Categorie: Architettura

Attualità | Ara Pacis: tra le polemiche il progetto di Richard Meier

di - 10 Agosto 2001

I lavori per la realizzazione del progetto di Richard Meier per l’Ara Pacis sono già iniziati e il padiglione di Morpurgo, costruito nel 1938, è stato demolito. Ma l’esito della vicenda è incerto e non mancano spunti su cui riflettere. La demolizione del vecchio padiglione ha, infatti, messo in luce nuovamente la ferita urbana creata dallo sventramento fascista della Piazza Augusto Imperatore, che ha compromesso una zona già lacerata dalla distruzione dell’antico Porto di Ripetta.
Il progetto ha scatenato la reazione contraria del sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi. Sgarbi ha contattato il sindaco Veltroni e ha organizzato al Ministero una riunione con tecnici e soprintendenti, tra cui Adriano La Regina ed Eugenio La Rocca per discutere dell’argomento Ara Pacis. La mancata gara d’appalto per l’affidamento dell’incarico e i problemi che aprirebbero gli scavi necessari alla realizzazione del progetto di Meier, sono alcune delle perplessità espresse da Sgarbi, il quale prospetta in alternativa “un involucro leggero che suggerisca la memoria del padiglione di Morpurgo”. Afferma inoltre “ho parlato con Massimiliano Fuksas, con l’ingegner Tamburrino che ha un progetto alternativo e con l’archeologo Alessandro Bianchi per formare una commissione” (come riporta Francesca Giuliani su “La Repubblica”, cfr. anche “Il Tempo”, 19 Giugno 2001).
Intanto proseguono i sondaggi archeologici e, intorno al perimetro dell’Ara Pacis, bisognerà inserire dei micropali di rinforzo alla struttura prevista dal progetto di Meier. Eugenio La Rocca spiega che il terreno in quel punto è di riporto ed è quindi un’operazione necessaria per la sicurezza del monumento. La stratigrafia è comunque simile a quella dei Fori Imperiali, spiega, costituita dalle cantine delle case rinascimentali e medievali mentre “le preesistenze antiche, nei punti dove scaviamo, possono riguardare soltanto le strutture relative al Tevere, tracce di moli, cose di questo tipo non eclatanti”. Afferma comunque che il monumento deve essere protetto da vibrazioni, rumori, luce “niente che possa essere garantito da un ‘involucro leggero'”.
Finiamo raccontando l’opinione di architetti appartenenti, tra l’altro, al mondo universitario.
Per Antonino Saggio l’apertura di un cantiere nel centro di Roma rappresenta un evento per la città, ormai caratterizzata da interventi temporanei e da una tendenza alla musealizzazione. La scelta di Meier è stata ottima, sennonché il progetto che ne è risultato, anche a causa di compromessi, è di media qualità e, nonostante una certa eleganza, è deludente. L’errore è stato dell’amministrazione Rutelli, nell’aver circoscritto l’incarico alla riprogettazione di una “teca” per l’Ara Pacis. Infatti il vero problema rimane quello della sistemazione dell’intera area, compromessa da una serie di errori sommatisi nel tempo, e che ora avrebbe bisogno di una politica diversa, che ridesse un senso all’ambito urbano che va da Trinità dei Monti all’ex Porto di Ripetta. All’interno di questo “nuovo senso”, continua Saggio, si può decidere più in dettaglio la strategia per la sistemazione del Mausoleo, della piazza Augusto Imperatore e dell’Ara Pacis (cfr. A. Saggio, “No Limits al Progetto”, cfr. Arch’it)
Infine l’opinione di Valter Bordini è che il progetto di Meier rischia di compromettere definitivamente la sistemazione dell’area di piazza Augusto Imperatore con una soluzione sbagliata. Secondo Bordini, prima ancora di dissertare sulla sua validità estetica, bisognerebbe rilevare che il progetto è sbagliato perché è un fuoriscala, essendo due volte e mezzo più grande del padiglione di Morpurgo. Inoltre il vuoto creatosi dopo la demolizione, ha reso più evidente la necessità di una riconnessione, riapertura della piazza verso il Tevere, mentre il progetto di Meier chiude definitivamente in una scatola, “con una retorica quarta parete”, l’antico Mausoleo. Il vuoto materiale e il cambiamento di giunta suggeriscono secondo Bordini, una pausa di riflessione e di ripensamento. Si potrebbe anche ipotizzare di spostare altrove l’Ara Pacis, in un museo, oppure come aveva suggerito Piacentini, dentro al Mausoleo stesso, e di “sfondare verso il fiume, ritrovando il piano archeologico e parte dell’antico Porto di Ripetta” (cfr. “Il Tempo”, 19 Giugno 2001).
Alcuni spunti sulla riconnessione della piazza al fiume sono venuti dal concorso di idee per architetti e artisti, promosso dall’Archivio di arte Contemporanea Crispoldi e dall’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia.


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Richard Meier

Angelica Fortuzzi

[exibart]

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  • Architettura? Prima regola: imparare il rispetto per gli altri.

    Caro il signor “che bravo di Torino”
    Questa storia inizia davvero a disgustarmi, non so per quale assurdo motivo lei abbia preso in maniera così personale questa faccenda, in ogni modo risulta quanto mai puerile il suo atteggiamento.
    Pur ritenendo assurda questa corrispondenza epistolare su di un pubblico sito web, non posso esimermi dal risponderle perché chi non è a conoscenza possa avere le idee chiare sul perché di questa mia comunicazione.
    Le rammento che tutto è nato da una mia lettera di denuncia relativa al problema dell’Ara Pacis a Roma; questa lettera era stata inviata ad Exibart perché nessuno, fino a quel momento, ci aveva concesso alcuno spazio per cercare di difendere il centro storico di Roma da un progetto inutile, insensato e decontestualizzato. Diversamente Exibart, dietro mia richiesta, diede la possibilità di avere un referendum on-line, i cui risultati la dicono lunga sull’opinione pubblica.
    Il Comune di Roma, a più riprese, ci ha fatto sapere di non avere nessuna intenzione di concederci l’autorizzazione ad esporre una serie di progetti redatti, in epoche non sospette, da grandi architetti quali Colin Rowe, Leon Krier, Maurice Culot, Liam O’Connor, Michael Lykoudis ed altri, nonché dei contro-progetti elaborati dagli studenti della University of Notre Dame in risposta all’arrogante progetto affidato a Meier senza alcun concorso e senza alcun coinvolgimento dei cittadini.
    Questo atteggiamento dittatoriale dell’amministrazione comunale ha suscitato una sorta di rivoluzione popolare in città. Italia Nostra si è schierata al fianco di un comitato di quartiere del quale fanno parte persone di ogni estrazione sociale e culturale (inclusi molti architetti ed ingegneri), tutti indignati dall’orrore del progetto (“clone” di un altro edificio costruito da Meier a Barcellona) e dalla procedura scandalosa che lo ha generato.
    La Sovrintendenza, opportunamente plagiata da chi ha interesse in questa sporca faccenda, non si è nemmeno presa la briga di rispondere ai nostri appelli, nel frattempo la Corte dei Conti ha scoperto una falla economica di svariati miliardi di vecchie lire generati dalla allegra gestione del progetto: mentre un comune mortale deve seguire una lunga pratica burocratica, al signor Meier è stato concesso di eseguire un progetto senza avere il titolo per esercitare in Italia (senza sostenere gli eventuali esami necessari ad equiparare il suo titolo di studi nel nostro Paese, due anni dopo aver presentato il progetto, e quando già il cantiere si stava avviando, l’Universita di Napoli gli è ha “concesso” l’abilitazione ad esercitare in Italia ... il giorno dell’esame, il presidente della commissione esaminatrice l’ha pure introdotto agli altri esaminandi come una povera vittima della stupida burocrazia italiana). Questo comunque non è nulla se viene rapportato a ciò che è stato fatto in corso d’opera: nessuna indagine preliminare era stata fatta per le strutture di fondazione; dunque, in corso d’opera, si è stati costretti a modificare la fondazione con dei “meravigliosi” pali e zatterone sovrastanti le strutture del Porto di Ripetta e dei reperti archeologici ivi presenti facendo levitare i prezzi in maniera esponenziale: in una conferenza presso l’Accademia Americana il collaboratore neozelandese di Meier ebbe a dire “nessuno ci ha mai detto che esistesse un Porto in quella zona” (sic). La ciliegina sulla torta l’ha messa il soprintendente La Rocca il quale, sul Giornale dell’Architettura, ha bellamente affermato che sarebbe stato assurdo chiedere a Meier di modificare il progetto per accontentare i contestatori, né che fosse necessario imporre all’architetto di seguire tutta la prassi burocratica comune ... Genio Civile incluso, poiché il nome Meier è (per il Sovrintendente) garanzia di qualità. Questo equivale a dire che in Italia la Legge è uguale per tutti ... ma per alcuni è più uguale!
    Tutto questo è avvenuto con i nostri soldi ... inclusi i suoi che se la prende tanto!
    In fondo, come si dice, paga sempre Pantalone!
    Spero che questa spiegazione le basti a comprendere il risentimento mio personale e quello dell’intera cittadinanza romana nei confronti del progetto modernista di Meier.
    Spero anche che la “storiella” del Porto di Ripetta la aiuti a riflettere sull’importanza dello studio della Storia prima di bestemmiare dicendo che “studiare il Colosseo non è di nessuna utilità”!
    Veniamo dunque a noi. Si altera perché la considero anonimo? Bene, penso proprio che nascondersi dietro in nickname sia davvero puerile, a meno che non ci sia dell’altro sotto.
    Visto che è tanto fiero delle sue idee, perché non ha il coraggio di firmarsi con il suo nome e cognome e magari domicilio? Ha paura che qualcuno la scopra? A paura che qualcuno possa deriderla sapendo il suo punto di vista? Personalmente, tra l’altro, non credo minimamente che lei sia di Torino, così come non credo che lei si sia accorto accidentalmente della mia replica alla sua precedente lettera visto che era stata seguita da altri interventi.
    Ha preso in modo personale una faccenda che, almeno apparentemente, non la riguarda, così ha deciso di offendermi e, conseguentemente, ha anche offeso questo encomiabile sito web con parole volgari e paragoni sconclusionati che denotano una profonda ignoranza sia della materia che del modo di rapportarsi con le persone. Infine ha avuto il coraggio di rivoltare la frittata e accusandomi di averla offesa.
    Fortunatamente tutti i testi sono lì, on-line, e, come si dice, scripta manent!
    Paradossalmente chiede a me di “lasciarla in pace”: cos’è, soffre di manie di persecuzione oppure ha qualcosa di personale in questa vergognosa storia? A me non interessa nulla di lei, e non mi tange minimamente l’idea di doverla attaccare personalmente come lei ha fatto con me. Mi sono limitato a risponderle a tono alla sua squallida e vergognosa lettera personale.
    Non comprendo come mai non si sia adirato allo stesso modo con un altro lettore indignato dalla sua lettera (tale Paolo Vecchio): come mai non ha replicato a quel signore? Credo di saperlo!
    Si è anche risentito del fatto che la ho definita “volgare”.
    Voglio sorvolare sull’uso improprio del “tu” nei confronti di una persona che, apparentemente, non si conosce, tuttavia non posso esimermi dal chiederle come possa definirsi un individuo che, su di un sito d’arte di dominio pubblico, si esprime con frasi come: “far cagare i cavalli”, “fancazzismo”, “hai sparato merda su tutto e tutti”, “e che cazzo”, ecc.
    Devo in ogni modo rallegrarmi del fatto che si sia ricreduto sul mio conto: nel messaggio precedente mi accusava di voler cristallizzare il mondo in un presunto 1600, oggi leggo che merito “di vivere per sempre ibernato negli anni 30” ... un bel passo avanti, no?
    Spero che prima o poi possa leggersi attentamente le mie parole e possa rendersi conto che non ho alcun interesse a fermare il tempo, penso però che sia assolutamente importante ricominciare a pensare all’Architettura, e soprattutto all’Urbanistica, ripartendo dal momento in cui, in nome della speculazione mascherata dall’idea distorta di modernità (Modernismo), si sono dimenticate le esigenze della gente comune e si è focalizzata l’attenzione sull’ego dell’architetto e sul portafogli del costruttore ... un’attenta lettura della storia dell’ICP la aiuterebbe molto in questa ricerca.
    Invece di intimidirsi davanti a stupidi concetti di “Stile” e di “Falso Storico”, personalmente penso che tutti gli architetti, prima di intraprendere dei progetti farebbero bene a studiare la Sociologia Urbana. Le mostruosità urbanistiche ed architettoniche concepite negli ultimi 70 anni infatti, oltre che far felici i costruttori ed alcuni architetti ed ingegneri compiacenti, hanno rimpinguato le tasce di molti psicoanalisti. Non c’è da rallegrarsi di questo!
    Il problema di fondo del Modernismo, se le risulta proprio difficile comprenderlo, è stato quello di “fregarsene” delle esigenze della gente, i teorici del Modernismo si sono arrogati il diritto di decidere quali fossero le esigenze umane, hanno preteso di poter decidere per tutti ciò che era giusto, il risultato di tutto ciò è stato il rifiuto delle loro “architetture” da parte della gente comune la quale è stata costretta a vivere in luoghi che non le appartengono. L’altra faccia della medaglia ci mostra però che, la quasi totalità degli autori di queste nefandezze, ha la sua casa o il suo ufficio negli edifici più belli del centro storico delle città, perfino la Fondazione Terragni di Como ha sede in un edifico antico ... non le sembra un atteggiamento contraddittorio? Non le sembra che questa gente sia Modernista per comodità? Io penso che gli architetti debbano usare anche l’orecchio ed ascoltare ciò che la gente vuole.
    Nella Repubblica Romana 3.1 di Varrone, a proposito del rapporto tra città e campagna, si legge: «La Divina Natura ci diede la campagna, l’abilità umana costruì le città». Nelle parole dello scrittore latino si leggeva un grande senso di orgoglio e di apprezzamento per ciò che gli architetti e i costruttori erano stati in grado di realizzare a quell’epoca ... cosa potremmo dire noi dell’operato degli architetti e dei costruttori che nell’arco di poco più di mezzo secolo hanno edificato dieci volte di più di quanto non si era fatto in tremila anni? È molto triste dover ammettere la sconfitta degli ultimi decenni, ma solo accettando l’idea del fallimento sarà possibile risollevare le sorti della regina delle arti: finché si avrà la presunzione dell’infallibilità nulla potrà cambiare!
    Il disprezzo dei modernisti nei confronti di chi cerca di lavorare in continuità con l’architettura e l’urbanistica del del passato è immediatamente comprensibile se si analizza il comportamento dei leaders politici o dei “santoni” delle sette misteriche: è un’abitudine dei “corpi” ripudiare le proprie origini e sostenere di derivare i propri titoli da se stessi.
    Questo è stato il grande errore, ed il grande inganno, di chi ha deciso che bisognava azzerare la storia!
    Nel suo testo, con la “eleganza” che la contraddistingue, mi accusa di “fottermene della funzionalità”. Ebbene io sono profondamente convinto che essa sia importante, tuttavia occorre fare un distinguo tra ciò che risulta funzionale e ciò che invece è semplicemente funzionalista intendendo con questa accezione la visione distorta della funzionalità. Le forme architettoniche sono sempre state relazionate alle richieste del tempo, l’esigenza di costruirsi un riparo per isolarsi dal caldo e proteggersi dal freddo è la stessa che l’essere umano ha sempre avuto. Tuttavia oggi, a causa delle “moderne” pareti leggere, sentiamo ancor di più l’esigenza di costruire in maniera saggia come la tradizione ci ha insegnato: l’aver creduto infatti di poter manipolare oltremodo la natura, l’aver creduto che gli impianti di raffreddamento e di riscaldamento potessero essere utilizzati scriteriatamente per supplire alla mancanza di funzionalità delle cosiddette Architetture Funzionaliste, ci ha portato a dover riflettere sulla necessità di ridurre le emissioni gassose che stanno compromettendo il nostro pianeta, (ovviamente quei Paesi che sono i maggiori responsabili di questi problemi, con il loro abuso di aria condizionata; quei Paesi che vogliono “colonizzare artisticamente” il Vecchio Continente con le loro orribili Architetture che tanto affascinano i modernisti, si sono rifiutati di sottoscrivere il trattato di Kyoto che imporrebbe loro di rivedere il modo di produrre e costruire).
    Perché si possa obiettivamente raggiungere un’Architettura che sia nostra, sarà necessario studiare a fondo, e non solo in maniera retorica come spesso si fa, l’Architettura del passato, è necessario raccogliere tutta la documentazione possibile, per conoscere quanto è stato fatto dai nostri predecessori, e approfittare dell’esperienza acquisita. Non ha alcun senso passare del tempo a ricercare la soluzione a dei problemi già risolti, bisognerà limitarsi a partire dal livello raggiunto!
    Nel suo testo in cui spara a 360° su tutto ciò che crede sia alla base del mio pensiero arriva ad credere che io possa essere un Post-Modernista. Bene, io fondamentalmente ripudio ogni “ismo” e, come tale, anche l’opera Post-Moderna, soprattutto perché essa, con l’uso gratuito di segni del passato, ha generato le ragioni delle accuse nei confronti di chi, come me, cerca di lavorare in continuità col passato fondando la sua opera sulla ricerca e non sul “gesto”. Chi a priori pensa di essere il demiurgo che ha la medicina per salvare il mondo, e questo e ciò che i fondatori e gli aderenti agli “ismi” hanno fatto, non fa altro che far derivare i propri titoli da se stesso, e questo è ciò che non si deve fare, noi abbiamo il dovere morale di rispettare le persone e non di violentarle!
    L’effetto Disneyland che lei descrive non è certo ciò che mi auguro per il futuro, anzi esso lo considero solo l’effetto deleterio di una società che ha fallito e che bada all’apparenza e non alla sostanza.
    Certo di averle chiarito ciò che penso, la invito dunque a moderare i suoi termini. Non la biasimo più di tanto poiché resto convinto che anche lei sia una vittima di insegnamenti sbagliati che ha accettato passivamente.
    Impari a rispettare le persone, è un primo passo per imparare a produrre architetture rispettose della gente che dovrà abitarle o passargli di fronte.
    concludo menzionandole una frase del compianto architetto tradizionale egiziano Hassan Fathy: «io dico che la bella Architettura è un atto di civiltà verso chi entra nell’edificio; si inchina a voi ad ogni angolo, come in un minuetto ... ogni costruzione brutta o insensata è un insulto a chi le passa di fronte. Ogni edificio dovrebbe rappresentare un ornamento e un contributo alla propria cultura. Avendo deciso di abbandonare il passato, in quanto irrilevante, sono andati perduti o distrutti elementi di valore incalcolabile. La conoscenza rivelata del saggio è ora sostituita dalla scienza analitica moderna, e la macchina ha rimpiazzato l’abilità della mano artigiana».

    Ettore Maria Mazzola

  • Cari Colleghi,ho riletto tutta la discussione fino ad ora prodotta e credo che in ambedue gli interventi prevalga il bello dell'architettura come concetto generale. Il fatto è che di architettura non c'è ne. E' assurdo mettere l'architettura moderna del Maier sull'ara Pacis come è altrettanto assurdo fare la pensilina di Isozaki a Firenze. Nelle città (metropolitane) sta avvenendo un processo di saturazione che sta portando le città a livelli entropici mai vissute prima. La mancanza di idee sulla città produce solo omologazioni di manufatti che se pur hanno bisogno della tecnologia moderna non riesco a produrre la vita. Essa oggi si svolge nei supermercati e negli iper-magazzini.Tutto il resto è solo autostrada. Cordiali Saluti

  • gentilissimo Augusto,
    ho apprezzato molto il tuo intervento, soprattutto il riferimento all'obbrobrio di Isozaki.
    La nostra classe politica, di qualunque colore essa sia, pensa troppo a farsi propaganda, si crede che mettendo un nuovo oggetto architettonico si possa migliorare la vita delle città ... purtroppo questa idiozia non viene dall'interno della classe politica ma dall'interno delle università.
    Credo sia necessario iniziare a rivedere il modo di insegnare architettura, partendo dalla impossibilità di scindere l'architettura dall'urbanistica. Finche si continuerà ad insegnare ai futuri architetti che scopiazzare le riviste di architettura è il giusto modo di produrre modernità continueremo la marcia verso un punto di non ritorno, finché ci si fossilizzerà in modo fondamentalista sulle teorie del modernismo non ci sarà spazio per la qualità della vita. Leon Krier, al discorso per la premiazione del Dreiehaus Prize ha acutamente osservato :"il Modernismo è l'unico movimento che si rifiuta di imparare dagli errori commessi!"
    Invito tutti ad unirci per combattere per questi ideali, non in nome di un gratuito post-modernismo ma in nome della nostra grande tradizione. La recente istituzione della commissione per l'architettura moderna, che dovrà decidere sui bandi di concorso per i nuovi interventi di architettura in Italia sta mettendo in serio pericolo le nostre città, mentre nel resto del mondo si inizia a fare autocritica con la nascita di movimenti quali il "New Urbanism", noi, che deteniamo la maggior parte del patrimonio architettonico ed artistico mondiale, ci avviciniamo ad un appiattimento internazional-modernista. Chi ci guadagna da tutto ciò: LA LOBBY DELL'EDILIZIA!
    Ettore Maria Mazzola

  • caro Ettore Maria Mazzola, il mio nome, visto che continui a pretenderlo come se fosse il nocciolo della questione, è Alberto Caprioglio, e sono proprio di torino, e la mia email ce l'hai già. adesso dimmi che differenza ci sarebbe se mi chiamassi Paperino e vivessi a parigi. nessuna. non fossilizzarti su questo.
    piuttosto, quando leggevi quello che ti avevo scritto, eri davvero interessato a cercare di capire il mio (che non è solo mio, ma lasciamo stare, non mi interessa far parte di alcunchè) punto di vista o no? io non ho fatto altro che dire - e lo ridico - che non ha senso prendersela con tutta l'architettura moderna (anzi, più precisamente con ciò che storicamente è considerato movimento moderno in architettura, insomma le famose avanguardie) in quanto tale. pur essendo consapevole, rispondendoti, di dire cose banali, le ho dette, perchè tu contestavi perfino quello. punto. dimmi cosa dovrebbe esserci di folle in questo. anzi, non dirlo, nessun hardisk sarebbe abbastanza capiente. pensa che ho dovuto comprare una nuova scheda grafica e collegare 10 monitor uno sopra l'altro per riuscire a leggere la tua lettera fino alla fine senza diventare epilettico o invecchiare. già mi sono scusato per essermi dilungato troppo nella mia lettera, in risposta alla tua, a sua volta infinita: la prossima volta puoi essere più sintetico?

    comunque, finalmente hai detto quello che avrei voluto sentire da subito (e mi riferisco ormai all'anno scorso!!!!!). finalmente; dopo le divagazioni sui principi, da cui non avevo capito altro se non che, a sentire te, il progetto di meier sarebbe stato negativo semplicemente in quanto moderno. se mi sbagliavo, beh, tu, continuando a denigrare in massa futuristi, lecorbusier, loos ecc, me ne offrivi l'occasione perfetta. ma dimentichiamoci gli equivoci. adesso, dopo tutto questo tempo, racconti dei dettagli importanti, come il marciume burocratico che affiora, i truschini, la superficialità nella stesura del progetto, le irregolarità che hai denunciato ecc. ma se queste cose le dicevi prima, io ti davo ragione da subito su quasi tutto. ti sei deciso a parlare in modo preciso del progetto in questione purtroppo dopo esserti reso da solo passibile di pregiudizio, sparando a zero sulle avanguardie storiche senza appello. permetterai che qualcuno ti faccia un appunto, no? volevo solo chiarire il motivo del mio disaccordo. tutto qua.
    non ho preso in modo personale la discussione, anzi mi sembra che tu la abbia presa in modo personale, canzonandomi e attribuendomi parole che non ho detto. io ho citato in modo preciso quelle tue frasi che non condividevo e ho spiegato ogni volta il motivo. se ci siamo capiti, non stare a replicare un'altra volta, non ce n'è più bisogno.
    mi sono sbagliato su alcune cose: alla luce delle ultime cose che leggo, non credo più che tu sia totalmente antimoderno, ma piuttosto molto preoccupato da alcuni, forse tipici errori e involuzioni di ciò che dovrebbe, potrebbe essere felicemente moderno. ok. lo sono anch'io. e anche di questo progetto di meier. fai benissimo. ho infatti espresso delusione per la scelta dell'architetto in questo... chiamiamolo concorso, e dubbi riguardo al progetto stesso già solo vedendolo da lontano.

    in particolare mi fa rabbia questo atteggiamento, da te denunciato, di ossequio nei confronti dell'architetto meier, come per far sembrare, ad occhi stranieri, che in italia le cose filino liscio come l'olio, e che la burocrazia sia efficiente e sana, salvo però rendere la vita impossibile a qualunque altro architetto italiano al suo posto.
    solo su un fatto non sono del tutto d'accordo: sinceramente, obbligare gli architetti stranieri, che magari lavorano da molti decenni, a iscriversi all'università o comunque sedersi ai banchi per semestri o anni o dare degli esami solo per il fatto che la nostra università è diversa da tutte le altre del mondo, ogni volta che un'architetto straniero (caso rarissimo, comunque, e chissà perchè....) vince un concorso in italia o più semplicemente deve costruire qualcosa nel nostro paese, è.... giudicatelo voi. poi lo credo che l'italia è esclusa da tutto, dall'innovazione architettonica, dalle riviste di architettura, dai critici, da tutti gli altri.

    semplicemente penso che oggi, con l'egocentrismo di molti architetti, che si manifesta con l'attaccamento morboso e stupido ad alcune forme riconoscibili da tutti in una frazione secondo e la ripetizione continuata delle stesse (pensare a mario botta che vede sempre solo cerchi è talmente automatico che la frase si giustifica da sola), non trovano giustificazione (a parte un eventuale demente attaccamento che saprebbe perfino di superstizione), che in un modo incriticabile eppure perfetto di:
    1
    aggirare la presunta e auspicata anonimità del progetto in fase di concorso, come se non ci fossero altri modi per farlo e ammesso che seriamente sia richiesta questa segretezza. non so molto di burocrazia e concorsi pubblici.
    2
    essere facilmente fatta ingoiare (l'architettura) dai cittadini. basta citare il nome famoso per far battere le mani. "vi abbiamo portato il famoso architetto...!" (e ciò denota nessun rispetto per l'intellgenza dei cittadini, a torto o a ragione, e non è una cosa bella).
    3
    fare da richiamo per turisti superficiali che sospirano "oooohhhhh" e rimangono a bocca spalancata. essere facilmente pubblicizzabile sempre citando il nome dell'architetto.

    concludo in negativo...
    ...dicendo che la scelta di meier, proprio in quanto architetto che fa sempre le cose "alla meier", e conoscendole (non perchè siano negative, ma perchè sappiamo che in questo caso non vanno bene) è pessima per il concorso in questione. e il suo progetto lo trovo discutibile, e anche ingiustificato.
    ...dicendo che se quello che dici è vero (e non ho dubbio di crederlo), i burocrati italiani hanno fatto davvero una porcata come al solito
    ... e naturalmente con te:
    non mi dispiace di essere chiamato volgare da te per il fatto di aver detto la parola "culo" o "cazzo", perchè mi piace chiamare le cose col loro nome, anche se adesso non ricordo la frase esatta.
    inoltre, i funzionalisti, al contrario di quello che hai dichiarato, non si sognavano nemmeno di distorcere il concetto di funzione. che motivo avevano di farlo? loro hanno dato delle risposte, che parevano sensate. e di solito erano sensate, otlre che ambiziose e coraggiose. anzi hanno avuto proprio il merito (e non il demerito) di non essersi fatti sedurre da uno stanco e inadeguatissimo tradizionalismo ideologico e impaurito di massa che, dal basso poteva trascinare a fondo l'architettura facendo fallire la sua missione di dare una casa minima ma vivibile a milioni di emigranti, da campagna a città, da stato a stato, da regione a regione, di costruire, ricostruire dopo le devastazioni ecc.
    i teorici del movimento moderno, non si sono arrogati il diritto di decidere quali fossero i bisogni dell'umanità, e tanto meno se ne sono fregati, ma li hanno studiati, hanno proposto delle soluzioni io credo in buona fede, e i politici li hanno accettati. gli unici che hanno dichiarato guerra alle avanguardie erano i regimi di hitler, che voleva tutto cristallizzato nella perfezione classica, e di stalin, che ha elevato delle spaventose caserme di granito ad altezze chilometriche che schiacciavano tutto. affossare architetture semplicemente recenti e non confacenti esattamente agli obiettivi del movimento moderno (anche perchè ben più recenti) solo per arrivare condannare tutto il movimento moderno, è sleale. lo so benissimo che sono state fatte tante porcate, ma DI SOLITOi maestri hanno fatto buone architetture e ragionevoli impianti urbanistici, specialmente coi tempi che correvano.
    le invivibili periferie, i casermoni angusti, bui, incrostati e pieni di tendoni o mutande appese della periferia romana, torinese o milanese o che so io, le altalene in rettangolini di terra senza erba su cui defecano solo cani, non le hanno fatte lecorbusier, loos, wright o barragan. le hanno fatte dei nessuno, in fretta, in modo irresponsabile e anche un po stronzo. finisco con questa parola solo per simpatia.
    bacioni!

    anzi, no, cito ancora due tue frasi: "Le forme architettoniche sono sempre state relazionate alle richieste del tempo". mica vero. mica sempre. l'uomo ha prodotto delle mostruosità anche nel passato. ok, ok, fai finta che non lo abbia detto, altrimenti mi toccherà leggere altre tue decine di pagine...
    "L'esigenza di costruirsi un riparo per isolarsi dal caldo e proteggersi dal freddo è la stessa che l’essere umano ha sempre avuto.". che c'entra? fino a un certo momento si. adesso ci sono anche altri bisogni. e poi dipende dalla geografia. a cuba fa caldo e le case di cuba sono diverse dagli igloo, dove fa freddo e la densità demografica minima. non devono fare condomini gli eskimesi. noi siamo tanti, soffriamo sia il caldo che il freddo, abbiamo giustamente bisogno di almeno 2 bagni, garage ecc. e poi abbiamo bisogno di privacy e tanto altro. se bastasse sempre solo ripararsi dal caldo o dal freddo avremmo case come quelle dei vichinghi del medioevo in inverno e tende del deserto in estate.
    riguardo ai gas serra da te citati, saltando di palo in frasca, non so se sono gli usa a produrre il grosso dei gas serra, piuttosto che l'asia, che dell'ambiente se ne fotte nel modo più assoluto, o l'europa, che preferisce bruciare petrolio a tutto andare o meschinamente lavarsene le mani facendolo fare ad altri e poi comprandolo dall'asia, visto che gli usa utilizzano così tanto l'energia atomica (che è la fonte energetica assolutamente meno inquinante dopo quelle rinnovabili) e così tanto le fonti alternative. forse si, forse no. non ne sono mica sicuro come sembri essere tu dividendo il mondo in due, vestitendoti da quello bravo che dice cose accettabili e genuine e facili da maurizio costanzo show commuovendo la gente.
    per il resto, sono pienamente d'accordo con te, anche perchè il resto, e cioè la sequela di frasi fatte (la superiorità della "sostanza sull'apparenza"...) che hai tirato fuori sono per lo più sensate, quindi non ho nulla da aggiungere. toh, sono perfino d'accordo sulla perdita incalcolabile della mano artigiana e di tante cose.... cosa vuoi di più da me, che sono o sembro essere il tuo nemico?
    ascolta, concentrati sulla tua opera di contrasto al bieco progetto di meier, non perdere tempo con me, dai, non ne posso più. ignorami. dimenticami. per favore, ignorami. sarai esausto anche tu. combatti meier, non me.

  • caro Augusto, anche io penso che il problema principale in architettura-urbanistica oggi, in italia, oltre ai problemi che si trascinano da tempo, e cioè gli errori del passato, specialmente gli edifici e l'urbanistica inadeguati, scomodi, tristi, poco vivibili, ma anche quelli "vivibili ma orribili", pacchiani, diseducativi, ai quali forse preferisco i primi... sia appunto la mancanza di idee, o meglio: da una parte il soffocamento delle idee coraggiose e veramente buone, per dar da lavorare sempre ai soliti - e qui salta fuori la farsesca situazione dei giovani che in italia stranamente ormai da decenni non emergono mai (saranno mica più deficenti degli altri?), e dall'altra l'accettazione passiva, anzi dell'invocazione dello star system dei soliti architetti, quelli internazionali come quelli italiani. coll'aggravante che in italia di solito, fra i pochi architetti stranieri che riescono a sopportare la difficoltà di costruire in italia, ci rivolgiamo alla retroguardia dell'avanguardia, concentrandoci ancora più sull'adeguatezza del compromesso perfetto dato dall'immagine dell'architetto o quello che evoca (famoso ok; poi, moderno ma possibilmente già vecchio. candido e marmoreo così la gente coglie le citazioni quasi colte e sorride. e contemporaneamente inespressivo, così la gente crede di guardare una cosa moderna. insomma, in una parola, uno come meier. perfetto per l'italia. insomma, fare architetture autentiche no?) che sull'architettura stessa. perchè meier, con tutti gli architetti in gamba che ci sono in giro? perchè siamo malati con questa mania dei divi, al punto da desiderare di accaparrarci pure i divi in pensione.

  • però, Augusto, non so come prendere la tua affermazione "E' assurdo mettere l'architettura moderna del Maier sull'ara Pacis come è altrettanto assurdo fare la pensilina di Isozaki a Firenze": non capisco se dai per scontato che si seguano sì le indicazioni generali (che evidentemente sono di costruire un'architettura), ma pensi che non debba essere moderna, o non debba essere di meier, oppure se, ripartendo dall'inizio, ovvero dall'architettura esistente, se pensi che non si debba costruire nulla di nuovo.
    premesso che non conosco bene il luogo nè il progetto, condividerei le seguenti possibilità, in questo ordine:

    1 non costruire niente.

    oppure

    2 fare crescere la presenza della natura, solo lei

    3 costruire, ma ovviamente senza scimmiottare l'ara pacis con qualcosa di finto. ne consegue: costruire un'architettura semplice, austera (ma non tetra) come si conviene per rispetto del passato, utile e funzionale.

    dal punto 3 consegue che, a prima vista e con possibilità di sbagliarmi, e a prescindere dalla collocazione dei vari elementi, che in fondo, i volumi informali, quelle spesse lastre di cemento aperte della piccola fotografia in alto a sinistra, non sembrano poi così malvage e così tanto fuori strada. nonostante siano di meier. mi sembrano perfino discrete. quasi consapevoli. un approccio tra scarpa e eisenman. apprezzo lo sforzo per un intervento così difficile. ma, ripeto, non conosco bene il lotto nè le intenzioni del progetto.

    ok, chi vuole insultarmi mi insulti pure, tanto adesso io vado a nanna, domani mi alzo prestissimo

  • Le ragioni del mio dissenso.
    È stata dura, ma alla fine ci si intende

    Caro Alberto Caprioglio,
    finalmente posso parlare ad un essere umano e non ad un nickname.
    Vorrei essere breve, ma ciò che ho da dire non so se me lo consentirà, pertanto mi scuso se il testo potrà sembrare troppo lungo ... in ogni modo non pensavo che i miei scritti fossero così importanti da “costringere” la gente a comprare nuove schede madre e nuovi monitors per essere letti ... anche i tuoi testi però non scherzano in termini di lunghezza!
    Scherzi a parte, passo anc’io al “tu” perchè tra colleghi penso sia più logico.
    Sin dal primo messaggio pensavo di aver chiarito in maniera inequivocabile la sporca faccenda dell’Ara Pacis, sicuramente ho voluto “condirla” con altri riferimenti, ma questi sono sempre collegati alla vergognosa situazione che abbraccia il panorama architettonico mondiale e italiano in particolar modo.
    Che la mia posizione sia contraria alle avanguardie forse può sembrare vero, tuttavia il mio punto di vista è essenzialmente questo: non penso possa considerarsi un linguaggio universale in architettura, bensì penso che esistano mille dialetti, tutti meritevoli di essere studiati e rispettati.
    Alla luce di questo,posso dire che, progetti come quello di Meier (che comunque continua a disgustarmi – se non altro per lo squallore del fatto di essere il clone di un altro già visto e che dunque si pone come l’espressione di un “pianeta che vive di luce riflessa” piuttosto che della “star” che ci viene raccontata, e che non si “spreca” a fare nuovi progetti poiché il suo nome gli consente di fare tanti soldi cambiando le intestazioni sulle tavole) in quartieri “moderni” tipo l’EUR di Roma probabilmente non mi creerebbero problemi ... la situazione è così compromessa che forse, alla fine, può solo che essere migliorata. Dunque, alla base di tutto il mio modo di vedere c’è un concetto basilare “sfuggito” a tutti coloro che hanno predicato il modernismo: il DECORUM, o, se vogliamo l’appropriatezza!
    Se tanto mi interessano ed affascinano gli architetti che hanno operato nel primo novecento, è proprio perché essi cercavano di produrre il nuovo imparando dal passato, senza ripetere le idiozie ottocentesche figlie del Neoclassicismo mal interpretato e dittatorialmente imposto dall’Academy des Beaux Art prima e da Napoleone poi!
    Se proprio devo dirla tutta, penso che Francesco Milizia, con il suo fondamentalismo purista e la sua repulsione nei confronti di tutto ciò che era stato prodotto dal Barocco, sia da considerarsi il teorico del Modernismo ante litteram!
    Dico questo perché egli, descrivendo l’architettura Barocca così usava esprimersi « ... cose che non si possono guardare senza ripugnanza e distrazione» mentre, a proposito di Michelangelo ebbe modo di scrivere «sarebbe stato meglio non fosse mai nato!»
    Quella del Milizia fu una reazione da “jihad” – per usare una terminologia molto attuale – alle esagerazioni Tardo Barocche in nome di un tentativo di far rinascere il Classicismo. Il risultato di questa reazione fu quello della nascita del Neo-Classicismo che, spesso, si limitò alla irrazionale imitazione dell’antico, senza vita e fisionomia propria: i 5 ordini del Vignola divennero la “Sacra Bibbia” dove gli architetti dovevano attingere per le loro costruzioni. Come ricordava Giulio Magni « ... All’indomani della Rivoluzione Francese Napoleone volle dare alla civiltà latina una nuova espressione nel campo del Diritto, delle Lettere e delle Arti: era la morte definitiva di ogni tentativo di espressione libera in nome della volontà dell’Imperatore. Un nuovo stile sorse nelle arti, a suggello di quel pensiero classico ed imperialista che caratterizzò tutte le manifestazioni estetiche del primo quarto dell’800 ...».
    Alla fine dell’ottocento, l’esasperazione dell’approccio Beaux Art all’Architettura aveva portato – così come oggi accade col Modernismo – all’esasperazione della gente comune, tanto che Giovannoni, in occasione degli incontri per la creazione della scuola di Architettura Romana, agli inizi del secolo XX diceva: « ... Ma quanto all’indirizzo didattico io credo che appunto quel desiderio che ho testé espresso ci spinga ad abbandonare l’Accademia pel tema costruttivo e pratico, svolto in tutti i suoi particolari tecnici. L’architetto deve essere anzitutto un costruttore e dalla struttura profondamante intesa devono derivare le forme: fare l’inverso con l’immaginare la composizione astratta, il prospetto vuoto, l’edificio che va dal fuori all’indentro è procedimento irrazionale, da cui il giovane non riuscirà mai più a guarire. E comporrà nella vita professionale castelli in aria costosi ed inabitabili, solo perché il disegno gli sta bene, e farà maledire l’architettura, che già è tanto sul naso del pubblico, dei tecnici, degli artisti ...»
    Già nel 1885 dunque, Giulio Magni, scrivendo al grande Raimondo D’Aronco, che come lui era stato costretto a lasciare l’Italia per poter emergere, aveva avuto modo di esprimere la necessità dell’Architettura del suo tempo di liberarsi delle catene impostegli dall’Accademia: « ... colui che deve lavorare si trova nel bivio difficilissimo se cioè fare come la ragione lo guida o come il generalizzato sentimento gli impone ... affrontare l’impopolarità è certo un eroismo e chi si sente forte nella battaglia da combattere, scenda in campo con quel coraggio che dà la sicurezza della vittoria. E noi giovani che coltiviamo questo ideale nella nostra mente, dobbiamo difenderlo e sostenerlo con tutte le nostre forze, studiando alacremente con la ferrea volontà di riuscire!»
    Gli architetti del primo novecento (di cui Magni e Giovannoni possono considerarsi i capostipiti) dunque, aborrendo la retorica dell’Architettura del loro tempo, si misero alla ricerca della tradizione. Questo fece loro comprendere come il carattere delle città fosse soprattutto dato dalla cosiddetta edilizia minore o “vernacolare” la quale risultava comunque nobilitata da piccoli dettagli che la rendevano gradevole anche se priva del “monumentalismo a tutti i costi” dell’ottocento: gli edifici post-unitari (alveari umani) avevano appiattito larghi brani di città con volumetrie inumane, monotone e prive di carattere, diversamente, lo studio dell’edilizia minore, anche quella dell’esagerato periodo Tardo Barocco, mostrava loro come essa avesse saputo integrarsi perfettamente con tutto il resto, limitandosi ad impreziosire un portone, un angolo, un cornicione o un comignolo. Così, forti di questa loro ricerca, iniziarono a produrre nuovi edifici, assolutamente moderni e perfettamente integrati nei contesti in cui andavano sorgendo: il senso di DECORUM, dimenticato dall’ottocento, stava riappropriandosi del suo ruolo guida!
    La nascita dell’Istituto Case Popolari, nel 1903, aveva creato il terreno fertile su cui sperimentare questi nuovi studi e, come la realtà dei fatti di oggi ci dimostra, quegli architetti avevano “imbroccato” la via giusta per il “riscatto”, costruendo una serie di edifici e quartieri moderni che ancora oggi vengono considerati quali migliori esempi del costruito novecentesco. A far da controaltare a questi illuminati studi ovviamente, c’era l’altra faccia della medaglia, quella della speculazione edilizia.
    Gli innumerevoli studi obiettivi dell’urbanistica post-unitaria infatti, ci dimostrano come la pianificazione urbana sia sempre e solo stata dettata dagli interessi personali della lobby dell’edilizia, piuttosto che dalla logica e dalla volontà comune.
    Fino agli anni ‘30 del novecento, la produzione edilizia, grazie al lavoro di personaggi come Pirani, Magni, Giovannoni, Sabbatini, Broggi, Palmerini, Marconi, ecc. seppe rispettare gli interessi comuni ed il senso del decoro, tuttavia all’orizzonte si prospettavano le fosche nubi delle nascenti teorie architettoniche reazionarie le quali, ovviamente, trovavano terreno fertile presso la lobby edilizia interessata alla drastica riduzione dei costi ed al massimo dei profitti: l’avvento del Fascismo – partito del quale ovviamente facevano parte i più grossi costruttori italiani – allo stesso modo in cui Napoleone aveva fatto con il Barocco, sancì la fine della ricerca sull’architettura in nome di un orribile appiattimento modernista. Prima di arrabbiarvi vi invito a continuare la lettura perché avro modo di dimostrare le mie parole forti.
    Non scopro l’acqua calda se dico che chi ha la possibilità di gestire, e dunque manipolare, i mass media ha la certezza di incrementare il suo potere. Ce lo dimostra tutti i giorni la politica e, ad un occhio attento, anche la “stampa specializzata” che ci riguarda più da vicino: quanti progetti di Architettura Tradizionale sono stati pubblicati negli ultimi anni sulle centinaia di riviste che “infestano” le edicole e le librerie? ZERO!
    In questo Paese si costruisce poco e scrive troppo, e quello che si scrive è monotematico ... ma questo non è un male recente, occorre tornare indietro nel tempo di qualche decina di anni. Fino al 1931 la rivista Architettura ed Arti Decorative dava spazio a tutti ... nonostante il regime, poi qualcosa cambiò, e con questo qualcosa mutò il modo di insegnare l’Architettura e di costruire.
    A chi non mi crede, voglio citare quanto Carlo Belli scriveva sul n°35 di Quadrante del 1936 nel paragrafo intitolato “dopo la polemica” – per celebrare la vittoria del Modernismo conseguente la costruzione della Casa del Fascio di Como, la quale aveva causato un putiferio a carattere locale e nazionale.
    L’intera città si era indigniata per la costruzione di Terragni: il progetto presentato ed aprovato era totalemente diverso da quello realizzato, e tutto era avvenuto su suggerimento del Podestà locale, il fratello del Terragni, il quale, dall’alto della sua posizione scrisse al fratello «presenta un progetto il stile, poi quando tiri su i ponteggi fai quello che vuoi» (cfr. Alberto Artioli, “La Casa del Fascio di Como”). Oggi questo si chiamerebbe interesse privato, e i responsabili andrebbero dietro le sbarre .. forse! L’indignazione era talmente forte che la popolazione si rifiutò di assistere all’inaugurazione dell’edificio e si dovette ricorrere astutamente ad una cerimonia di commemorazione dei caduti della Prima Guerra Mondiale per far confluire il popolo nella “piazza” antistante la Casa.
    Lo stesso Mussolini era rimasto profondamente turbato dall’edificio ma poi, la potenza politica del Podestà Terragni da una parte, e la “furbizia lessicale” di Marinetti dall’altra, “coniarono” la giustificazione plausibile all’edificio: esso trasformava in Architettura ciò che il Duce aveva detto, «il Fascismo è una casa di vetro!». Fu così che il Duce fece sua l’idea dell’edificio.
    Forte di questo successo politico, Carlo Belli sul citato numero di Quadrante diceva: «Non so quanti, in Italia, potranno capire oggi la nostra gioia per il compimento della Casa del Fascio di Como. Quando, tra qualche anno, un’adesione universale conforterà quest’opera di Terragni, allora sì, molti si arrenderanno, per riconoscere onestamente che avevamo ragione. [...] Ma, ora, possiamo rispondere che vogliamo la Casa del Fascio di Como, intanto, come modello-base per tutti gli edifici d’Italia (compresi i ministeri). [...] l’idea di un “Nuovo Vignola” dell’architettura italiana, idea ventilata in questi giorni, più che originale, assai più che brillante, è una proposta veramente saggia da attuarsi subito per l’onore e la salvezza del nostro prestigio in fatto di architettura. In questo manuale la Casa del Fascio di Como sarà la tavola logaritmica delle costruzioni del genere, il vocabolario in cui sono espresse nella loro forma migliore, tutte le soluzioni più esatte dei più complicati problemi. Un prontuario di bellezza, un paradigma di saggezza: un’opera completa sotto tutti i punti di vista».
    Davanti a cotanta fermezza e furbizia non c’è da meravigliarsi se il Regime, di fatto, per la prima volta, arrivò ad imporre il nuovo modo di concepire l’Architettura.
    Un regime totalitario che racconta di dare delle case moderne, simbolo di libertà e di progresso, non può che essere apprezzato ... peccato però che gli abitanti degli edifici nati seguendo questi dettami non hanno mai ritenuto di vivere negli spazi che avrebbero sognato e anzi, molto spesso, ci abbiamo lasciato definizioni come quartieri ghetto, edifici lager, eccetera.
    Si noti che lo stesso n°35 di Quadrante, considerata una “rivista autorevole”, in un altro capitolo gettava fango su tutta la Storia dell’Architettura, dagli egiziani all’Era Fascista, dimostrando con un grafico delirante chiamato “Il progresso dell’Aria Luce”, che l’unico futuro possibile era quello Modernista.
    Sebbene possa sembrare impossibile che questo “piccolo” evento comasco possa aver avuto una risonanza drammatica sul nostro Paese, la lettura di un testo di legge emanato due anni dopo ci dimostra che la delirante richiesta modernista di Belli, Pagano, Terragni, ecc., ben presto venne tramutata in realtà.
    Nel 1938 – nell’interesse dei soli “palazzinari” – affinché non si osasse più costruire in modo tradizionale, a cura del Ministero della Pubblica Istruzione Italiano venivano promulgate le “Istruzioni per il Restauro dei Monumenti” il cui punto 8 così recitava: «per ovvie ragioni di dignità storica e per la necessaria chiarezza della coscienza artistica attuale, è assolutamente proibita, anche in zone non aventi interesse monumentale o paesistico, la costruzione di edifici in «stili» antichi, rappresentando essi una doppia falsificazione, nei riguardi dell’antica e della recente storia dell’arte».
    L’Architettura era morta in nome del Modernismo di Stato, ma da noi continuano a farci credere il contrario!
    Cosa accade oggi?
    Nonostante le norme europee e nazionali, i sindaci di Roma, Milano, Firenze, ecc. Si permettono di affidare direttamente degli incarichi a personaggi dello star system i quali, dall’alto del loro autocelebrazionismo modernista, si permettono di violentare le nostre città a loro piacimento, ecco dunque il Museo dell’Ara Pacis di Meier, la porcheria degli Uffizi di Isozaki, la distruzione della Scala di Milano di Botta, il Museo dell’Opera del Duomo di Calatrava, ecc. BASTA!!!!
    Basta con questi soprusi fatti sotto l’egida di chi dovrebbe tutelare il nostro patrimonio e le nostre città, basta con i grandi nomi e largo ai giovani, le cui attuali norme stanno penalizzando gravemente: solo per fare un esempio, voglio ricordare a tutti che, per poter partecipare al Concorso per la Nuova Stazione Tiburtina di Roma, bisognava dimostrare di avere non meno di 12 dipendenti da oltre due anni e un volume d’affari di 50 miliardi!!! Se questa è la strada intrapresa saremo fagocitati dalle società di ingegneria delle multinazionali dell’edilizia ... ma si, tanto questa si che è modernità, non fa niente se gli edifici della Grandheur di Mitterand o quelli del Millennium di Blair hanno fallito, oggi tocca all’Italia, e il nostro corpo docente è ben contento di questo – probabilmente perché non è in grado di fare qualcosa di meglio – così lobotomizza a dovere i suoi studenti in modo che non si possano vedere le differenze! Sembra di vedere ciò che i Talebani fanno con i loro sudditi.
    Ma noi crediamo davvero nei Concorsi? Crediamo davvero che, così come oggi sono concepiti, possano migliorare le nostre città? Crediamo davvero che i membri delle commissioni siano così onesti e pluralisti dall’esprimere il loro giudizio seguendo gli interessi delle città? Io sono convinto di no, e la ragione è immediatamente dimostrabile quando si vanno a leggere i nomi delle commissioni e quelli dei vincitori di vari concorsi in giro per il mondo: immediatamente ci si accorge che, quasi fossero stati ispirati dalla “Politica del Trasformismo” di Urbano Rattazzi, le stesse persone risultano a “a rotazione” i giurati ed i concorrenti e, se non lo sono direttamente, sono loro legati da rapporti di collaborazione. Lo sappiamo tutti gli architetti, ma nessuno ha il coraggio di dirlo a voce alta perché, prima o poi, tutti sperano di entrare a far parte della “cricca”. Perdonatemi, ma tutto ciò è vergognoso e si chiama omertà!
    Ecco che immediatamente risulta chiaro che, poiché “tra cani non ci si morde”, nessuno si ribella al sistema e la gente comune viene costretta a subire.
    L’unico modo dunque perché un concorso possa rispecchiare democraticamente la volontà cittadina, è che il giudizio venga espresso dalla gente, magari tramite un referendum. Questo risulta necessario almeno fino a che le cose non cambiano all’interno delle università!
    Penso che l’unico modo di uscire da questa squallida situazione sia quello di unire le forze in nome della nostra tradizione, solo così potremo ricominciare a produrre nuovamente architetture nuove, moderne e degne di tale nome, architetture che siano uniche ed irripetibili. Non abbiamo bisogno di cloni, né di scopiazzare le opere delle “stars”. Se riuscissimo tutti a fare autocritica, se riuscissimo tutti a leggere la verità all’interno dei libri di storia, se, invece di seguire le mode effimere, seguissimo l’insegnamento di Giulio Magni « ... colui che deve lavorare si trova nel bivio difficilissimo se cioè fare come la ragione lo guida o come il generalizzato sentimento gli impone ... affrontare l’impopolarità è certo un eroismo e chi si sente forte nella battaglia da combattere, scenda in campo con quel coraggio che dà la sicurezza della vittoria. E noi giovani che coltiviamo questo ideale nella nostra mente, dobbiamo difenderlo e sostenerlo con tutte le nostre forze, studiando alacremente con la ferrea volontà di riuscire!» se, dunque, facessimo tutto questo, sono sicuro che riusciremo a risollevare le sorti della Regina delle Arti!
    Ho 38 anni, lavoro da 12 come architetto ed amo questa materia più della mia vita! Putroppo però, come anche voi fate notare (Alberto e Augusto), devo fare i conti con quella che è la situazione del nostro Paese, tanto che ora insegno presso una prestigiosa Università Americana (nemo profeta in Patria!) – è inutile nasconderci dietro un dito, in Italia se non hai santi in Paradiso ti puoi scordare di fare carriera, a Roma (dove ho svolto il ruolo di assistente volontario per 11 anni) basta leggere i nomi dei vincitori dei dottorati di ricerca per verificare che non c’è speranza di cambiare!
    L’unico modo di cambiare le cose è forse quello di fondare una nuova scuola, semplicemente rispolverando le indicazioni lasciate dal Giovannoni quando pianificava il modo e le materie da insegnare presso la nascente Facoltà di Architettura di Roma, indicazioni completamente disattese da chi successivamente ha diretto la Facoltà, e totalmente misconosciute alla quasi totalità di chi insegna oggi.
    A quelle materie, a scopo “immunitario”, penso debba aggiungersi l’insegnamento della Sociologia Urbana, scherzo usando il termine immunitario perché essa, non trattando di “stili” ma solo di fatti concreti, dà la possibilità agli studenti di comprendere i danni che l’architettura e, soprattutto la pianificazione urbana, errati hanno creato!
    Una ulteriore “vaccinazione anti-lobotomia” può operarsi leggendo “Maledetti Architetti” di Tom Wolfe, libro che da solo serve a farci vergognare per quello che la nostra categoria ha fatto!
    Augusto si chiede se è giusto far prendere il titolo di studio italiano ad uno straniero per esercitare qui da noi ... io dico sì! È così per noi all’estero, deve essere così per loro da noi anzi, a maggior ragione, conoscendo molto bene le realtà universitaria americana e di altri Paesi, vi assicuro che è necessario che essi studino un pò di più prima di mettere le mani sulle nostre città!
    Un ultimo chiarimento è d’obbligo. L’errore fondamentale del Post-Modernismo è stato quello di utilizzare gratuitamente “segni” classici e, in situazioni più estreme come quelle americane, quello di considerare nuovamente il trattato del Vignola, anzi peggio, “the American Vignola”, la Bibbia per gli architetti. L’errore neo-classico evidentemente non era bastato a far comprendere a questa gente cosa non si doveva fare!
    Se vogliamo risollevare l’Architettura abbiamo l’obbligo morale nei confronti degli abitanti del Pianeta Terra di liberarci da pregiudizi, dagli stili, dagli “ismi” e da tutte le forzature possibili ed immaginabili, basta guardarci attorno per renderci conto che i nostri centri storici “funzionano” da secoli ... cerchiamo di capire il perché!
    Abbiamo il vantaggio di conoscere tutto quanto era già stato fatto all’inizio del ‘900 e poi frettolosamente abbandonato, dobbiamo seplicemente limitarci a ripartire da lì.

    P.S. – Piccola nota polemica con Alberto – il buco nell’ozono è cosa diversa dall’effetto serra, i responsabili del “buco” sono i clorofluorocarburi prodotti dagli impianti di aria condizionata dei cosiddetti edifici “funzionalisti” a “pareti leggere o vetrate” i quali, dunque, non funzionano per difenderci dal caldo e dal freddo: giapponesi e americani, ovvero i maggiori responsabili di questa situazione con il loro abuso di aria condizionata obbligato dagli edifici che si sono costruiti, sono coloro i quali si sono rifiutati di firmare a Kyoto!

    Cordialmente
    Ettore Maria Mazzola

  • mmm...

    "l’avvento del Fascismo (...) sancì la fine della ricerca sull’architettura in nome di un orribile appiattimento modernista."

    non è vero: il fascismo non fu mai compattamente moderno, nè stabilì una direzione obbligatoria in architettura, e nemmeno forse nelle altre arti. tanto è vero che in epoca fascista sono state costruite cose molto diverse tra loro. l'unica costante erano le chiacchiere, la retorica, la morale legata a tutte le cose e anche all'architettura; ma questo senso di moralità ognuno lo adattava alla propria utopia: chi alle lastre di cemento senza fronzoli ai quali da bravi italiani del ca..o già davano chissà quale significato (quando in realtà avrebbero potuto/dovuto semplicemente essere quello che erano, cioè elementi costruttivi, senza trascinare dietro tanti ideali e cercare di servire a qualcosa), chi alla celebrazione di una classicità italica fatta di statue, colonne e capitelli. il fascismo fu il solito tragico mare di retorica in cui qualche illuminato, e molti cerebrolesi complicati e farneticanti in stile eternamente e tipicamente italico, crearono architetture anche molto diverse tra loro con impulsi diversi. da terragni, concentrato su piante nuove e su strutture senza fronzoli a piacentini. il fascismo fu anche e soprattutto il regno di cose tipo piacentini, monumentale, retorico, retrogrado e ideologico. ma tutto era ideologico, porca vacca, come al solito. in italia è tutto maledettamente connotato: del centro commerciale all'ufficio delle poste deve sempre essere retorico. si pensa solo alla forma in tutte le cose e in tutti i campi. poi fu anche il regno di costruzioni austeramente eleganti e di gran qualità di materiali come la ricostruzione di via roma di Torino, che è considerata un'ottimo intervento, e secondo me lo è.
    in un certo senso, il fascismo non fu un "fascio" in architettura. fu semplicemente tipicamente politica italiana piena di chiacchiere. fu una m.rda molto agitata, guerra, contrasti, molta carne al fuoco, botte in testa e cittadini sballottati.

    come adesso. anzi: per quel che riguarda la serenità, leggermente peggio di adesso. per quel che riguarda la creatività, forse perfino leggermente meglio di adesso. l'architettura italiana di oggi non è forse diversa? non è forse una m.rda rappresa gestita dai soliti 3 o 4? e poi senti come mi fai parlare: io che mi metto a usare il passato remoto... sto diventando pazzo.

    non credo che oggi in italia essere controcorrente sia essere tradizionalisti. oggi la massa è antimoderna, diffidente e rinunciataria. ma in compenso si esalta per la forma di questi telefonini di m.rda che sembrano essere diventati la cosa più importante della giornata. tutti vogliono vivere in villette a schiera e i babacci e l'orologio a pendolo; vero, di plastica o come sia; l'importante è che alberghi in ogni cazzo di salotto, con l'uccellino che fa cu-cu; oggi walt disney è imperante. era meglio terragni di walt disney. oggi ha molto più le palle un architetto che usa con coscienza e competenza materiali nuovi, che usa i pannelli solari, che sa isolare le case - siano di cemento o di gomma o di quaglia non mi interessa - piuttosto della solita megaditta o del solito studio stanco di paese che disegna le solite casette che invadono tutte le campagne d'italia come un'immensa periferia. e quando disegna i condomini di 8 piani li fa esattamente con la stessa retorica da pacolino men che piccolo borghese con l'illusione di avere la natura vicino. e sempre più inferriate medievali metallizzate, sempre più nani in giardino, sempre più lampioncini da vecchia londra, sempre sempre fino a coprire mari, montagne, laghi, campi, foreste.
    io voglio vivere nelle grotte per non vedere più questo nanismo cerebrale e contemplare una simile ingombrante pochezza e ignoranza. oggi, c'è ignoranza senza gusto. un'ignoranza spaventata che si aggrappa a qualcosa di passatista e rassicurante, anche se finto e creato prontamente dall'industria e dalle grandi imprese di costruzione disneyane-tamarre. vendono superstizioni ai superstiziosi, ecco cosa fanno. via da me! fa lo stesso loos o bruce goff, perchè emerga l'intelligenza in architettura. la coscienza ambientale e funzionale. la bellezza della natura. anche il desiderio e l'anelito di simboli, se vuoi. di pulizia o di rigogliosità. la conoscenza tecnologica più avanzata applicata anche nelle "piccole" cose come l'abitare. ora, adesso! e lasciate finalmente spazio a i giovani, oscuri mangioni che non siete altro! oggi lavorano solo i fabbricanti di stereotipi più dementi, e gli altri non riescono nemmeno a ottenere il permesso di aprire una finestra su un cortile o sono bloccati all'università a rincretinirsi e sorbirsi soprusi tipo lavorare gratis per un professore col ricatto dell'esame. schifo! schifo! schifo! anche in questo momento mi sto accecando per aiutare mio fratello a fare un rilievo secondo modalità assurde per un professore, gratis et amoris, perchè questo professore ne ha bisogno nel suo lavoro, e allora lo ha camuffato da esame, come fanno tanti professori. perchè non pagano dei professionisti a lavorare per loro per settimane, senza ricattarli con la storia degli esami? gli studenti in tutto il Paese sono sfruttati in cambio di niente e poi questi se ne fottono del loro futuro e della formazione, ci dicono "eh, ma poi voi ci fareste concorrenza": lo hanno ammesso, sono arrivati a dircelo in faccia che ci avrebbero impedito di andare avanti! schifo!
    sono d'accordo con te praticamente su tutto. e adesso, al lavoro. (che miraggio!!!)

    "P.S. – Piccola nota polemica con Alberto – il buco nell’ozono è cosa diversa dall’effetto serra, i responsabili del “buco� sono i clorofluorocarburi prodotti dagli impianti di aria condizionata dei cosiddetti edifici “funzionalisti� a “pareti leggere o vetrate� i quali, dunque, non funzionano per difenderci dal caldo e dal freddo" : ma io infatti mi riferivo alla produzione di energia basata su combustibili, e di conseguenza all'effetto serra, per non parlare delle malattie da inquinamento e di qualche milione di cancri che aumentano sempre. invece, per quel che riguarda il buco nell'ozono e le pareti vetrate o non vetrate che disperdono calore, è ovvio che sono d'accordo con te, così come è vero che esse sono totalmente inadeguate. è assurdo rifiutarsi di isolare per poi dover bruciare petrolio o comunque produrre più energia per scaldare o raffreddare. e se proprio vogliono usare il vetro, dovrebbero metterlo doppio, triplo, quadruplo, per evitare l'idiozia della dispersione termica. o trovare altre soluzioni e limitare il vetro alla semplice dimensione sufficiente all'illuminazione naturale e non oltre. insomma, basta: uniamoci!
    tetsuoii@interfree.it

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27 Aprile 2024 14:10
  • Mercato

Sotheby’s mette all’asta un capolavoro di Monet

Appartiene alla serie dei Covoni, la stessa che nel 2019 fissava un record per l’artista a quota $ 110,7 milioni.…

27 Aprile 2024 12:42