Quello del Sonarsound all’Auditorium doveva essere, nelle intenzioni degli organizzatori, un evento senza precedenti, il primo ad unire in un’unica grande manifestazione le tre sale del Parco della Musica.
Purtroppo però l’organizzazione del programma (l’intero ciclo di nove performance si è svolto nel sofferto arco di quattro ore) ci ha costretto a dover scegliere tra l’uno e l’altro: o Ikeda o Shneider TM o Martusciello, tanto per fare un esempio. Peccato, perché avere in una sola sera e in un unico grande evento Ryoji Ikeda (Jap), Matthew Herbert (Gb), Jemie Lidell (Gb), Schneider Tm (Ger), Tujiko Noriko (Jap), Mass (Ita), Frame (Ita), The Puppetmastaz (Ger), Danilo Rea e Martusciello (Ita) non è cosa da tutti i giorni.
Tutto era iniziato la sera precedente, sabato 29, al Brancaleone, con il prologo della manifestazione. Ma essendo appunto di sabato e in uno dei posti più frequentati della capitale è stato un prologo poco riconoscibile, mimetizzato bene, anche per il carattere di Si-begg e Dj Sideral in una notte dalle tinte dance-mondane.
Passiamo quindi a domenica e al nostro personale percorso all’interno dell’Auditorium Parco della Musica. Dopo un breve e piacevole ascolto del lavoro di Danilo Rea e Martux-m, che hanno reinterpretato in modo molto particolare, fra pianoforte e strumenti elettronici, la seconda sinfonia di Mahler, eccoci seduti di fronte al palco vuoto dove si sarebbe dovuto esibire R.Ikeda. Ma Ryoji, intravisto nei corridoi, non compare mai sul palco; al suo posto, su un enorme schermo, sarà proiettato Formula, il suo ultimo lavoro. Un audio-video molto bello che sembra completare in senso estetico e anche politico i suoi precedenti lavori (ma dove era il live?).
Perse nostro malgrado le performance di Schneider Tm e dei Puppetmastaz, ci siamo spostati nella sala Santa Cecilia per la seconda parte del live di Jamie Lidell. Il compagno d’avventure di Christian Vogel nei Super Collider si è esibito in un abile gioco di campionamenti della sua voce, offrendo prova di quella vena soul-funk che lo distingue da anni in ambito elettronico. Finito Lidell, eccoci ad uno dei momenti clou della serata: The Mattew Herbert Big Band. Chi avesse voglia di sentire una
La gente però ha applaudito in modo prolungato. Questo a riprova del fatto che alla fine la formula di questa manifestazione ha funzionato bene e che bisognava soddisfare esigenze di un pubblico vasto ed eterogeneo.
Rimanevano la T.Noriko in una sala e gli italiani Frame e Mass nell’altra. Per ragioni spassionatamente campanilistiche ho deciso di seguire i live di questi ultimi, leggermente interdetto per ciò che riguarda i primi, sia per la musica che per i video a cura di Nina Di Majo, più convinto invece per quello che riguarda Mass e Bianco-Valente, sempre rispettivamente musica e visuals.
Poi tutti a casa, con un po’ di amarezza per aver perso, nonostante le corse fra una sala e l’altra, più o meno la metà dei concerti.
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E' stata veramente una poco brillante idea concentrare tutti questi concerti in un' unica serata costringendo ad una scelta forzata fra artisti assolutamente eterogenei, ma a mio avviso tutti degni di nota.Poco brillante anche l'idea di far entrare gente sopra la capienza delle sale, costringendo molte persone a seguire i concerti in piedi, contrariamente a quanto veniva detto sul sito dell'Auditorium, ossia che si sarebbe permesso l'ingresso fino a esaurimento posti.
Come al solito Roma dimostra poca dimestichezza nell'organizzazione di grandi eventi.E stavolta non è certo colpa degli spazi a disposizione, ma dell'inesperienza degli addetti ai lavori.