Maria Dias, Dance in the desert, 2023, 35mm film
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Maria Dias.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Nel contesto del mio lavoro fotografico, considero l’arte come un potente mezzo per esprimere il femminile, catturare l’autenticità e ritrarre le dinamiche in evoluzione dell’autoconsapevolezza e della libertà di espressione. Attraverso il mio obiettivo, miro a rendere pubblico il privato, facendo luce su narrazioni diverse e sfidando le rappresentazioni tradizionali».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Nell’esplorazione dell’identità, trovo ispirazione nella semplicità della vita, nel riconnetterci con le nostre origini e nel promuovere una profonda connessione con la natura e il corpo umano. Questi elementi diventano parte integrante del mio lavoro, offrendo uno spazio contemplativo dove l’essenza dell’identità si intreccia con i ritmi organici della vita. È un viaggio di ritorno alle verità fondamentali, sottolineando l’interconnessione tra l’umanità e il mondo naturale e l’esplorazione di sé, dando forma a una narrazione che risuona con semplicità e senso di radicamento».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«L’importanza dell’apparizione sociale e pubblica nel mio lavoro è significativa in quanto funge da piattaforma per amplificare le narrazioni, sfidare le norme sociali e coinvolgere gli spettatori in un dialogo attorno a temi riguardanti l’essenza della femminilità, dell’autenticità e dell’autoconsapevolezza. In un mondo ancora fatto da uomini per uomini, trovo di grande importanza includere il dialogo femminile».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«In quanto passeggero transitorio nella frenetica evoluzione dell’esistenza umana, il mio valore di rappresentazione come artista è strettamente intrecciato con la comprensione e la reinterpretazione del passato e la sua influenza sul contemporaneo. Mi sforzo di creare una prospettiva sfumata e in evoluzione su come gli individui percepiscono se stessi in questo mondo in continua evoluzione».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Sì, mi definisco un artista agli occhi del mondo, riconoscendo che i miei sforzi creativi, soprattutto attraverso la mia fotografia, contribuiscono al dialogo che trascende la vita quotidiana, approfondisce le emozioni intime e funge da riproduzione della mia identità in come Mi presento al mondo».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Sebbene la mia identità culturale e pubblica sia profondamente apprezzata, apprezzo la diversa ricchezza delle identità. Se dovessi sceglierne un altro, potrebbe essere radicato in un vibrante patrimonio culturale che promuove un profondo legame con le tradizioni, un forte senso di comunità e una celebrazione della prospettiva femminile».
Maria Dias, nata in Portogallo nel 1986, è una fotografa cinematografica e architetto con sede a Zurigo, Svizzera. Utilizzando pellicola 35mm e medio formato, si concentra sul corpo femminile, esplorando i paesaggi interiori dei suoi soggetti. Il suo portfolio comprende pubblicazioni su Fisheye Magazine e “best of the year” di Carmencita Film lab, oltre a mostre in mostre collettive presso m|i|mo Portugal, Imagenation Paris, Imagenation New York e Agitate Gallery di Edimburgo.
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