Con il Festival Internazionale di Arti dal Vivo Ipercorpo, alla sua diciottesima edizione, si sono avvicendati a Forlì tanti artisti nei due weekend tra maggio e giugno 2022, a sperimentare sul tema dell’aria. A fare da scena, lo storico deposito delle corriere EXATR, l’Arena Forlivese, il Teatro Félix Guattari e altri luoghi della città. Così, un’importante proposta artistica si è articolata in una ricca programmazione, tra teatro, danza, musica arte e circo, in stretto dialogo col tessuto urbano. «Decidere di portare azioni sceniche in città significa mettere sui luoghi un diverso accento, inedite visioni e possibilità percettive che continuino a farci sentire cittadini e non solo consumatori», ha spiegato il direttore artistico di Ipercorpo, Claudio Angelini. Vi raccontiamo il festival dal nostro punto di vista.
Sulla spinta della rigenerazione urbana, Città di Ebla con il supporto di Spazi Indecisi, ha dato il via a Ipercorpo 2022, con cui numerosi appuntamenti hanno animato la città di Forlì per due weekend consecutivi. Un festival come una «Geografia che ha allargato continuamente i suoi confini», l’ha definito bene Elisa Gandini che insieme a Davide Fabbri ha curato la sezione musica. Per questa, nel primo weekend di giugno, hanno risuonato tra le mura di EXATR due “insolite colonne sonore”, di Mondoriviera e Blak Sagaan Expaanded. Il primo con una performance multimediale, a raccontare un mondo immaginifico e weird con musica elettronica e video. I secondi con un live dal ritmo pulsante amalgamando suoni dagli anni ’60 e ’70 e suoni più contemporanei, in un’atmosfera noir e avvolgente.
Per la sezione teatro e danza, curata da Claudio Angelini, Mara Serina e Valentina Bravetti, altrettanto avvolgente è stata l’esperienza di Sonora Desert dei Muta Imago al Teatro Félix Guattari. La lettura di memorie, appunti, estratti e testi sulla percezione e sul tempo, ha condotto in un ambiente buio, dove si viene letteralmente cullati da un gioco di suoni e di luci che trasporta in un’altra dimensione. Un viaggio sensoriale nel deserto di Sonora, accompagnati dalle musiche di Alvin Curran. Di tutt’altro taglio la perfomance A String Section, negli spazi di EXATR, della coreografa Leen Dewilde e del collettivo internazionale Reckless Sleepers. In scena cinque donne eleganti si sono presentate a fianco a cinque sedie e armate di sega. In una sinfonia di tagli su legno, man mano le sedie si sono scomposte, amputate e, di pari passo, si sono scomposti i corpi di queste donne in bilico su di un precario equilibrio.
Invece, il collettivo Dewey Dell con Deriva Traversa ha preso spunto dalla figura del pastore per riflettere sulla solitudine declinata in un corpo disarticolato e, allo stesso tempo, ipnotico nei suoi movimenti, accompagnati dall’eco di canti antichi. Una performance ancestrale, ipnotizzante e intensa messa in scena da Demetrio Castellucci, Guoda Jaruševičiūte e Vito Matera, sotto la direzione di Teodora e Agata Castellucci.
Per la sezione arte è proseguita la curatela di Davide Ferri, in collaborazione con Miral Rivalta. Anche le arti visive sono dal vivo con Ipercorpo, con gli artisti in presenza e in dialogo insieme al curatore e al pubblico, in un’edizione che ha dato grande spazio alla pittura. Così, i due pittori Beatrice Meoni e Michele Tocca hanno raccontato dei loro pensieri d’arte sull’aria. «I soffitti del Tiepolo, le grandi visioni di figure aeree, sospese, aria che attraversa figura e corpo» per la prima, «Chardin, gli aliti, i piccoli fumi di paesaggi sublunari» per il secondo. Meoni ha impresso sulla tela la nuova percezione di un corpo in caduta. Invece, Tocca ha condensato l’aria con la sua pittura dal vivo, osservandone la trasformazione con curiosità e fascinazione: le stesse sensazioni che affiorano guardando i suoi dipinti sulle pareti di EXATR.
Filippo Tappi e Nicola Samorì hanno trattato l’aria concretizzandone il movimento con un’installazione e una grande scultura. Questa seconda, intitolata Artaud (2021), materializza un corpo piegato come una piuma ma col peso di una carne pietrificata. Questo è il lavoro che fa da simbolo al festival, la sua l’immagine-manifesto, presentato nella cornice dell’Arena Forlivese. Svelate una dopo l’altra, le opere sono andate a comporre questa “partitura”, come l’ha definita Davide Ferri, di Ipercorpo: un insieme completo solo alla fine del festival.
Margherita Morgantin è ricorsa alle maniche a vento, un elemento ricorrente nella sua pratica artistica e che viene dalla sua attenzione al clima, dal suo interesse per la meteorologia. Anche l’esperienza personale è tassello dell’opera: una storia di profughi in viaggio su acque spaventose. Così, le maniche a vento come «Segnalatori sensibili e soli», hanno ridisegnato lo spazio attraverso l’aria, con un gesto leggero ma carica di significato. Gregorio Botta ha orchestrato l’aria in un soffio che smuove le pagine bianche di libri ancora non scritti.
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