03 dicembre 2010

fino al 31.I.2011 Kara Tanaka Reggio Emilia, Collezione Maramotti

 
In un mondo dominato dal potere del corpo, Kara Tanaka parla di rifiuto del desiderio d’immortalità. Non documenta la morte, ma il morire. E lo rappresenta materialmente...

di

Oggetto della personale di Kara Tanaka (Modesto, California, 1983;
vive a Los Angeles) è l’esplicazione in senso formale di un passaggio di stato senza dolore e senza
sovversione: solido poi liquido poi… pura energia. Tempo è il memento mori, materia solida è il corpo
umano (nell’opera già assente), liquido è il sangue, metafora vitale, vuoto è l’anima
espulsa dal suo organismo, autentica luce.

Il corpo è altrove e restituito
al suo tempo. Luogo e frontiera definitiva del passaggio sono 13 embalmer’s
stone
bianchi, lucidi, appesi alla parete, disposti in modo seriale: tavoli
sgombri in cui calibrate tracce di sangue (sottili linee di smalto rosso) testimoniano,
intorno allo scarico di metallo cromato, un decesso già avvenuto.

Con A sad bit of fruit pickled in the vinegar of grief l’artista presenta
la pubblica sconfitta di un corpo (adorato, curato, prodotto, migliorato, desiderato,
tutelato e violentato, fotografato, mitizzato, deificato) e rifiuta la sua trasformazione
in materia immortale: custodia e protezione dell’anima, secondo le pratiche di
imbalsamazione. Forse i valori hanno
come limite la vita?

L’artista rinuncia al primato
dell’organismo biologico, all’obbligo assoluto della salvaguardia della vita
umana, e sceglie di guardare a un’entità esterna, alla possibilità di un senso
al di fuori del corpo. Kara Tanaka denuncia questo sistema di verità e sembra
reagire al pensiero di Hervé Juvin: “Un
crescente numero di artisti non accetta che la parola fine figuri sulla loro
opera. Questo rifiuto è premonitore, perché così rifiutano l’arrivo della realtà,
del fatto e del tempo. Ciò che è intollerabile è che qualcosa sia successo, che
sia irrimediabilmente finito. È il reale che è intollerabile
.

In mostra nella pattern room della Collezione Maramotti,
13 strutture realizzate in fiberglass e resina, allestite “come cornici” sulla
parete bianca con cunei in acciaio verniciato rosso che ne consentono l’inclinazione
graduale e ne riflettono un luminoso alone colorato. È la messa in scena, pubblica
e consapevole, di un pellegrinaggio
collettivo, il layout astratto di uno spazio funerario: un tema a dir poco raccapricciante.
Ma Kara Tanaka, grazie alla ripetizione modulare degli elementi, alla
delocalizzazione (di nome e di fatto) e all’utilizzo di materiali tecnologici e
inconsueti, libera l’opera dal carattere lugubre e tetro originariamente pronosticato.

Un progetto intenso, inquietante
e di grande impatto visivo, che tiene volutamente a distanza ma chiede allo
stesso tempo uno sguardo attento e una personale riflessione. Per usare quella
(prettamente linguistica e provocatoria) di Philip Roth, “la fine, che
è una certezza, non dev’essere per forza annunciata con spavalderia
.

federica bianconi

mostra visitata il 24 ottobre
2010


dal 23 ottobre 2010 al 31 gennaio 2011

Kara Tanaka – A Sad Bit of Fruit. Pickled in the
Vinegar of Grief

Collezione Maramotti – Max Mara

Via Fratelli Cervi, 66 – 42100 Reggio Emilia

Orario: giovedì e venerdì ore 14.30- 18.30; sabato e domenica ore 9.30-12.30 e
15-18 (chiuso dal 1° al 25 agosto)

Ingresso libero

Catalogo con testo critico di Mario Diacono

Info: tel. +39 0522382484; fax
+39 0522934479; info@collezionemaramotti.org; www.collezionemaramotti.org

[exibart]

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