Sontuosa, mediatica ma anche tragica | Galleria Vezzoli

di - 28 Maggio 2013
Francesco Vezzoli versus Zaha Hadid, in un sofisticato dialogo tra il modernismo stravolto dall’architetto e la tradizione riletta e invocata dall’artista. “Un’impertinente violazione”: così Vezzoli ha definito il suo intervento nella galleria 3 del MAXXI, in occasione della sua antologica che si inaugura il 29 maggio. E l’ingresso alla Galleria Vezzoli (questo è il titolo della mostra, inserita in una trilogia che prosegue in autunno al MOMA P.S.1 di New York per terminare al MOCA di Los Angeles) è davvero spiazzante, ed evoca, attraverso un sottile e raffinato displacement, non tanto le atmosfere immobili e congelate di aristocratiche collezioni capitoline come la Doria Pamphilj o la Colonna, quanto il museo Getty di Malibu, una perfetta riproduzione della villa dei Papiri di Pompei nel cuore della California, concepita come  ambigua sinfonia di contrapposizioni tra vero e falso, copia e originale, kitsch e splendore, classicità e contemporaneità.
Un ideale punto di incontro tra Hollywood e Cinecittà, all’interno del fil rouge che collega Fellini con Canova, Canova con Bernini, Bernini con Michelangelo, e Michelangelo con Fidia e Prassitele. Vezzoli si inserisce volutamente in questo circolo luminoso con il suo “neo-neoclassicismo” (una felice definizione di Donatien Grau) , che affonda le radici in quella capacità di raccontare la decadenza del potere che va dal Gattopardo di Lampedusa all’Innocente di Visconti: una vocazione che il mondo riconosce in primis a noi italiani, in quanto eredi di un impero annegato in una dissoluzione esteticamente perfetta.  Ed è proprio quel disfacimento il territorio magico scelto da Vezzoli, il cantore sublime delle dive al tramonto, degli imperatori corrotti, delle star in rovina: un territorio protagonista della mostra, curata con passione, tenacia e professionalità da Anna Mattirolo, negli stessi giorni in cui Paolo Sorrentino presenta a Cannes La Grande Bellezza e un altro artista italiano, Rudolf Stingel, ha rivestito di tappeti orientali due piani di palazzo Grassi.
Se il displacement di Stingel evoca l’anima bizantina di Venezia, dove inserisce i suoi fantasmatici monocromi argentati come ectoplasmi contemporanei, Vezzoli va più a fondo, per misurarsi su temi ambigui e difficili come il rapporto con l’antico, l’artigianato, la dimensione profetica e tragica dei film di Pasolini, e ci invita a interrogarci sul rapporto che ognuno di noi ha con il successo, il divismo e i media. Argomenti sui quali noi italiani siamo sensibili e mai totalmente chiari con noi stessi, abituati alle esibizioni di ego ipertrofici, che rischiano di sprofondare ogni istante nel baratro del fallimento.
Un confronto con la vanità : questo è l’invito che Vezzoli propone al pubblico, con una mostra che interpreta in maniera perfetta gli spazi del Maxxi, creando un “museo nel museo” dove video e sculture, arazzi e ricami, manifesti e dipinti, fotografie e installazioni si trasformano in un sofisticato teatro sospeso tra passato e presente, dove ogni opera ci invita a riflettere, con una sorta di ironia tagliente e spietata, sulle contraddizioni del nostro tempo e, perché no, di noi stessi.

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  • Ma nei pezzi di pratesi c'è sempre la tragedia, la decadenza, la tristezza, la critica inferocita e mai serena alle porte?
    Mamma mia che depressione!

  • il trionfo del cattivo gusto..., un esempio evidente di chi si muove nel contemporaneo ma ha una visione conservatrice ed anche bigotta. Testori avrebbe amato Vezzoli e la sua nostalgia Julius Evoliana. Comunque credo che si sia raggiunto il massimo della decadenza in questo segmento dell'arte. Tanto altro e' a livelli interessanti in termini di appropriazione e citazione. Si guarda di piu' a Vito Acconci che a Carlo Maria Marian. Vezzoli conosci Carlo Maria Mariani????

  • Caro Ludovico,

    Ho letto pochi giorni fa il tuo pezzo su Sorrentino ed eccoti qui a scrivere proprio di Vezzoli...avrei voluto scriverti, mia faceva tenerezza la difesa dell'arte contemporanea e avrei proprio voluto citarti la mostra di Francesco al maxxi, con tutto lo "star system de noartri" lì intorno a celebrarlo...la decadenza... è quella esattamente descritta da Sorrentino. Non credi.
    La decadenza però Ludovico è un processo necessario alla rigenerazione, per cui ben venga, ma perolmeno non facciamo finta che non ci sia.

    Giovanni

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