Credo che la prima fiera che ha sviluppato una controparte legata al dibattito sia stata Arco a Madrid, che a partire dalla metà degli anni ’90 ha promosso a livello internazionale la formula di cui parli. Arco è stata l’unica fiera dove il dibattito aveva rilevanza sia da un punto di vista qualitativo -talvolta anche accademico e spesso in collaborazione con Università spagnole- che di pubblico. Le altre fiere mi sembra che abbiano proposto una versione molto più light di questo modello. I dibattiti inclusi nel programma, infatti, sono spesso un complemento all’attività commerciale della fiera stessa, a cui talora sono subordinati. Faenza è tutt’altro. Faenza fa dell’aspetto pedagogico, educativo, comunicativo della pratica artistica il centro. Il festival ha tutta un’altra dimensione rispetto alle fiere. L’interesse nei discorsi sull’arte appartiene a tutto il sistema dell’arte e in questi ultimi anni si è fatto evidente. Ma la presenza di un’istituzione come il festival dell’arte contemporanea, dedicata a questo, mi sembra un modello originale.
Facci entrare dietro le quinte del Festival. Come hai lavorato con Angela Vettese e Pier Luigi Sacco all’organizzazione? L’impostazione è più simile a un continuo brainstorming o vi siete divisi i compiti? Che aspettative hai?
Il lavoro con Pier Luigi e Angela è stato più che altro un brainstorming, come uno scambio di idee. Le aspettative? Naturalmente puntiamo a un’altissima qualità di tutti gli eventi. Vorrei che il festival risultasse al tempo stesso attraente sia per gli specialisti che per il pubblico curioso, che ancora non ha un rapporto intimo con l’arte contemporanea. Il festival deve essere uno spazio di diffusione dove gli addetti ai lavori possano scambiarsi delle idee, possano discuterne. È un’occasione importante per l’Italia, che permetterà al vasto pubblico di capire l’importanza che l’arte contemporanea ha per questo territorio, soprattutto per gli artisti giovani e gli studenti.
In sintesi, quali sono a tuo avviso i nodi più urgenti da sciogliere relativi all’attuale sistema dell’arte e che saranno affrontati al Festival?
Non bisogna dimenticare che il festival si propone come una serie di interventi intorno a un macro tema centrale: la tematica del Futuro Presente / Present Continuous. Capire quali sono i progetti che caratterizzeranno i prossimi due anni, la programmazione dei musei, delle scuole, le attività dei curatori coinvolti… E, attraverso questi, capire in che direzione sembra andare l’arte. È l’urgenza forte che muove il Festival dell’arte Contemporanea.
Alcune delle discussioni che il festival ospiterà -penso ai tre tavoli sulle pratiche curatoriali, che coinvolgeranno figure di spicco del mondo dell’arte e giovani curatori, di origine e obiettivi differenti, o i dibattiti tra curatori e artisti- porranno il problema della curatela e della critica in maniera sostanziale. Discutere delle pratiche curatoriali, dal momento che, come dici tu stesso, c’è sempre il rischio di creare una cesura tra i momenti di riflessione e quelli operativi, aiuta a capire i limiti, le potenzialità e le azioni da attivare in proposito, attraverso il confronto tra persone che condividono queste esperienze e che lavorano per superare le possibili fratture.
Infine: perché, a tuo avviso, proprio in Italia è stato organizzato un evento del genere, che almeno in Europa non ha eguali?
Sappiamo che l’Italia continua a essere una terra miracolosa dove succedono cose che altrove, dove pur ci sono istituzioni che agiscono in maniera più organica sull’arte contemporanea, non accadono. La dimensione del festival, matrice tutta italiana e di gran successo, ha permesso, a noi e all’organizzazione, di sviluppare una strategia che per il momento non ha eguali. In fondo, l’Italia è la terra di ciò che è straordinario…
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gilda e morimura mi sembrano molto superficiali, ho visto 3 interventi del festival (sono alla stazione di faenza...) e sono stati interessanti, direi inaspettati! Inoltre, non sarei mai venuto a faenza e sinceramente preferisco che sia stato fatto qui e non a Roma o Milano, con numerosi/rumorosi presenzialisti...
Insomma, non vorrei tirare conclusioni sul festival ma almeno riconoscerli l'ambizione di fare una cosa seria e utile.
più che un festival sembra un soviet...tutti schierati da una parte a dirsi quanto sono bravi...
ma con tutti i bei siti che abbiamo in italia..proprio in un posto squallido come faenza dovevano fare una cosa del genere? lì dell'arte nn gliene può fregare di meno..basta che gli date alcool a volontà e i faentini sn più che contenti.
caro ac, i tuoi commenti da avventizio tienili per te che non sai di cosa parli. Quello di Faenza è un raduno autocelebrativo di certo modo di fare arte che ha completamente escluso chi la pensa in maniera differente. Che lo facciano a Faenza o a singapore non me ne può fregar di meno, anzi, è forse l'unica buona idea che hanno avuto gli organizzatori, decentrare per evitare distrazioni e prezzi assurdi, ma se hai trovato qualcosa di interessante nel festival è evidente che per te l'arte è al più un hobby
guarda ac che il mio commento nn era sulla manifestazione...è sul posto..nel quale ho vissuto..mio malgrado...per 2 anni e mezzo..che la situazione sia interessante nn lo metto in dubbio anche perchè nn ci sono artisti locali...visto che a faenza ci sono solo malati di mente e tossici.