L’occasione della mostra è data dal centenario della realizzazione de La Divina Commedia nuovamente Illustrata da artisti italiani, curata da Alinari fra il 1902 e il 1904. L’impresa – definita un vero e proprio ‘banco di prova’ per il simbolismo italiano – fu preceduta da un concorso rivolto agli artisti italiani, indetto nel 1900, che proclamò vincitori Alberto Zardo e Armando Spadini, tra i 31 partecipanti. Tra questi figuravano Giovanni Fattori, Plinio Nomellini, Arturo Martini, Duilio Cambellotti, Galileo Chini e Libero Andreotti.
Si tratta dunque di una mostra molto eterogenea, che riflette bene il clima complesso della Firenze dei tardi anni Novanta dell’Ottocento, satura
Risaltano su tutte le incisioni di Duilio Cambellotti con tagli compositivi obliqui coniugati ad immagini potentemente plastiche, con ampie zone scure, memori della lezione della grafica di Previati, e capaci di trascendere la lezione del realismo sociale in monumentali simboli.
Per meglio intendere il clima in cui il concorso nasce la parte centrale della mostra è affiancata da tre sezioni collaterali, che completano e sostanziano il tema centrale. Si inizia infatti con una sezione storica che definisce
La seconda sezione è incentrata sul dipinto di Fausto Zonaro dedicato al tema della madre, anch’esso riferibile a un concorso Alinari del 1899. Questa sezione, pur ridotta, è senz’altro quella che maggiormente solleva problemi di natura estetica: i dipinti qui presentati, stanno a testimoniare la riscoperta dell’arte religiosa diffusa dalle Biennali veneziane e la necessità di un superamento del verismo più intransigente a favore di un’arte capace di rivolgersi allo spirito, e di cui la rivista fiorentina Il Marzocco si era fatta portavoce fin dal 1896. .
La terza sezione documenta la fortuna delle edizioni illustrate della Divina Commedia in ambito europeo dall’età romantica in poi, con le prove di Flaxman, di Ademollo o Pietro Benvenuti, alla versione corsiva di Gustave Doré, diversissime per sensibilità e invenzioni da quelle su cui è incentrata la mostra e dunque sollecitazioni ulteriori a considerare con occhi nuovi i portati dell’ondata simbolista in Toscana.
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