Si dice spesso che l’arte contemporanea sia difficile e distante dai luoghi e dai pensieri delle persone. Niente di più falso, come dimostra quest’edizione di
Quotidiana, il contenitore per l’arte contemporanea che il Comune di Padova ha costruito assieme al Gai. La formula scelta si è sviluppata infatti in luoghi del centro della città, oltre che in un intervento di public art in uno dei ponti pedonali più frequentati. Inoltre non sono mancati gli ormai classici dialoghi con gli artisti, mentre in autunno si terrà un convegno in cui verranno tirate le fila di tutto il progetto, mentre tra qualche giorno si saprà l’artista selezionato per la Biennale Europea dei Giovani Artisti.
La mostra principale è ospitata in uno dei palazzi in cui vi sono le aule studio per gli studenti universitari, e le opere – molto opportunamente – sono state collocate nelle stanze e nel giardinetto frequentate dal pubblico, in contesti cioè socialmente
vivi, anche se spesso con un’illuminazione non consona.
È sulla vita, intesa però in senso biologico, il lavoro del collettivo
Aspra.mente, che ha piantato nel verde una serie di piante e fiori commestibili che il pubblico è stimolato a raccogliere o direttamente a coltivare. Di sicuro il (finto) pettirosso sull’altalena di
Claudio Prestinari, colto e congelato in un momento del dondolio, non li beccherà.
Nell’androne è molto interessante la pittura a collage di
Rocca Maffia, mentre nelle scale sono ficcanti gli
Urban Carpets di
Marcella Campa e
Stefano Amesani, che propongono una reinterpretazione delle piante di Pechino in chiave tattile. Lavorano sulle mappe geografiche
Fabrizio Sartori ed
Elisabetta Alazraki, ma se il primo combina immagini di cellule con la carta del Mediterraneo, la seconda unisce idealmente i luoghi in cui ha realizzato delle performance con le fotografie che le documentano.
D’altro genere l’intervento di
Alessandro Cardinale, che allestisce contro le finestre delle lastre smaltate graffiate, in maniera tale che siano attraversate dalla luce, realizzando così delle superfici a mo’ di diapositiva, che – come egli stesso spiega – permettono il passaggio concettuale da disegno, scultura e fotografia.
Ma è di
Antonio Guiotto il lavoro più acuto, che mette insieme gesto dada e un fortissima capacità narrativa, stimolata da didascalie che paiono confessioni, e forse anche ironici e debordanti
stream of consciousness: così una foto di
Julian Schanbel diventa il pretesto per mettere in mostra il proprio processo creativo e le proprie masturbazioni intellettuali. E con un’innata capacità, riesce a prendere per mano l’osservatore e a condurlo leggermente più in là del posto occupato.
Un po’ come il ponte sul Bacchiglione (uno dei canali della città), che per la sezione
Quotidiana apertaAndreas Golinski ha voluto avvolgere di rete metallica, in maniera tale che le persone possano incuriosirsi e farsi domande sui perché e sui come.
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Oh..un guizzo con questa didascalia degenerata...mi piace.