Il corpo è altrove e restituito
al suo tempo. Luogo e frontiera definitiva del passaggio sono 13 embalmer’s
stone bianchi, lucidi, appesi alla parete, disposti in modo seriale: tavoli
sgombri in cui calibrate tracce di sangue (sottili linee di smalto rosso) testimoniano,
intorno allo scarico di metallo cromato, un decesso già avvenuto.
Con A sad bit of fruit pickled in the vinegar of grief l’artista presenta
la pubblica sconfitta di un corpo (adorato, curato, prodotto, migliorato, desiderato,
tutelato e violentato, fotografato, mitizzato, deificato) e rifiuta la sua trasformazione
in materia immortale: custodia e protezione dell’anima, secondo le pratiche di
imbalsamazione. Forse i valori hanno
come limite la vita?
L’artista rinuncia al primato
dell’organismo biologico, all’obbligo assoluto della salvaguardia della vita
umana, e sceglie di guardare a un’entità esterna, alla possibilità di un senso
al di fuori del corpo. Kara Tanaka denuncia questo sistema di verità e sembra
reagire al pensiero di Hervé Juvin: “Un
crescente numero di artisti non accetta che la parola fine figuri sulla loro
opera. Questo rifiuto è premonitore, perché così rifiutano l’arrivo della realtà,
del fatto e del tempo. Ciò che è intollerabile è che qualcosa sia successo, che
sia irrimediabilmente finito. È il reale che è intollerabile”.
In mostra nella pattern room della Collezione Maramotti,
13 strutture realizzate in fiberglass e resina, allestite “come cornici” sulla
parete bianca con cunei in acciaio verniciato rosso che ne consentono l’inclinazione
graduale e ne riflettono un luminoso alone colorato. È la messa in scena, pubblica
e consapevole, di un pellegrinaggio
collettivo, il layout astratto di uno spazio funerario: un tema a dir poco raccapricciante.
Ma Kara Tanaka, grazie alla ripetizione modulare degli elementi, alla
delocalizzazione (di nome e di fatto) e all’utilizzo di materiali tecnologici e
inconsueti, libera l’opera dal carattere lugubre e tetro originariamente pronosticato.
Un progetto intenso, inquietante
e di grande impatto visivo, che tiene volutamente a distanza ma chiede allo
stesso tempo uno sguardo attento e una personale riflessione. Per usare quella
(prettamente linguistica e provocatoria) di Philip Roth, “la fine, che
è una certezza, non dev’essere per forza annunciata con spavalderia”.
federica bianconi
mostra visitata il 24 ottobre
2010
dal 23 ottobre 2010 al 31 gennaio 2011
Kara Tanaka – A Sad Bit of Fruit. Pickled in the
Vinegar of Grief
Collezione Maramotti – Max Mara
Via Fratelli Cervi, 66 – 42100 Reggio Emilia
Orario: giovedì e venerdì ore 14.30- 18.30; sabato e domenica ore 9.30-12.30 e
15-18 (chiuso dal 1° al 25 agosto)
Ingresso libero
Catalogo con testo critico di Mario Diacono
Info: tel. +39 0522382484; fax
+39 0522934479; info@collezionemaramotti.org; www.collezionemaramotti.org
[exibart]
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