La presentazione di Asilo Bianco. Environmental project comincia con una serie di parole chiave. Da “anima” a “turismo”, passando per “giardinaggio” e “riciclo”. Ci spieghi come fate a conciliare tutti questi aspetti?
L’idea è quella di rendere il progetto il più possibile interdisciplinare, quindi la lettura e l’interpretazione di una parola viene tradotta con diversi linguaggi espressivi. Il nostro gruppo si presenta molto diversificato e ognuno di noi ha delle specificità diverse che vanno dalla letteratura al cinema, dalla filosofia alla didattica, dall’ecologia all’arte.
Facciamo un passo indietro. Raccontaci dello spazio, della cittadina (Ameno è già un programma…), dello staff…
Lo spazio è la casa. Mia e del mio compagno di vita; oltre a questo, era il vecchio asilo comunale del paese di Ameno, situato sulle colline del Lago d’Orta. La struttura lentamente si anima, non solo con i lavori di ristrutturazione, ma anche con gli interventi di alcuni amici artisti che collaborano al progetto. Lo staff è molto diversificato e mobile, nel senso che dal gruppo iniziale abbiamo già perso degli elementi e inseriti altri. Mi piace quest’idea di una forma liquida. Non uno staff rigido e definito nei ruoli, ma tutti interscambiabili. E il piccolo abitato di Ameno.
L’idea è quella di intervenire al recupero di un paese che, come altre realtà decentrate, soffre di tutte le problematiche tipiche: spopolamento, mancanza di lavoro, abbandono delle case storiche, noncuranza dei beni architettonici e cosi via. La sfida è capire quanto la cultura o, meglio, un’operazione culturale può recuperare, reciclare (per usare un termine personale) un’identità. L’idea è quella di raccontare una nuova storia, che prende origine dal passato ma si proietta in un contemporaneità.
In che rapporti è questo progetto col tuo lavoro d’artista? Sicuramente si vede l’impronta della tua “poetica”, per esempio in una certa glocalità.
Il rapporto di questo progetto con il mio lavoro d’artista? Questo è anche un mio lavoro, un lavoro sulla società, nel rapporto delle dinamiche del gruppo, nell’accettazione dell’altro, nell’immersione decontestualizzata e non la galleria o il museo. Ma un paese, una realtà che potrebbe corrispondere a migliaia di altre. Con le migliaia di altre contraddizioni e incomprensioni. A volte penso alle città ideali dipinte e raccontate alla fine del Quattrocento, a quanta poetica, a quanto potere immaginifico solo nel pensarle. Credo che bisogni prima, anche solo utopisticamente, averla nella mente una nuova società, un pensiero cristallino, una nuova bellezza. Ed è anche vero che il piccolo paese si raffronta con problematiche globali, per focalizzare dei punti di osservazione sul mondo.
Veniamo infine alle attività. Si è cominciato a fine luglio con studi aperti, mostre, performance e workshop. A ottobre avete patrocinato una collettiva di giovani artisti sudafricani a Palazzo Tornielli, sempre ad Ameno. Per il futuro?
Le attività svolte fino ad ora sono state un modo per iniziare a raccontare una storia, per iniziare anche a interagire nel nostro gruppo e in questa realtà. I progetti per il futuro sono legati alla letteratura, alla narrazione e alla poesia. Una narrazione anche artistica o musicale. Vogliamo veramente iniziare a ri-descrivere il territorio. Inoltre ci interessa l’aspetto fabulistico, nel Lago d’Orta c’era un drago e di questo Lago ha scritto Gianni Rodari…
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www.asilobianco.it
intervista a cura di marco enrico giacomelli
[exibart]
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