Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato oltre 200 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.
Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.
Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.
L’associazione culturale ReA Arte, fondata a gennaio 2020 da un gruppo di giovani imprenditrici della cultura, è l’organizzatore di ReA! Art Fair – la manifestazione annuale che si svolge alla Fabbrica del Vapore (Milano), ed ha come obiettivo quello di superare il modello tradizionale di fiera. Prendendo posizione a fianco dei cento artisti, ad ogni edizione ReA! Art Fair crea un dialogo tra nuovi talenti, i collezionisti ed il pubblico, tramite assegnazione di premi, organizzazione delle mostre e pubblicazione dei cataloghi.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Lo spazio in cui per il II anno di fila viene organizzata la fiera, non è affatto la nostra sede fissa, ma più un luogo di ritrovo, la casa della fiera annuale. Fabbrica del Vapore in sé, essendo un laboratorio pieno di realtà che si occupano di diversi tipi di arti visive e performative – è un ambiente che dà forma a tutte le idee creative, creando collegamenti senza porre limiti di contesto od estetica».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Milano è una città che offre tantissime opportunità per i progetti ambiziosi nati e partiti da 0, come il nostro. Inoltre, é anche una città piuttosto internazionale, aspetto che si rispecchia direttamente nella composizione del nostro team: siamo in 12 provenienti da 6 paesi diversi, dato che a sua volta ci permette di guardare l’arte con divers approccio e sensibilità. Tornando al discorso di una realtà fluida e flessibile, Milano è la nostra piattaforma di esposizioni, siamo sempre in cerca di nuovi luoghi stimolanti, posti insoliti, come ad esempio il luogo che ha ospitato la mostra “Routes” in estate 2021 – a Scalo Lambrate presso The Sanctuary a Milano».
Cosa significa per voi sperimentazione?
«Sperimentazione è uno stato d’animo, la passione e voglia di arrivare ad un bel risultato in tutto quello che facciamo – divertendosi anche lungo il percorso. La voglia di produrre novità, che arriva da stimoli e ispirazioni esterne. Per noi che ogni anno seguiamo 100 artisti l’ispirazione è un elemento che non manca mai».
Terzo Fronte si sviluppa come un laboratorio attivo di scambio, connessione e circolazione rivolto al dialogo tra la scena artistica franco-italiana e internazionale. Il progetto mira ad approfondire gli ecosistemi dello storytelling e del funzionamento del sistema dell’arte contemporanea.
Il nostro funzionamento deriva dai temi di letteratura e si costruisce come un progetto editoriale, la cui programmazione è scritta collettivamente in vari capitoli. Ogni capitolo esplora un aspetto politico delle varie sfaccettature della vita della nostra società.
Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?
«Ci interessa che cosa sia una scrittura attiva dell’arte: come rendere conto di esperienze singolari e sintomatiche dei problemi politici dell’arte, come quelli della visibilità, dell’esposizione e del risparmio, e questo tanto per iscritto che nelle mostre che presentiamo. Il fatto di essere francesi, di lavorare a Roma e di accogliere artisti come il francese Maxime Bichon, la svizzera Gaia Vincensini o il brasiliano Adriano Costa in residenza da noi, pone anche la questione dello spostamento delle scene artistiche al centro del nostro lavoro».
Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?
«Lavorare su una scena diversa da quella da cui provieni è un piacere, questo movimento permette una maggiore libertà. Quello che potrebbe essere uno svantaggio ci permette di lavorare davvero con il territorio, a San Lorenzo creiamo forti legami con luoghi come la carrozzeria che accoglie gli artisti invitati a TF per la produzione dei loro pezzi. C’è anche il piacere di partecipare allo sviluppo di una scena artistica in rapida espansione, la frequentazione del luogo come post-ex ci ha permesso di montare artisti romani come Luca Grimaldi o l’autore francese Azzedine Saleck che ha lì il suo studio».
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