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Un velo sull’antico: i Miaz Brothers sfidano il potere dell’occhio umano

di - 24 Aprile 2021

I Miaz Brothers, duo artistico formatosi a Milano e attivo tra l’Italia e la Gran Bretagna, tornano sulla scena artistica con la nuova personale “Past, Present & Imperceptible”, presso la Maddox Gallery, dal 20 maggio al 10 giugno 2021, visitabile online sul sito della galleria e in presenza al 9 Maddox street, Londra. I due artisti, nonché fratelli, conferiscono un’impronta olistica alla loro formazione e sperimentano mezzi di espressione artistica anticonvenzionale, compiendo numerose esperienze performative in luoghi urbani inusuali e collaborando con marchi iconici internazionali.

Nonostante gli approcci eterogenei, negli ultimi anni i Miaz Brothers hanno rivolto la loro attenzione al linguaggio pittorico, mezzo che esprime al meglio la loro essenza, attraverso cui riescono a scandagliare la transitorietà dell’esistenza umana. Le loro creazioni riescono a rivoluzionare il modo di intendere la ritrattistica, demolendone i meccanismi di rappresentazione e costringendo lo spettatore a compiere uno sforzo visivo “attivo” nella percezione e nel processo di identificazione, per andare oltre la comprensione della realtà.

Il tutto si traduce nel loro marchio distintivo fatto di colori acrilici e strati di vernici aerosol che sembrano liquefarsi sulla tela in un pulviscolo nebuloso e sfocato. Lo scopo è quello di andare contro il principio “accademico” di riconoscibilità e di mimetismo, obbligando l’osservatore a creare da solo un’immagine rendendo, di fatto, la percezione la sola artefice.

L’argomento potrebbe risultare ostico da digerire, in quanto l’azione istintiva dell’occhio umano è proprio quella del riconoscimento; tuttavia, di fronte a queste opere, un velo di cataratta ci rende inaccessibile il dipinto, ma allo stesso tempo lo trasforma in attraente, esponendoci a un continuo esercizio. In quest’ultimo corpus di opere gli artisti compiono un’ulteriore e più ardua sfida, sempre rivolta ai loro spettatori, in cui selezionano come soggetto artistico famose opere dei grandi maestri del passato e visioni di scene a lume di candela. Il riconoscimento, quindi, avviene attraverso lo sforzo, come una «ginnastica visivo-mentale dell’attività mnemonica» su cui fare affidamento per identificare celebri opere antiche. Come gli stessi artisti dichiarano «ti viene chiesto di impegnarti a livello fisico avvicinandoti e allontanandoti per decodificare quello che vedi. Quando la memoria inizia a manifestarsi e i pensieri iniziano a prendere forma, le emozioni nascono insieme alla possibilità di riflessione», ottenendo una risposta incompleta, mutevole ma personale.

In questo gioco di percezione sempre in divenire riescono a conferire anche ai soggetti artistici più conosciuti e riconosciuti da tutto il mondo la sostanziale impressione non solo di un punto di vista ma anche di un soggetto in divenire e non del tutto appreso, che ha come spazio vitale quello della decodificazione soggettiva. La mancanza di dettagli e particolari celati al di sotto di questo banco di nebbia svela, infine, allo spettatore quale sia la vera essenza dell’opera: come l’anima si stacca dal corpo ma resta eterna, così per gli artisti è l’essenza che si vuole mantenere, regalando all’osservatore un momento intimo di raccoglimento, risvegliandone i meandri più sensibili.

Lo spettatore contribuisce, grazie all’espediente dell’indeterminazione delle forme, a riscrivere l’opera, a reinterpretarla e a protrarre un processo creativo infinito attraverso i secoli, durante i quali artisti come Caravaggio o Rembrandt rimangono illustri e simultaneamente investiti da nuovi punti di vista.

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