non, la novità di Arca, supportata dal reparto mostre della casa editrice Giunti, conferma il desiderio di visibilità, riqualificazione e business che dinamici assessori alla cultura italiani stanno provando. Dopo gli eccessi impressionistici e impressionanti di Marco Goldin, vero conquistatore di province ricche, seduttore delle masse e grande affarista, oltre che uomo di cultura, un altro capitolo del “nuovo corso” del sistema dell’arte si apre in una zona remota che attende una parte di quei nove milioni di turisti della cultura che ogni anno girano per l’Italia in cerca di mostre ed eventi culturali.
Peggy Guggenheim precorre un modo d’intendere la cultura visiva come annunciatrice di grandi trasformazioni; una collezionista militante, che insegue i prodromi di smottamenti culturali e antropologici. Il Surrealismo è il suo primo amore. “Non è un caso”, ci racconta Luca Massimo Barbero, curatore della mostra Peggy Guggenheim e l’immaginario surreale, “che nel suo primo viaggio parigino, invece di rivolgersi a ritrattisti à la mode della capitale francese, sceglie il giovane e rivoluzionario fotografo Man Ray, iniziando così un ideale percorso attraverso la novità e l’immaginario di una nuova generazione di artisti”. Coniato nel 1917 da Guillaume Apollinaire per definire la pittura di Giorgio de Chirico, il termine Surrealismo viene ripreso nel 1924 da André Breton nel manifesto che esprime principi e fini del movimento. “Un movimento filosoficamente e politicamente radicale”, lo definisce Barbero, “che ambisce a cambiare la percezione del mondo attraverso pensieri e sensazioni repressi dalla coscienza perbenista, come l’inconscio, l’assurdo, i sogni e la lussuria”.
Il surrealismo di Duchamp e Man Ray, o di Dalí e Max Ernst gioca contro le consuetudini estetiche del tempo, esprimendo la convinzione che il pensiero razionale sorga come riflesso condizionato da parte di una vita psichica inconscia ben più violenta, anarchica ed erotica. In linea con le altre scuole filosofiche del sospetto, di Nietzsche e di Marx, la nuova “bohème intellettuale” dei surrealisti alimenta una visione antirazionalista, tesa a considerare la ragione come una facoltà asservita a pulsioni più profonde e inconsce. Il mondo del sogno diventa luogo della verità e critica verso la realtà borghese costruita su dogmi, tabù e ipocrisie.
Negli anni ‘20, a Parigi, Peggy incontra Breton, Giacometti, Yves Tanguy, Fernand Léger. Si fa consigliare da Duchamp e, con Jean Cocteau, apre nel 1938 a Londra la sua galleria d’avanguardia, la Guggenheim Jeune. Innamoratasi dei concetti del Surrealismo, Peggy si ciba di spirito anticonformista e d’immaginario fantastico. Diventa una collezionista, una testimone eccentrica capace di aggregare attorno a sé intellettuali, scrittori e artisti. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e del Surrealismo, si trova nella nuova capitale dell’arte, a New York, dove apre la galleria dell’arte americana, Art of this Century. Ma questa è un’altra storia, l’ennesimo capitolo di un sismografo culturale inquieto, capace di riconoscere in Jackson Pollock uno dei più intensi testimoni eterodossi del passaggio dal vecchio al nuovo mondo della sbrigliata energia psichica surrealista.
È questo gusto profondo per l’immaginario fantasioso e onirico della temperie surreale”, spiega Barbero, “che la mostra di Vercelli vuole evocare attraverso opere d’arte che per la prima volta vengono presentate al pubblico accostando i capolavori della collezione di Peggy ad alcune opere straordinarie provenienti dal museo dello zio Solomon R. Guggenheim di New York”. Indagatori della surrealtà come Marc Chagall, Pablo Picasso e de Chirico; maestri surrealisti come Joan Miró, René Magritte e i già citati Dalí, Ernst, Giacometti, Tanguy. Si ritrovano tutti a Vercelli, per sollevare una cattedrale dal tragico destino che l’attendeva: diventare una somma di garage con affreschi originali, deposito di legname, stalla o mercato del vino, della carne e del formaggio. San Marco è stata tutte queste cose, prima che fosse salvata dall’arte. Surreale.

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dal 9 novembre 2007 al 2 marzo 2008
Peggy Guggenheim e l’immaginario surreale
a cura di Luca Massimo Barbero
Arca – Chiesa di San Marco
Piazza San Marco, 1 (centro storico) – 13100 Vercelli
Orario: da lunedì a venerdì ore 14-19; sabato e domenica ore 10-20; la biglietteria chiude mezz’ora prima
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6
Catalogo Giunti con testi di Philip Rylands, Werner Spies e Luca Massimo Barbero
Info: tel. +39 0161596333; fax +39 0161596335; arcamostre@comune.vercelli.it

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