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BODW/2. Alla scoperta dell’Asia creativa, dove gli ologrammi escono dalla pareti e le scarpe si avvolgono

di - 6 Dicembre 2017
Nel distretto di Wan Chai, area centrale dell’isola di Hong Kong, c’è la sede del Convention and Exhibiton Centre e ci sono anche gli uffici di rappresentanza di Create Hong Kong. E visto che da queste parti ci tengono parecchio a raccontarsi, ecco che, a farci da guida nell’introduzione di questa realtà, è Mister Victor Tsang, head di questa costola dell’Ufficio del Commercio e dello Sviluppo Economico nata nel giugno 2009 con l’intento puro e semplice di «facilitare lo sviluppo delle industrie creative».
Gli incontri di Business of Design Week nascono così grazie a questo ente e, al grido di “I love design”, Mister Guy Parsonage, eclettico esperto di marketing che sembra strappato al palcoscenico, apre la prima sessione della settimana, dal titolo “Brand Asia Forum”. In realtà, più che parlare del solo continente, la questione è globale visto che si passa da esperienze italiane che sono diventate target mondiali a realtà dello spettacolo che, in trent’anni, hanno creato un impero sospeso tra arte ed entertainment. Parliamo, in questo caso, di Cirque du Soleil, compagnia nata letteralmente sulla strada, nel Quebec, 33 anni fa e che, oggi, ha raggiunto qualcosa come 25 Paesi, con spettacoli masterpiece tradotti in 25 lingue, con 9 show residenti tra Las Vegas e Orlando e che, tra i titoli, conta One, omaggio a Michael Jackson, Love, dedicato ai Beatles, e anche un remake stratosferico del film Avatar. In rappresentanza c’è Warren Donohoe, manager, che racconta come la tecnologia e l’ingegneria siano una continua scommessa che va di pari passo con la capacità di catturare il pubblico. Parola d’ordine: «Impossibile è solo una parola».
Meno celebrativo ma ugualmente ammaliante è il racconto che fa Massimo Bruto Randone, coordinatore della Vibram University e Innovation System Advisor della celebre azienda calzaturiera italiana che, per dirne una, alcuni anni fa ha ideato e prodotto, grazie all’ingegno di Robert Fliri, Fivefingers, la scarpa ergonomica che avvolge tutte e cinque le dita e che negli Stati Uniti ha spopolato per la sua duttilità e anche perché, come spiega Randone «Vi sono Paesi più propensi a determinati prodotti e idee, in questo caso a una possibilità di scarpa sneakers di una qualità mai realizzata prima». Ma c’è anche un breve e bell’intervento che esce da questa azienda nata nel 1937 in Italia: è quello del designer Masaya Hashimoto, ideatore di Furoshiki, che in giapponese identifica l’azione di chiudere su se stesso qualcosa, to wrap. Ebbene la calzatura in questo caso, eccezione fatta per la pianta, è un vero e proprio avvolgibile in grado di prendere la forma del corpo: una commistione fantastica del lavoro più complesso, unire la tradizione con l’innovazione evitando di scadere nel recupero o nel ready made. E non è un caso che Vibram, appunto, abbia creato la propria “università”: «Perché lavorare con i giovani è forse il modo migliore per un’azienda di restare vicina alle idee».
E poi, anche in questo caso, oltre il brand e la brandizzazione c’è l’uomo o, meglio ancora, il suo corpo, la sua salute fisica che passa anche per un’altra economia. E allora ecco arrivare sul palco Vicky Yang, CEO della Cycling Life Style Foundation che con il brand GIANT ha portato la concezione del bike sharing a Taipei, una delle aree più inquinate del sud est asiatico dove pedalare vuole dire molto, anche in fatto di design, manifattura e perfino lotta politica, visto che i governi, da quelle parti, a detta della signora Yang, non sembrano particolarmente felici della vita green dei loro cittadini.
Infine, per chiudere con un colosso, ecco SONY, nella personificazione di Daisuke Ishii, art director e General Manager del giapponese Creative Centre della marca universalmente conosciuta che ha anche una casa di distribuzione cinematografica e discografica. Alta l’attenzione per lo speech e, soprattutto, durante la presentazione del nuovo prodotto che porta il nome dei celebri cellulari: Xperia. Rivelarvi qualcosa in questa sede sarebbe pretenzioso, visto che non siamo una rivista specializzata in tecnologia. Sappiate solo che, a breve, gli ologrammi compariranno su tutte le superfici che vorrete e vi permetteranno di programmare la vostra vita.
Questo è il futuro, evidentemente, almeno dalla parte dell’Asia. Aggiornamenti in corso.

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