Nel panorama artistico contemporaneo, sempre piĂš numerosi sono gli artisti che vestono i panni del curatore, creando interessanti occasioni di dialogo. Agendo da primus inter pares, lâartista-curatore tiene saldo il suo ruolo fungendo anche da aggregatore di personalitĂ e proposte. Un ruolo aggiuntivo e non sostitutivo, che consente a singoli artisti di ideare progetti e gestirli autonomamente. Ă accaduto nuovamente a Pisticci, piccolo borgo della Basilicata dove, in occasione di Matera Capitale della Cultura 2019, il pittore Vincenzo Schillaci, in collaborazione con la Galleria Rolando Anselmi, con sedi a Roma e Berlino, suggestionato dalla piccola cappella annessa al Castello di san Basilio ha deciso di farne lo scenario di Palko, un nuovo progetto artistico, chiamando a collaborare altri quattro artisti: Gianni Caravaggio, Jodie Carey, Jorge Peris, Johannes Wald.
Il progetto raccoglie le opere dei cinque artisti, differenti per origine e formazione, creando unâinstallazione corale in cui opere e luogo interagiscono intervenendo le une sulla percezione dellâaltro. ÂŤLa mostra â ha dichiarato Schillaci â vuole esplorare gli effetti dellâambiente fisico sulle opere dâarte, focalizzandosi maggiormente sullâesperienza temporale in cui le pause tra le opere e i loro contenuti vengono organizzati in modo da configurare unâimmagine irrisolta, creando un punto di vista variegato tramite i diversi approcci espressi dai lavoriÂť. Lo abbiamo incontrato per farci spiegare meglio il progetto.
Come è nata lâidea di âPalkoâ?
ÂŤLâidea di avere a disposizione lo spazio di una chiesa per fare una mostra mi ha stimolato fin da subito. Mi capita di sfruttare certe occasioni, cercando di mettere in relazione opere di artisti che conosco e nei quali ritrovo, almeno nei modi con cui costruiscono lâopera, qualcosa di familiare. Dâaltronde gli âoggetti dâarteâ non sono solo segnali di riconoscimento di unâidea. Penso sia normale per ogni artista porsi delle domande rispetto al luogo e/o allo spazio in cui le opere vengono mostrate. Il processo espositivo negli anni, a mio avviso, ha fatto sĂŹ che le opere perdessero il loro valore cultuale e che lo spazio bianco, con luci fredde, che conosciamo bene e che ha una sua precisa ragion dâessere, a volte rubasse loro la scena diventando una camera di trasformazione nella quale qualsiasi discorso si svolge. âPalkoâ vuole essere un percorso visivo in cui le opere di artisti diversi sono messe in relazione in un spazio ben definitoÂť.
Come sono stati scelti gli artisti?
ÂŤCome ho detto mi piace generare occasioni per costruire dei progetti in cui il mio lavoro è messo in relazione con quello di altri artisti con cui ho voglia di creare un dialogo. La produzione artistica ti permette di mettere lâaccento su un certo modo di stare al mondo ma gli artisti si parlano troppo poco. Mi sono confrontato fin da subito con Rolando Anselmi, con il quale ho costruito lâintero progetto, dalla selezione degli artisti alle opere in mostra. Esplorare gli atteggiamenti, i metodi e le motivazioni nei confronti di approcci formali e non, della produzione artistica del mio tempo è quasi unâesigenza, che Rolando ha condiviso e supportatoÂť.
ÂŤIl tema centrale della mostra è lâindagine delle molteplici interazioni tra lâopera dâarte e il contesto espositivo prescelto. Quali risultati pensi siano stati raggiunti in tal senso dal progetto?
Non so se siano stati raggiunti dei risultati, non era tra gli obbiettivi. Per quanto mi riguarda la scelta di presentare questi lavori in un campo spaziale molto connotato è stato per spingere gli spettatori a fermare lo sguardo su opere che, decontestualizzate, potevano sviluppare nuove prospettive interpretative o amplificare la loro natura sia come oggetti che come opere dâarte. Le opere installate allâinterno di una chiesa, in cui abitualmente ogni oggetto è posizionato secondo una funzione specifica e una valenza simbolica, possano sovvertire e trasformare attivamente le percezioni culturali, attivando il loro potenziale âperformativoâ. Nella relazione della vita con lâopera dâarte, nessuna considerazione può conferire un senso di valore allâoggetto; la relazione della vita con il colore, ad esempio, come dice Michel Henry è la soggettivitĂ di questa relazione, cioè la vita stessaÂť.
âPalkoâ proseguirĂ ? Esiste giĂ una progettualitĂ futura?
ÂŤLa mostra nasce da unâoccasione specifica e non ho mai pensato alla possibilitĂ di estenderla. Ma non è detto che non si possa trasformare in un formatÂť.
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