Categorie: Personaggi

MA QUANTO MIAMI!

di - 4 Dicembre 2009
Nella zona di Downtown Miami
avete inaugurato un nuovo edificio che ospiterà parte della collezione Rosa e
Carlos de la Cruz. Perché?

A dir la verità non lo considero
un nuovo spazio ma un’estensione della nostra casa di Key Biscane, che è
diventata uno spazio veramente pubblico. Molti non capiscono come sia possibile
aprire casa a chi sia interessato a vedere una collezione, ma noi continuiamo a
farlo da quindici anni! Non credo nelle collezioni serrate nei caveau, ma nella
responsabilità del collezionista alla divulgazione.

Quale la mission della vostra
attività?

Credo che con il tempo la nostra
collezione si sia storicizzata, e riguardi tanto l’oggi quanto il domani. Non
ha senso solo comprare e accumulare, come fanno molti. Oggi gli artisti sono
più interessati al processo che al prodotto finale, più ad appropriarsi e
rielaborare che a essere originali a tutti i costi. In fondo, siamo tutti
immersi nell’era del consumo e dell’utilizzo di immagini digitali. Noi vogliamo
esser pronti a documentare e catturare cosa succede.

Il nuovo spazio un museo
privato con tanto di programmazione, biglietto d’ingresso, curatori e direttore?

Assolutamente no. Niente nome sulla facciata o
insegne, ma un billboard d’artista che cambierà nel tempo. Il primo è quello di
Felix Gonzalez-Torres, poi ruoteremo. E niente mostre: ce ne sono fin troppe in
giro! Invece stiamo pensando a un laboratorio di ricerca con una biblioteca ben
fornita che integri quella che abbiamo a casa. Così gli studenti potranno
accedere a entrambe. Ce n’è molto bisogno a Miami, dove purtroppo c’è solo una
biblioteca, quella della Rubell Collection. Qui i musei sono tutti nuovi e non
hanno queste risorse, e la biblioteca pubblica non ha nulla di contemporaneo. E
poi non mancheranno riviste d’arte contemporanea, fonte di informazioni
preziose, ma i cui abbonamenti, specie per gli studenti, risultano costosi.
Saranno circa 3mila metri quadrati, su tre piani, tutto nuovo di zecca.

Come la vostra casa, anche
questo è uno spazio creato per esser vissuto…

Sì, e sono molto ambiziosa a
riguardo. Non so quanto si materializzerà, anche perché non lavoro con tanto
personale, e cerco di sfruttare al massimo le risorse finanziarie, senza
sprecare nulla. Vogliamo soprattutto sostenere gli studenti e aiutarli a
conoscere e viaggiare. Almeno un 75% di questi ragazzi non ha mai messo il naso
fuori Miami. Anche il Moore Space aveva un residency program con cui mandavamo
giovani artisti a Berlino, Lione, Parigi, New York. Oggi se non si viaggia si è
perduti! Ad esempio, quando doniamo delle somme ai musei, chiediamo che vengano
destinate in primis ai viaggi dei curatori.

E la collezione? Com’è nata?
Come si sviluppa? Con quali criteri si fanno gli acquisti? Sono tutte
informazioni che troverete sul prossimo Exibart.onpaper. Insieme a qualche
riflessione sulla chiusura del Moore Space. Sì perché – oramai ci siete
abituati – questo è solo un assaggio d’una intervista ben più ampia. Tutta da
leggere davanti al camino, magari dopo esser tornati da Miami.

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a cura di micaela
giovannotti

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