Come si sviluppa il vostro processo creativo? E come definireste la vostra estetica?
Non ha uno sviluppo preciso, partiamo da un suono o da un frammento, e evolviamo l’intuizione che ne scaturisce senza seguire per forza una struttura logica e preimpostata. Pensiamo che la nostra estetica si possa definire “Pop”.
In che modo riflettete attorno all’ultilizzo dal vivo dei media digitali?
Noi sostanzialmente cerchiamo di utilizzare più ‘oggetti’ possibile e più media possibili all’interno sia delle nostre performance dal computer (un laptop) a batterie elettroniche, synth, filtri analogici e digitali. Attualmente non crediamo vi sia un limite nella produzione di suoni, e molto spesso uniamo alle nostre performance dei video che sono basati su dei lavori grafici e di animazione di alcuni artisti nostri amici. In ogni caso
Cosa ne pensate della definizione “laptop generation” spesso e volentieri utilizzata dalla stampa a proposito di artisti che prediligono il computer? Non vi sembra riduttiva?
Laptop generation è secondo noi un termine che facilità la classificazione dei generi tanto cara ai giornalisti. Il laptop secondo noi è uno strumento come altri, forse a livello visivo sterile e noioso, ma non per questo da considerare meno importante di una chitarra o un trapano (Einsturzende Neubauten).
Purtroppo è una tendenza reazionaria della stampa quella in maniera di applicare in maniera reiterata le regole o dei canoni del passato agli inevitabili cambiamenti di assetto che si vengono a creare con l’avvento di nuovi strumenti.
Esiste la possibilità di fare arte in molti modi insomma e lo strumento è solo una piccola componente del sistema. Poi come in ogni cosa c’è che usa lo strumento in modo proprio o improprio, ma queste sono valutazioni soggettive.
Adesso con pochi soldi si possono praticamente produrre dischi perfetti. La semplicità dei software permette a tutti di creare una canzone o una composizione anche apparentemente complessa. Questo ovviamente causa un’iperproduzione e quindi l’appiattimento della qualità generale. Questo fenomeno è complice della crisi dell’industria discografica che non riesce a gestire più le risorse e non riesce a proporre prodotti credibili. L’unico modo per scegliere e distinguere cosa c’è di buono è quella di ascoltare la maggiore quantità di musica possibile, anche scavando nel passato.
(un ringraziamento speciale a Romano Manfredi della DNA Concerti che ha consentito la realizzazione di questa intervista )
bio
I Mouse on Mars si sono formati in Germania nel 1993 grazie al sodalizio musicale di Andy Toma e Jan St Werner, il primo nato a Colonia ed il secondo a Dusserdolf. Hanno pubblicato diversi cd per etichette come la Too Pure e la Thrill Jockey. Hanno realizzato inoltre numerosi remix e partecipato a prestigiose compilation. St Werner con Markus Pop (Oval) ha anche dato vita al progetto Microstoria e con il nome Lithops ha realizzato dei cd da solista.
Nel 1997 a Colonia hanno fondato la loro personale etichetta Sonig per la quale incidono tra i migliori musicisti di elettronica internazionali: Fan club orchestra, F.X.Randomiz, Hajsch, Lithops, Microstoria, Mouse on mars, Niobe, Schlammpeitziger, Scratch pet land, Vert.
Discografia essenziale
– Vulvaland (1994)
– Iaora Tahiti (1995)
– Autoditacker (1997)
– Instrumentals (1997)
– Glam (1998)
– Niun Niggung (1999)
– Idiology (2001)
link correlati
sonig.de
mouseonmars
ondarock.it.it/Mouse.html
marco altavilla
decibel – sound art & musica elettronica è un progetto editoriale a cura di Marco Altavilla
[exibart]
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