Chiedere a un ventenne chi era Francesca Alinovi, storica e critica dâarte, intellettuale militante, dalla mente innovativa e dallo sguardo pioneristico e internazionale negli anni compresi tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, uccisa barbaramente nel suo appartamento di Bologna il 12 giugno del 1983, è una folle pretesa, poichĂŠ il suo nome per colpa della casta di professori-baroni e della cultura maschilista, è scomparso dai manuali di storia dellâarte contemporanea o da altri testi di critica dellâarte.
Ci voleva questo libro, onesto, rigoroso e lucido âdiâ e non âsuâ Francesca Alinovi, a cura di Matteo Bergamini (giornalista, critico dâarte), Veronica Santi (regista, scrittrice e critica dâarte), a riabilitare la sua fervente attivitĂ intellettuale volutamente dimenticata dalla consorteria accademica e altri addetti ai lavori, poichĂŠ la professoressa del DAMS di Bologna, post mortem era diventata un âcaso giudiziarioâ scomodo da romanzo dâappendice, dalle fosche tinte, oggi diremmo vittima di un femminicidio efferato, da dimenticare.
Il libro a cura di due giovani critici dâarte, attivi nellâambito della comunicazione delle arti visive del presente, impegnati sul fronte del recupero di protagonisti culturali del passato, senza inciampare nello storicismo, comprende una raccolta mirata di articoli apparsi su riviste, giornali e cataloghi dal 1976 al 1983.
Saggi, recensioni, alcune inedite e interviste sono state selezionate secondo un criterio di attualitĂ , in relazione alle vicende dellâarte contemporanea degli ultimi quarantâanni, ponendoci una domanda sottesa: quale ereditĂ ci ha lasciato Francesca Alinovi (1948-1983)?
Considerando che il volume Lâarte mia, edito nel 1984, ristampato nel 2001, rimasto fino ad oggi lâunica testimonianza del suo lavoro di esploratrice del nuovo, negli anni della contaminazione tra tecnologia e arte e dellâattraversamento con leggerezza delle avanguardie storico-artistiche, viene da chiedersi âchi ha avuto pauraâ di Francesca Alinovi? Dotata di una solida formazione accademica, specializzata in Arte Contemporanea con Renato Barilli, diventata ricercatrice al DAMS, e professoressa nel rinnovato ruolo di âperformer del pensiero criticoâ che ha tentato di sprovincializzare lâItalia da paludamenti convenzionali, dava fastidio a molti, poichĂŠ questo è il caso in cui il discepolo supera il maestro.
Alinovi, prese le distanze da condizionamenti âaccademiciâ, diligente, colta, docente rigorosa, diventa curatrice e co-curatrice indipendente di mostre specchio dellâepoca, come la Settimana internazionale della performance alla Galleria Comunale dâArte Moderna di Bologna, dal 1977 al 1982; Pittura- Ambiente, Milano, Palazzo Reale, 1979; Dieci anni dopo. I Nuovi nuovi, Bologna, Galleria Comunale dâArte Moderna, 1980; The Italian Wave, New York. Con ORA! a Pescara, Studio Cesare Manzo; con Registrazione di frequenze, Bologna Galleria Comunale dâArte Moderna, 1982, e Una generazione postmoderna, Milano, Palazzo Reale, 1982 compie il salto nellâeccentrico horror vacui negli anni Ottanta.
Francesca Alinovi diventa performer del suo sguardo e pensiero sullâarte, dotata di una fisicitĂ inquietante sapientemente avvalorata da un abbigliamento New-Wave, si âcostumizzaâ secondo la moda di quegli anni e diventa personaggio.
Per capirci meglio basta guardare come si vestiva nelle fotografie pubblicate nel libro, gli ambienti che frequentava, come si atteggiava, gli arredi del suo appartamento a Bologna. Francesca in breve tempo nasce da se stessa, e il suo guardare-pensare coincide con il suo fare per lâarte, dove il confine tra visione critica e sensibilitĂ artistica si compenetrano vicendevolmente.
Lâunica pecca per una mente cosĂŹ poliedrica, curiosa e iperattiva, facile alla noia, nomade per vocazione, mai convenzionale per una cacciatrice di nuovi linguaggi artistici, allâepoca è stata di essere una donna blindata in un panorama culturale profondamente maschilista in Italia; poi libera di muoversi e spiccare il volo a New York, dove ha sperimentato una modalitĂ di vivere lâarte a fianco di chi la produce (artisti) o di chi la mostra (galleristi), quando forse inconsapevole della sua metodologia critica di investigatrice del presente sul campo, diremmo da âinviata specialeâ di nuovi linguaggi artistici, andando a trovare dove, chi, come e perchĂŠ questi fenomeni si sono prodotti, principalmente attraverso lâintervista. Una pratica perseguita poi da migliaia di storici e critici dellâarte contemporanea, Hans Ulrich Obrist su tutti.
Tornando allâattualitĂ del libro, sul piano scientifico-metodologico, è stata una scelta giusta suddividerlo in due parti, Arte mia e Arte di Frontiera, due titoli, o meglio slogan, coniati dalla stessa Alinovi, comprensivi di recensioni e altri testi che rispecchiano il suo stile âgiornalisticoâ, dal taglio interdisciplinare schietto e mai retorico, anche nei testi risalenti al suo periodo di specializzanda al DAMS di Bologna.
Da subito cattura la sua predisposizione a captare il nuovo in Italia, in anticipo sui tempi, fiuta corrispondenze tra generi e linguaggi nellâambito del design, nella musica, ovviamente nelle arti visive, nellâarchitettura e soprattutto intercettando il potenziale espressivo ed estetico dei fumettisti e illustratori, ampiamente riconosciuto nel nuovo millennio.
Nella seconda parte del libro dalla copertina choc color giallo-senape, nella quale fluttua sospesa lâinquietante silhouette rigorosamente black di Francesca, Mary Poppins in versione dark dallo sguardo corvino e penetrante come quello di una sciamana dai poteri misteriosi, sono stati accorpati gli scritti cosiddetti âdi frontieraâ (fisica e intellettuale), un termine ricorrente nei suoi scritti, indice di una mente sempre aperta a monitorare il nuovo a New York, lĂ dove si era originato in contesti non âaddomesticatiâ, come la black-graffiti, raccontati con reportage avvincenti che raccontavano lâarte nascente nelle aree decentrate della Grande Mela, dove allâepoca â diciamolo â per una giovane donna, bianca, avventurarsi nel Bronx o altre aree emarginate, non era poi cosĂŹ scontato.
Da leggere sono le interviste con domande piĂš articolate delle risposte di artisti come Keith Haring e Rammellezee, che si definiva un âmaster killerâ a capo di una banda armata di artisti.
DellâAlinovi stupisce la straordinaria lungimiranza del movimento Enfantista (1983), nato sulle pagine della rivista Flash Art, comunicato attraverso un manifesto ufficiale, ispirato allo strumento principe delle avanguardie storiche-artistiche del Novecento. Ă un documento da rileggere con attenzione, poichĂŠ si trovano i codici tuttâaltro che effimeri dellâattuale mediatizzazione e riproduzione in rete di fenomeni artistici e lâossessione di protagonismo attraverso i nuovi social (instagram, Tik-Tok, eccetera).
Gli Enfatisti cominciano ad esistere con la mostra ORA!, nel 1981 nello studio Cesare Manzo a Pescara, sulla scia della New e No-Wave. Alinovi inscena una mostra post-esistenzialista, allâalba della globalizzazione, da vivere nellâistante della visione delle opere di diversi artisti (anagraficamente attorno ai 20 anni), in cui lâarte si vive anche come un grande party: uno show eccitante capace di creare dipendenza che riproduce lâatmosfera eccentrica del mitico Studio 54 di New York o altri locali di tendenza.
Nel manifesto scrive Alinovi: âQuesti artisti fanno, invece, una attualitĂ antiarchelogica ed extramuseale: non câè nulla da conservare perchĂŠ non câè piĂš quasi nulla da fare: esiste solo il fare nulla , o il fare qualcosa che è men del nulla, e che solo un attimo starĂ lĂŹ; poi non ci sarĂ piĂšâ (pag 255).
In queste parole tra le righe si scorge quellâ âiperspazioâ immaginifico in cui dentro e fuori, aperto e chiuso si specchiano, nellâepoca digitale, presa dallâossessione di uscire dal tempo, dâiscriversi in un eterno presente, di una espansione oltre i limiti della materia in cui lâimmagine prende corpo e voce in rete per diventare lâoggetto e il feticcio di culto di una generazione annichilita dalla cultura del narcisismo.
Conclude il libro una sorta di testamento poetico di Francesca Alinovi, tratto da una registrazione sbobinata del 11 giugno 1983, il giorno antecedente il suo omicidio, quando lâautrice si racconta al Circolo degli Artisti di Bologna in occasione dellâuscita del numero speciale di Iterarte Arte di Frontiera 0.1.2, dedicato alla sua carriera, di una esploratrice dalla scrittura brillante, avida di internazionalismo, affascinata da New York, consapevole che lâarte è sempre stata prima europea e poi cosmopolita, e della fortuna di essere una italiana nel mondo.
Questo manuale di investigazione degli anni del post moderno, nellâambito culturale ed artistico è consigliato ai docenti di corsi di storia dellâarte contemporanea. PerchĂŠ se non si divulga il pensiero critico di Francesca Alinovi, tralasciando le questioni di genere, si condannerĂ ancora allâoblio. Bergamini e Santi contro la damnatio memoriae, scrupolosi divulgatori accorpano i suoi scritti, da leggere come testimonianze autentiche di una donna fedele al suo pensiero, capace di cogliere nelle vicende transitorie, barlumi di eternitĂ nellâecclettismo delle forme delle arti visive.
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