I dispositivi mnemotecnici sono strumenti di codifica e di rielaborazione dell’informazione, processi che permettono una memorizzazione e un recupero efficienti della stessa. Normalmente vengono attivati inconsciamente in forma uditiva per brevi poesie, acronimi, sigle o frasi iconiche, ma possono essere innescati anche per altri tipi di informazioni — ad esempio in forme visiva o cinestetica. Il loro impiego si basa sulla peculiarità della mente umana di poter ricordare più facilmente informazioni spaziali, intime, fisiche, o altrimenti relazionali, piuttosto che forme più astratte o impersonali. “5 p.m. Tear Time”, personale di Anna Pezzoli (Clusone, Bergamo, 1995) a cura di Clara Scola presso lo spazio minimo di AnonimaKunsthalle, sembra focalizzarsi su una pratica di autocoscienza, riflessione e rielaborazione del ricordo, attraverso i dispositivi messi in atto dall’artista.
Il mio teorema (2021), video in super 8 che necessita incessantemente la rimessa analogica in loop, mette in scena le lacrime dell’artista cadere lentamente verso l’orecchio della stessa, che ne diventa contenitore. Quelle che possono essere definite anche gocce d’umore trasformano visualmente la rianalisi mentale in processo fisico dell’ascoltarsi, quel che rimane sono residui dell’attivazione del dispositivo mnemotecnico: un’autoanalisi della memoria intima dell’artista verso un’accettazione della stessa. L’effetto ottico che produce lo scorrimento delle lacrime porta l’attenzione verso Umido (2021), una tazza da tè in ceramica non smaltata che al suo interno contiene una fragranza che l’artista ha fatto produrre appositamente a un’azienda specializzata, mediante il medesimo processo di rielaborazione del ricordo. Il contenitore, che necessita di essere continuamente riempito di profumo, produce un effetto bilaterale: è materia propagatrice e assorbente allo stesso tempo. Infine l’opera Nella cartella orecchio (2021) fotoincisione su carta hahnemühle, si pone all’ingresso dello spazio come codice mnemonico in forma d’immagine.
La riduzione del numero di informazioni che lo spazio innesca obbligatoriamente diventa un surplus grazie all’esercizio curatoriale proposto da Clara Scola, capace di propagare la delicatezza di Anna Pezzoli nell’utilizzo e nella creazione di dispositivi mnemotecnici. Mai chiusi in loro stessi, alla continua ricerca di una connessione tattile con il ricordo.
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