Categorie: Street Art

Preferirei di NO: CHEAP porta a Bologna la riflessione del Campo Innocente

di - 12 Ottobre 2020

Da qualche giorno via Irnerio a Bologna è una sfilata di NO scritti a caratteri cubitali su sfondi un po’ vaporwave. Un’immagine tanto insolita da catturare l’attenzione di chi passa, che si trova a leggere affermazioni perentorie intorno al mondo dell’arte. C’è scritto: «NO al silenzio sennò non lavori», «NO al lavoro artistico come eccezione». O ancora: «NO alla romanticizzazione della precarietà e della violenza in virtù di pratiche artistiche “autentiche”»; «NO all’esclusività bianca, cisgender, abile, borghese del “mondo dell’arte” italiano». Queste sono solo alcune delle riflessioni de Il Campo Innocente, portate sul suolo pubblico bolognese grazie alle affissioni dei poster di CHEAP.

(foto, Michele Lapini).

Che cos’è il Campo Innocente: cronache del collettivo-zona di immaginazione

Il Campo Innocente si definisce collettivo-zona di immaginazione che agisce attivando una forma comune di dialogo, ponendo l’attenzione sulle questioni della violenza, del sessismo, dell’abilismo, del colonialismo e della precarietà che ancora sopravvivono nel mondo dell’arte. L’arte non è un campo neutro, né tantomeno innocente, ed è tempo di intervenire per risolvere le problematiche interne di un sistema caratterizzato da criteri escludenti e scarse garanzie per chi ci lavora.

Il 15 giugno, all’indomani della riapertura dei teatri, Campo Innocente ha lanciato il suo “Kit di pronta emergenza da portare con sé in caso di improvvisa ripartenza del sistema arte e spettacolo in era post-pandemica”. Si tratta di una «interrogazione sullo stato attuale del sistema delle arti performative e della società entro cui l’arte si muove, imponendo logiche in attrito con i nostri corpi, desideri e necessità». I membri del collettivo ce lo raccontavano così già a luglio, nell’intervista pubblicata sul numero 108 di exibart.onpaper che potete scaricare a questo link.

«Siamo tornat* a lavorare in un sistema che non ci sostiene realmente e che non era pronto per ripartire. […] Il sistema produttivo dell’arte non sembra in grado di evolversi e di ripensare radicalmente le proprie politiche culturali e lavorative», dichiarano.

Con Cheap i NO del Campo Innocente diventano arte pubblica

Riaperte le porte dei luoghi della cultura istituzionali, Campo Innocente chiede di non chiudere gli occhi davanti alle criticità del sistema. Tornare “alla normalità” non può essere il migliore auspicio per un mondo ancora tremendamente precario e discriminatorio.

Per questo motivo, il collettivo ha elaborato una serie di immagini che sottolineano i vari “NO” contro le dinamiche che non possiamo più accettare. Una presa di coscienza collettiva della realtà in cui viviamo, che può essere condivisa in toto o anche componendo a piacimento il proprio kit, scegliendo le immagini che più ci rappresentano. Questo in virtù di uno dei primi assunti del progetto: ogni storia è differente, ci sono sempre esigenze e posizioni particolari e no, “NOn siamo tutt_sulla stessa barca”.

Cheap x Il Campo Innocente (foto: Michele Lapini).
(foto, Michele Lapini).

«Vogliono essere dei “NO” seri, gioiosi e di condivisione, per dire che NON siamo sol* e non dobbiamo sentirci sol* anche nel momento in cui ci troviamo a pronunciare dei “NO” magari difficili ma necessari. Aprire quindi questo spazio di dialogo condiviso è un modo per fermarci a riflettere e farlo con un linguaggio anche plastico, polifonico, non prescrittivo», prosegue l’intervista.

L’affissione pubblica di CHEAP espande ancora di più le possibilità plastiche del linguaggio del Campo Innocente, che prende la forma della Public Art.  Adesso chi ascolta non è semplicemente professionista del settore, ma anche chi passeggia a Bologna e si sofferma a curiosare. Allargando l’uditorio è possibile infrangere i tabù che a lungo hanno permesso al sistema dell’arte di perpetrare violenze e discriminazioni, nascoste sotto il tappeto.

Cheap x Il Campo Innocente (foto: Michele Lapini).

Le problematiche del mondo dell’arte nella “nuova normalità”

Queste sono tematiche a malapena approcciate in Italia: l’egemonia abile, bianca e borghese del sistema dell’arte, che paradossalmente trascura le professioni creative, imponendo condizioni di lavoro precario e/o non retribuite. Queste problematiche strutturali sono emerse ancor più gravemente con lo stop dovuto all’emergenza sanitaria.

Spettacoli annullati o mai programmati, futuri incerti, soggetti sempre più vulnerabili e marginalizzati. Senza contare i casi di violenza fisica o psicologica perpetrati dai datori di lavoro nel settore. Uno su tutti, il caso Jan Fabre, portato all’attenzione proprio dal Campo Innocente in passato, nella loro prima azione: “Nessun* tocchi il Fallo/Fabre”.

Questa denuncia sistemica trova la forma del poster con le attiviste del collettivo Cheap, che non sono nuove alla connotazione politica della loro attività. Come già ci raccontavano a giugno, in occasione di un’altra iniziativa: «Ci occupiamo di art direction, curatela, progettazione, realizzazione di interventi di arte pubblica e di campagne di comunicazione che utilizzano i linguaggi del contemporaneo. Alcune delle energie che attraversano il nostro progetto sono politiche». La denuncia della condizioni degli e delle art workers è sicuramente una di quelle energie.

(foto, Michele Lapini)

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