L’antologica, allestita negli spazi di Palazzo Lanfranchi, costituisce un entusiasmante passaggio attraverso la crescita e le sperimentazioni di un artista rivoluzionario, sensibile nel cogliere le vibrazioni culturali ed artistiche più feconde, intelligente nel farle proprie e lucidissimo nel sondare la complessità del proprio universo interiore.
Per oltre mezzo secolo, tra ribellione avanguardistica e tenace rispetto della propria unica sensibilità, Bertini ha fiancheggiato svariati movimenti, dal M.A.C. alla Mec Art , e ne ha condiviso le istanze, ma non ha mai perso di vista se stesso né ha mai smesso di confidare nelle sue straordinarie, particolari doti espressive.
Il deflagrante potere pittorico del maestro si manifesta presto a Pisa, la città che lo vede nascere nel 1922 ed in cui Bertini si scopre inequivocabilmente artista, in stridente contrasto con una formazione intellettuale schiettamente logico-matematica. Qui il maestro – nei secondi anni quaranta – elabora il primo dei suoi cicli pittorici, i Gridi , in cui gli sfondi monocromi, levigati e compatti, ospitano al centro della tela perimetri geometrici di cerchi e triangoli che a loro volta accolgono numeri, parole e simboli, intenzionalmente isolati e poi associati in nuove, sottili armonie.
Se questa prima serie di opere anticipa le voci rivoluzionarie della rivolta New Dada , all’alba degli anni cinquanta l’artista imbocca già una strada alternativa, la sua sensibilità subisce una decisa virata verso l’astrazione. In effetti, a seguito di una breve ed intensa militanza nel M.A.C di Dorfles e Monnet, cui contribuisce con decisivi raggiungimenti teorici e creativi, Bertini approda all’ Informale .
Nell’ottobre del 1951, con l’esordio al pubblico presso la Galleria Numero di Firenze, il cammino del maestro si indirizza chiaramente verso un’astrazione organica in cui il pigmento, materico e filamentoso, cola e striscia sulla tela, mentre al brillante cromatismo si sostituisce una spiccata tensione all’uniformità dei toni, in cui i bianchi ed i beige degli sfondi accolgono il nero cupo e smaltato delle immediate esplosioni gestuali. Più tardi, alle violente strisciate espressionistiche l’artista ha sovrapposto lettere e numeri, simboli che precisano e rallentano il gesto ed aggiungono al contesto pittorico una preziosa quota di lenta riflessività.
Negli anni sessanta Bertini supera la fase informale ed elabora un nuovo progetto creativo, accostandosi alle esperienze dei Nouveaux Realistes . L’artista si spinge oltre l’astrazione e richiama la realtà sulla tela, sperimentando soluzioni narrative lette attraverso il medium fotografico, massimamente esaustivo nella risoluzione delle immagini.
Negli ultimi anni Bertini ha portato avanti con impressionante coerenza la ricerca felicemente inaugurata negli anni sessanta, in bilico tra astrazione e figurazione, senza che il suo linguaggio abbia perso in spessore ed intensità. Così volti e corpi di giovani donne, spontaneamente accattivanti o torbidamente seduttive, popolano universi astratti in cui il vero convive con l’artificio e la chiarezza della narrazione si confonde con l’oscurità dell’indefinito.
Valentina Sostegni
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Gianni Bertini è un artista all'avanguardia che trasmette le sue emozioni in modo diretto con colori forti,con tratti netti.
Interessante e attuale.
Federica.
Gianni Bertini è un bravo artista, degno di lode.
è tanto brava anche l'autrice dell'articolo!!!
palazzo lanfranchi si distingue nuovamente con piccole mostre intelligenti su artisti veri.
dopo pericoli, ecco bertini.
bravi