Dani Karavan (1930-2021) era nato a Tel Aviv novant’anni fa ma già nel 1956 era a Firenze per apprendere la tecnica dell’affresco da Giovanni Colacicchi; qui scopre le opere di Cimabue, Giotto Paolo Uccello e Piero della Francesca e poi di Arnolfo di Cambio, Brunelleschi, Donatello, Michelangelo… Inizia così un percorso che lo porta in giro per mezzo mondo realizzando imponenti lavori spesso a metà strada tra l’architettura e la scultura: una perfetta osmosi supportata da una creatività sconfinata e una meticolosa perfezione nell’esecuzione.
La giovanile esperienza nei kibbutz lo porta a esercitare una certa manualità, ad apprezzare i frutti della terra e a coltivare quell’anelito di comunione e di pace che poi sono alla base di tutte le sue opere. L’attività artistica di Dani Karavan è costantemente legata a un’attiva militanza socio-politica i cui obiettivi di unificazione e di pace sono affidati alle sue opere, dove al centro egli pone sempre l’uomo. È infatti del 1976 la partecipazione alla Biennale di Venezia con Gerusalemme città della pace.
Era il 1977 quando insieme alla famiglia torna a Firenze, prendendo casa in via delle Pinzochere, nel cuore del quartiere di Santa Croce. L’abitazione dalle cui finestre si poteva ammirare un meraviglioso panorama della città diventa in breve un polo attivo della vita culturale fiorentina. Erano però anni in cui l’arte contemporanea in città durava fatica a farsi strada, le memorie del passato avevano il sopravvento; nonostante tutto grazie all’amicizia e all’interessamento di Maria Luigia Guaita e di Giuliano Gori, a Karavan viene proposto di fare una grande mostra al Forte di Belvedere, nel 1978, là dove pochi anni primi aveva esposto le proprie opere Henry Moore. L’esposizione ebbe in contemporanea anche una “sezione” al Castello dell’Imperatore di Prato creando una liason tra le due città toscane. È la svolta.
Di lì a poco Karavan lascia Firenze e diventa cittadino del mondo, dopo Tel Aviv, Parigi diventa la sua città d’elezione; con la sua attività artistica impianta cantieri in Francia, in Germania, in Israele, in America e in Giappone.
Le sue archisculture create appositamente come opere site-specific dialogano con la natura che le circonda e piazze, giardini, viali e camminamenti, tutto ha un impianto scenografico sapientemente studiato e perfettamente calcolato.
Se tra le opere italiane di Dani Karavan dobbiamo citare quelle lasciate nel parco di Villa Celle a Santomato di Pistoia tra le quali spicca – oltre a Linea 1, 2, 3,+ 1+1=5 – l’opera permanente Te: la cerimonia del tè nella palazzina neogotica del parco, non dobbiamo dimenticare la Via della Conoscenza alla Città della Scienza a Bagnoli (NA) e Tempo la grande ruota posta all’uscita dell’autostrada a Calenzano.
Tra le tantissime altre realizzazioni ricordiamo il Monumento del Negev a Be’er Sheva, l’Esplanade Charles de Gaulle a Nanterre la Défence (Parigi) la Via della luce al parco olimpico di Seoul, Passages omaggio a Walter Benjamin a Port bou (Spagna), il monumento in memoria dell’Olocausto al Weizmann Institute of Science di Rehovot in Israele, la Via dei diritti umani a Norimberga, Kikar Levana a Tel Aviv, l’Axa Majer a Cergy Pontoise.
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