Il traboccare di un banchetto sontuoso, dove l’abbondanza e il tripudio cromatico si sposano ad una ibridazione corporea bizzarra e seduttiva, caratterizza la personale di Alberto Maggini Le origini delle buone maniere a tavola negli spazi di Casa Vuota, a Roma, luogo domestico in cui prende sostanza e intimità la riflessione dell’artista su strutture sociali e convenzioni normativizzate di stampo borghese, su trasgressioni e liberazioni dalla dicotomia cultura vs natura, sul consumo capitalistico del corpo come entità esperienziale e merce, nella sua dimensione fittizia quanto vorace.
Tra riferimenti botanici e citazioni iconografiche, le ceramiche imbandite, i drappi e i ricami scintillanti, le pitture vivide e il video irridente e vivace, compongono una installazione dispiegata nelle stanze dell’abitazione che innesta trasformi fantasmagorie corporali, metafore della società, ad uno sguardo ironico verso spinte categoriali identitarie, mitologie e simbologie ad ecologie queer.
Come scrive Baudrillard il corpo è il più bell’oggetto, più prezioso e più splendente nella panoplia del consumo, Maggini nella riproposizione di parti della propria corporeità, offerta ed esposta al consumo visuale e cogitativo, rivela costrutti e gerarchie di una società che divora sé stessa nel culto tassonomico che imbriglia il dato naturale per distinguere e dividere, marginalizzare e omogeneizzare.
Bramosie cannibalistiche di un corpo, che è allo stesso tempo oggetto naturale e culturale, ricompongono in misture plurali e frammentarie un immaginario vitale e spaventoso, ambiguo, simbolico ed estetico, percorrono un viaggio metamorfico in cui l’elemento nutritivo è riportando nella sua realtà di memoria storica e mitica, svelando moralismi ideologici cardinali, stereotipi e comportamenti della struttura sociale incarnata dal luogo dell’abitare: la casa. Da questo nucleo primario, l’origine di un simbolismo alimentare plasmato nella ritualità della tavola imbandita si evidenzia nella sua valenza semiotica di habitus portando agli estremi l’ideologia del consumo, i meccanismi e i manierismi della sfera collettiva.
Scrivono gli ideatori del progetto curatoriale di Casa Vuota Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo: «Il volto dell’artista, le sue dita, il naso, la bocca e persino i glutei vengono riprodotti e, graziosamente, imbanditi come se fossero insalata russa o tacchino, in un’ipotesi di commestibilità non commestibile che, nel titolo della mostra, cita esplicitamente gli studi dell’antropologo Claude Lévi-Strauss. Il corpo è misura dell’esperienza, il cibo è veicolo della trasformazione e la tavola, con il suo affastellarsi di miti, credenze, comportamenti, è il teatro per inscenare le strutture sociali più profonde, gli stereotipi, la nevrosi umana del classificare ed etichettare che si fa pregiudizio, mettendone a nudo l’innaturalezza naturalizzata e la smania cannibale mai si sazia».
Cornucopia invitante e inquieta, la mostra Le origini delle buone maniere a tavola di Alberto Maggini come in un biosistema della vanitas e dell’abbondanza introietta la testimonianza di una civiltà e dei suoi dettami, dove lo sfarzo e la cromia esuberante si fanno portavoce di una esplicitazione linguistica inconscia ormai connaturata.
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