Dopo Estonia, Francia e Svizzera, anche la Gran Bretagna ha annunciato l’artista che la rappresenterà alla prossima Biennale d’Arte di Venezia, la 60ma edizione, in programma ad aprile 2024: a realizzare il progetto per il Padiglione ai Giardini sarà dunque John Akomfrah. A diramare la notizia, il British Council, l’ente britannico per la promozione delle relazioni culturali internazionali, che si occupa anche dell’organizzazione del Padiglione.
Considerato tra i cineasti più significativi attualmente in attività, John Akomfrah è nato ad Accra, in Ghana, il 4 maggio 1957, e si è trasferito in Inghilterra già in giovane età, a causa di motivi politici. Il padre era infatti un membro del gabinetto del partito di Kwame Nkrumah, primo presidente del Ghana indipendente e membro di spicco nella storia della decolonizzazione e del panafricanismo che, nel 1966, fu estromesso da un colpo di stato dell’esercito e della polizia. A Londra, Akomfrah ebbe modo di studiare al Politecnico di Portsmouth, dove si laureò in Sociologia, nel 1982.
Conosciuto per il suo approccio pioneristico all’immagine in movimento, sempre nel 1982 fu tra i fondatori del leggendario Black Audio Film Collective, composto da artisti multimediali e registi della diaspora e sorto nell’ambito dell’allora montante dibattito sul postcolonialismo, portato avanti, in particolare, da teorici come Homi Bhabha e Stuart Hall. Handsworth Songs, il film realizzato dal collettivo nel 1986, incentrato sui disordini a sfondo razziale avvenuti a Handsworth e Londra l’anno prima, è oggi considerato un classico.
Negli anni ’90, allo scioglimento di Black Audio Film Collective, Akomfrah iniziò a lavorare da solo e nel 1998, insieme a Lina Gopaul e David Lawson, suoi soci e amici di lunga data, fondò la casa di produzione Smoking Dogs Films. Dal 2001 al 2007 è stato direttore del British Film Institute e dal 2004 al 2013 dell’organizzazione cinematografica Film London.
Attualmente, Akomfrah produce installazioni ambientali che affrontano i temi più urgenti della contemporaneità, dal cambiamento climatico al razzismo, dal colonialismo ai cultural studies e, più di recente, sulla pandemia e sull’omicidio di George Floyd e lo sviluppo del movimento Black Lives Matter. Le sue opere già sono state presentata alla Biennale di Venezia: nella mostra internazionale curata da Okwui Enwezor nel 2015 e nel primo padiglione nazionale del Ghana, nel 2017 (e fu un debutto con i fiocchi). Ma a Venezia, i suoi film sono stati proiettati anche al Festival del Cinema.
«È un enorme privilegio e un onore essere invitato a rappresentare il Regno Unito alla 60ma Biennale di Venezia: è senza dubbio una delle opportunità più entusiasmanti che un artista possa avere», ha dichiarato Akomfrah. «Vedo questo invito come un riconoscimento e una possibilità per tutti coloro con cui ho collaborato nel corso dei decenni e che continuano a rendere possibile il mio lavoro. Sono grato di avere un’occasione per esplorare la complessa storia e il significato di questa istituzione e della nazione che rappresenta, così come la sua dimora architettonica a Venezia, con tutte le storie che ha raccontato e che continuerà a raccontare», ha continuato Akomfrah.
Sebbene non siano ancora noti i dettagli sul progetto che Akomfrah presenterà per il padiglione alla Biennale di Venezia del 2024, la curiosità in Gran Bretagna è tanta. Non solo perché è stato recentemente nominato Knight Bachelor per i suoi servizi nelle arti ma anche perché il Padiglione Britannico ha vinto il Leone d’oro nel 2022, con un lavoro di Sonia Boyce.
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