Provengono dall’intero globo le oltre quattrocento opere esposte alla Gam di Torino. Coprono un arco di tempo che pare infinito: dal primo millennio a.C. fino alle soglie dell’Ottocento. La mostra Africa è suddivisa in quattro sezioni, a occupare ben tre piani del museo.
Con I grandi regni guardiamo all’arte africana antica: le terracotte Nok (VI-VII sec. a.C.) e le sculture-ritratto – ornate da cesellate scarificazioni – della città di Ife, provenienti dall’attuale Nigeria, poi i pezzi Tada, Igbo-Ukwu ed Esie. Trionfano il bronzo e l’avorio nelle produzioni “classiche” e nei rilievi Edo del Regno del Benin (XIV-XIX sec.), frutto della razzìa attuata dall’esercito della corona britannica nel 1887, quindi (!) di proprietà delle istituzioni museali europee. Esili ed elaborate sono le figure lignee dei Dogon del Mali (XI-XV sec.), rudi quelle dei Mbembe, grottesche
La seconda sezione è quella più chiaramente coloniale: le teche sono colme dei tesori del Collezionismo delle Corti Cinquecentesche e gli avori afro-portoghesi. Splendide manifatture intarsiate, commissionate dall’Europa o più semplicemente sottratte ai regali proprietari africani: cucchiai e olifanti, saliere e forchette, gioielli atti a soddisfare il gusto per l’esotico degli antichi potentati del vecchio mondo, dai Medici agli Asburgo.
Con la parte dedicata a Gli artisti del Novecento e la scoperta del Primitivismo si potrebbe giustificare l’allestimento alla Gam della mostra. E tuttavia, il gradiente di ovvietà è piuttosto palese: qualche opera dei “maestri”, a testimonianza del furore collezionistico (il cui capostipite fu indubbiamente Paul Guillaume) e del demone dell’ispirazione che grandi artisti europei sopirono grazie all’art nègre, “scoperta” all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Figurano così lavori di Picasso, Matisse, Leger, Modigliani, Brancusi, Giacometti, Derain, Moore, Laurens e Lipchitz, oltre a certe statuette attribuite a Gauguin. Un peccato che i pezzi presentati siano relativamente pochi e spesso non proprio pregiati: nel caso di Modigliani, per esempio, la serie delle Cariatidi sarebbe potuta essere presentata meglio, piuttosto che esporre un olio su cartone, due disegni e un gouache.
E dunque le polemiche a Torino hanno infuriato, soprattutto –e ne abbiamo dato notizia- sulle pagine del settimanale Torinosette.
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