Claude Boudeau, Pressio #1, 2016, Performance
La creazione emergente è la protagonista assoluta della prima edizione di Après lâĂŠcole la Biennale âartpressâ di Saint-Ătienne. Lanciata in ottobre ma chiusa in anticipo a causa dellâattuale lockdown, la manifestazione si è svolta al Museo dâArte Moderna e Contemporanea e in un edificio industriale dellâĂcole supĂŠrieure dâArt et Design di Saint-Ătienne, nella regione Auvergne-RhĂ´ne-Alpes. Chi sono i 36 artisti esposti? Freschi di diploma o con una carriera artistica intrapresa da poco, provengono da 39 scuole dâarte pubbliche francesi, e sono stati selezionati su 150 candidature da una commissione composta per lo piĂš da critici dâarte. I curatori, come Etienne Hatt, vice direttore capo di artpress, e Romain Mathieu, critico dâarte e insegnante presso lâĂcole supĂŠrieure dâArt et Design di Saint-Ătienne, hanno scelto quei progetti artistici capaci di aprire nuove prospettive e di mettere in valore la materialitĂ delle forme o dei mezzi espressivi.
Le creazioni si dislocano lungo duemila metri quadrati, in uno spazio ampio che accoglie, tra gli altri, il musicista e artista visivo, Igor Porte (OrlĂŠans, 1991) che realizza piccoli assemblaggi di oggetti ritrovati animandoli con semplici meccanismi o creando dinamiche installazioni dalle sonoritĂ universali. Ouassila Arras (Juvisy-sur-Orge, 1993), ha ricoperto invece le zone di passaggio della biennale con magnifici tappeti â realizzati in vecchi laboratori femminili in Algeria oggi abbandonati â che ha in parte disfatto svelando la complessitĂ del lavoro manuale per ispirare nuove visioni e storie.
Ne abbiamo parlato con Catherine Millet, direttrice editoriale e fondatrice, con il gallerista parigino Daniel Templon, della rivista dâArte Contemporanea franco-inglese artpress.
Come nasce questa Biennale?
La Biennale è nata da una discussione tra me, Claire Peillod, ex direttrice dellâESADSE e AurĂŠlie Voltz, direttrice del MAMC+, per dare visibilitĂ e mezzi a giovani artisti diplomati di recente che vogliono entrare nella vita professionale.
La presenza di artisti francesi qui è molto forte. Giusto?
Lo scopo è quello di mostrare artisti provenienti dalle scuole francesi, ma troviamo anche statunitensi come Xxavier Edward Carter o giapponesi come Masahiro Suzuki e My-Lan Hoang-Thuy. Ciò vuol dire che la Francia sta forse diventando un paese di riferimento dei giovani artisti.
Il premio Marcel Duchamp ha lo stesso approccio, che è quello di promuovere la creazione francese. Lei è tra i fondatori, con Gilles Fuchs presidente dellâADIAF, di questo riconoscimento ormai di rinomanza internazionale.
Il lavoro dellâADIAF e di questa Biennale è quello di valorizzare la scena francese, dimostrando che non è composta unicamente da artisti francesi. Personalmente, posso oggi misurare i grandi progressi che lâinsegnamento artistico ha fatto in Francia sia sul piano pedagogico che nella preparazione degli studenti alla loro attivitĂ professionale, che sono poi gli aspetti che apprezzo di piĂš nelle scuole dâarte francesi.
In un suo recente articolo ha contrapposto la figura dellâartista ricercatore a quella dellâartista imprenditore. Insomma, cosa devono fare questi giovani una volta usciti dalle scuole?
Un artista deve assumersi la responsabilitĂ di essere tale. Tempo addietro câera la nozione dellâartista assistito, che comunque perdura ancora un poâ oggi. Allora gli si offrivano molte possibilitĂ , ed era facile per lui farsi conoscere, mentre oggi le condizioni sono molto dure. Inoltre molti giovani cercano di sottrarsi alla presa del mondo dellâarte e del mercato dellâarte, che impone loro i propri criteri e esigenze.
Ci sono comunque molti galleristi che fanno un ottimo lavoro con i giovani creatori?
Mi ha preceduto di poco. Volevo infatti sottolineare che quando si parla di mercato dellâarte si deve fare la differenza tra un mercato molto speculativo e quelle gallerie che fanno un lavoro formidabile di accompagnamento e di valorizzazione della giovane creazione. Viviamo in una societĂ liberale però si devono proporre delle condizioni rispettose nei riguardi di un artista, soprattutto se giovane. Posso dire che ne ho viste passare di generazioni di artisti che sono stati usati dal mercato.
Che posto ha la critica dâarte in una societĂ in cui è il piĂš delle volte il mercato a imporre le proprie scelte?
Le scelte artistiche qui sono state fatte da critici dâarte o curatori di musei. Ho fondato una rivista che esiste da oltre 48 anni nella quale pubblichiamo lunghe analisi e ci rivolgiamo a professionisti. Mentre il mercato consuma, noi scriviamo la storia. Il nostro lavoro è quello di inscrivere lâartista in una storia, e fare sĂŹ che lâopera resti percettibile dal pubblico odierno e magari futuro. Per me lâopera deve essere perenne. Credo che un artista che abbia una vera ambizione voglia segnare il suo tempo e quello delle future generazioni. Insomma, un artista è quello che vede la morte come qualcosa da schivare. Molti artisti deceduti hanno prodotto un humus che nutre poi le nuove generazioni, per esempio qui ci sono opere che mi fanno pensare a Martin BarrĂŠ o Richard Hamilton.
Quali affinitĂ ci sono tra il giornalismo e la critica dâarte?
In una conferenza a cui prenderò parte si parla appunto dei modi di diffusione della critica dâarte. Certo tra una rivista di critica dâarte e un settimanale di notizie non si parla nello stesso modo dâarte, non è lo stesso mestiere, ma entrambi sono stimabili. Conosco diversi critici dâarte che vengono dalla stampa periodica e viceversa.
Quale mezzo artistico predilige?
Pittura e performance.
Le opere politicizzate o comunque impegnate sono diventate la norma nellâArte Contemporanea. Il vostro approccio sembra diverso.
Non è affatto una questione di approccio. Abbiamo selezionato le opere liberamente senza ristrettezze, ma alla fine ci siamo resi conti che câerano poche opere che portavano avanti discorsi ideologici, o problematiche sociali. Siamo davanti il video RĂŞvent-elles de robots astronautes ? di Sarah Del Pino in cui si parla della condizione degli animali, dello sfruttamento di mucche in una fattoria completamente robotizzata. Questa denuncia passa attraverso delle immagini, un montaggio, rivela delle preoccupazioni estetiche, una sensibilitĂ , non è esposta in modo didattico.
artpress ha dedicato un numero speciale alla biennale Après lâĂcole, che comprende diversi interventi di Catherine Millet, Claire Peillod e AurĂŠlie Voltz. Le opere della biennale sono visibili sul sito di artpress
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