«Quando visitiamo le capitali europee come Roma, Parigi e Londra, ma anche Washington, vediamo come abbiano usato gli obelischi egiziani per decorare le loro piazze più turistiche. E allora perché non possiamo fare lo stesso anche noi?». No, non è una frase buttata lì un po’ per scherzo dopo qualche spritz di troppo, ma la dichiarazione ufficiale di Khaled El-Enany, capo del potentissimo Ministero delle Antichità dell’Egitto, rilasciata a un quotidiano egiziano per commentare la decisione di spostare le quattro sfingi con la testa di ariete del Tempio di Karnak di Luxor, per “abbellire” la famosa Maidan al-Tahrir, la piazza principale del Cairo.
Frequentatissima e trafficatissima, piazza Tahrir è certamente un luogo simbolico per tutto l’Egitto. Prese il suo nome attuale dopo la Rivoluzione egiziana del 1919 ma fu solo nel 1952 che venne rinominata ufficialmente. Ai suoi lati si trovano la moschea di Omar Makram, il Museo egizio, la sede del Partito Nazionale Democratico, l’enorme palazzo governativo della Mogamma e la sede della Lega Araba, mentre non distante scorre il fiume Nilo.
Insomma, uno spazio iconico ma poco adatto per ospitare dei reperti così delicati e, infatti, le proteste degli archeologi non hanno tardato a farsi sentire e anche l’Arab Regional Centre for World Heritage, che opera sotto l’egida dell’Unesco, si è opposta all’improvvido spostamento, che sa più di mutilazione. «Ci opponiamo fermamente perché siamo preoccupati per la sicurezza delle opere, a causa dell’inquinamento di piazza Tahrir, ma anche per l’integrità del sito del tempio di Karnak», ha dichiarato Monica Hanna, archeologa della Arab Academy for Science, Technology, and Maritime Transport. Il complesso dei templi di Karnak è uno dei luoghi più preziosi al mondo.
Qui, dalla XII alla XXX Dinastia, in un arco temporale che ricopre oltre 1600 anni, ogni Re o Faraone ha lasciato la propria traccia, al punto che oggi per gli studiosi è difficile riuscire a distinguerne le stratificazioni. E a quanto pare, anche i contemporanei vogliono lasciare un proprio segno, in questo caso cancellando. E dire che solo qualche mese fa lo stesso ministero aveva dichiarato il pugno di ferro contro i turisti che scalano le Piramidi (in quel caso, turisti nudi).
Lo spostamento delle quattro sfingi è stato già effettuato e le statue, attualmente, sono impacchettate, in attesa della cerimonia di presentazione ufficiale. L’unica flebile speranza potrebbe scaturire da una sentenza del tribunale, visto che a dicembre 2019 Hanna e altri esperti hanno intentato una causa contro Khaled El-Enany e Mostafa Madbouly, Primo ministro dell’Egitto.
Ma a prescindere dalle esternazioni di Khaled El-Enany, che fanno quasi tenerezza per la faciloneria, forse dietro alla manovra potrebbero nascondersi altre intenzioni di carattere più spiccatamente politico. Nei primi mesi del 2011, infatti, Piazza Tahrir è stata l’epicentro delle dimostrazioni contro il presidente Hosni Mubarak. Nel corso delle sommosse, lì si riunirono circa un milione di persone e oggi la piazza è ricordata come una bandiera di quegli eventi. La rilocazione delle sfingi rientrerebbe allora in un più ampio progetto di rinnovamento dell’immaginario dell’area, per trasformarla da spazio iconico di sommovimenti popolari in una destinazione turistica.
«Vogliamo trasformare piazza Tahrir in una delle principali destinazioni turistiche del Cairo e in un mese saranno completati tutti i lavori di decorazione di questo luogo internazionale», ha affermato El-Enany. Un destino triste per la piazza, per le sfingi e per le persone che hanno lottato durante la Primavera Araba.
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