Categorie: Personaggi

AMY WINEHOUSE COME MARYLIN

di - 24 Luglio 2011

La mostra dal titolo New Paintings for Modern Times riprendeva l’iconografia Pop, – dalle sagome stilizzate, le ampie campiture di colore ed, a tratti, il riapparire del retinato della stampa, così nella migliore tradizione Pop angloamericana – aggiungendo a quell’iconografia la scelta tipicamente british di proporre una koiné inglese fatta di star non celebrate dall’universo statunitense, quali Brigitte Bardot e Anna Karina, cui aggiungere una star della musica (oltre, come dicevamo, una star e del costume). In altre parole, quell’immaginario nato con This is Tomorrow, alla Whitechapel di Londra, del 1956, riprendeva la musica, espressività centrale del Pop inglese, in una nuova versione femminile. Dopo i Beatles di Peter Blake, ora Amy Winehouse nelle opere di Gerald Laing. The Kiss è certamente una delle più note delle opere di Laing dedicate alla Winehouse: Amy è presa da un bacio appassionato, spontaneo con Blake Fielder-Civil, allora ancora suo marito, già in carcere per un’aggressione provocata in un pub ed aver ostacolato “il normale corso della giustizia”. Un bacio romantico, rubato in uno scatto fotografico da un paparazzo per una rivista scandalistica. Insomma un contesto Pop perfetto per una anti-star. Quell’amore si è trasformato in una tortura, come nelle migliori tradizioni delle Star americane (Marylin su tutte). Blake l’ha denunciata per stalking a causa delle centinaia di sms che gli inviava nel tentativo di ricomporre una relazione compromessa dalla droga e dall’alcol. Uno stato depressivo che molto probabilmente si cela al fondo della sua precoce morte intercorsa ieri sera (23 luglio) nella bellissima casa di Camden Square. Una donna disperata e passionale, Amy Winehouse, e al contempo istrionica, divertente, ironica, diversa anche nel modo di cantare con voce profonda e graffiante, che le è valsa il paragone con figure femminili della jazz e soul molto diverse tra loro, quali ad esempio Sarah Vaughan e Macy Gray. E’ difficile pensare a lei come ad una icona Pop. E’ difficile che una cantante lo sia. Lo sono certamente Madonna, Lady Gaga, in quanto donne di spettacolo; è particolarmente complicato incarnare l’aura della Star in un vero talento musicale.Amy Winehouse lo era. Era un talento naturale. Ha esordito da giovanissima con un gruppo divertente in stile rap, che lei stessa definiva le Salt ‘n’ Pepa in versione bianca ebraica: le Sweet ‘n’ Sour, as Sour. E poi il passaggio alla musica colta: rhythm and blues della migliore tradizione con forti venature jazz e soul. Quindi, una icona per l’arte, malgrado un’immagine del tutto priva di qualità estetiche ricercate o di brama di “fama”, come nella migliore tradizione cinematografica.


Una presenza scomoda, invece. Non era una Pin Up, come la Bardot, come la Karina, Kim Novak, Sabrina, Gina Lollobrigida, Anita Ekberg, Sophia Loren, Bettie Page o le altre Pin Up amate dai Pop artists inglesi. Era una rock star: tutt’altro mondo, vita spericolata e convulsa che le ha fatto attraversare dipendenza dalla droga, depressione, bulimia e anoressia. Il paragone più semplice ed opportuno sarebbe potuto essere con Janis Joplin. Ma il mondo di Amy Winehouse è stato certamente più complicato di quello della cantante americana: arresti, denunce, processi. Scomoda anche per i discografici. Amy Winehouse conta il più alto numero di concerti cancellati. La sua ultima apparizione pubblica risale a mercoledì scorso sul palco dell’iTunes festival di Londra accanto alla figlioccia 14enne Dionne Bromfield. Dopo un lungo periodo di pausa dovuta alle condizioni di salute, il suo ultimo concerto è stato quello del 18 giugno a Belgrado, davanti a ventimila persone accorse per la sua esibizione alla fortezza Kalemegdan, che su You Tube ancora la propone impietosamente completamente ubriaca, che barcolla, balla, si toglie le scarpe, canta senza microfono, fuori tempo, a volte seduta su un monitor da palco dando le spalle al pubblico, esposta ai fischi degli spettatori. Dopo quella data, che avrebbe dovuto segnare il suo ritorno sulla scena, è arrivata la cancellazione dell’intero ciclo di concerti. Tra questi anche quello del 16 luglio scorso che l’avrebbe vista al Summer Festival di Lucca.  Non era certamente una Pin Up, però le amava: ne aveva alcune tatuate sul corpo. Un mondo spensierato che appartiene ai fumetti, mentre la musica era quella della lotta con la vita,

come nel suo successo commerciale più importante, Rehab, col quale si aggiudicò ben 3 Grammy Award (nelle categorie Record of the Year, Song of the Year e Best Female Pop Vocal Performance): “They tried to make me go to rehab but I said ‘no, no, no’ / Yes I’ve been black but when I come back you’ll know know know / I ain’t got the time and if my daddy thinks I’m fine / He’s tried to make me go to rehab but I won’t go go go”. E quindi, una vita anti-star, senza limite, spericolata, votata a vivere intensamente ogni attimo senza compromessi. In occasione della presentazione della sua mostra, Gerald Laing disse: “C’è molto di affascinante in Amy Winehouse. Ha un grande talento e una personalità molto interessanti. Ha una vena autodistruttiva che trovo particolarmente interessante. Siamo tutti stati autodistruttivi ad un punto della nostra vista. E’ come un calcio in faccia alla mortalità. E’ una posizione che molte persone di talento hanno preso”. Proprio quel calcio alla mortalità è quel confine mai chiuso, né nella musica, né nella vita, è stato il tratto principale della sua qualità di artista della voce. Il sorriso di Marylin, ambiguo nel ritratto che ormai conosciamo attraverso Warhol, non corrisponde a un altro tratto somatico della Amy Winehouse di Gerald Laing. Ma è quel gesto naturale, quel bacio intenso, disinteressato, coinvolto, rubato al caso, in una posizione un po’ sghemba proprio per la meraviglia di cogliere un gesto fuggente, a diventare un’icona Pop. Intenso forse come Il Bacio di Rodin, cui Laing si è ispirato per quell’opera. Ma la congiunzione dei due corpi, che in Rodin si trasforma in una fusione totale, in quella immagine grafica si trasforma in un gesto furtivo e poi intenso. Da un attimo all’infinito, sprofondando nell’intensità. Un nuova immagine per il mondo moderno, dove l’intensità non ha il connotato della stabilità, ma della precarietà, del transeunte. Quell’immagine Pop, oggi, fatalmente diviene un’icona non di una figura, ma di una passione, di cui Amy Winehouse è certamente la Musa ispiratrice. Così come appare ora dal suo sito web, oscurato nei contenuti biografici per l’evento luttuoso, mostra solo Amy, non da Pin Up, ma poetessa del rhythm and blues: lo sguardo intenso raccolto nell’immancabile make up scuro da Dark Lady, la bocca semichiusa, il manto di capelli neri striati di biondo, in un interno inglese, con un giradischi d’epoca e alcune copertine di 45 giri sul tappeto. Una donna degli anni ’50. In quell’epoca che anticipava l’esplosione del Pop: gli swinging sixties, gli anni dell’arte, la moda e del rhythm and blues, proprio dove Gerald Laing voleva collocarla.

a cura di angelo capasso

[exibart]

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