Categorie: Personaggi

Welcome to NABA-ROMA

di - 19 Marzo 2019
Fondata nel 1980 da Guido Ballo, Tito Varisco e Ausonio Zappa, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (e d’ora in poi anche di Roma) era nata con l’idea di svecchiare non solo l’insegnamento delle discipline del visivo e del progetto, ma anche il sistema dell’arte e delle sue professioni, cercando di mettere a punto programmi e corsi il più “contemporanei” possibili.
Dal 2009 parte del network di “Laureate Education”, che conta 54 istituzioni nel mondo, tra pochissimo tempo NABA aprirà una sua seconda sede italiana alla Garbatella. Abbiamo intervistato il direttore del Dipartimento di Arti Visive, Marco Scotini.
La nuova sede di NABA arriverà presto anche a Roma, alla Garbatella, uno dei quartieri storici della Capitale. Perché avete scelto Roma come seconda sede?
«Negli ultimi quindici anni NABA non è solo passata da 200 studenti a oltre 4000, ma ha consolidato il suo nome, si è identificata quale scuola d’eccellenza nell’ambito creativo. Rispetto alle Arti Visive (e dunque al dipartimento che dirigo) siamo stati i primi ad inserire la curatela in un piano di studi e ad ampliare il campo di formazione all’intero sistema dell’arte contemporanea con bienni, master, ecc. Lontano dal pensare una scuola d’arte semplicemente in termini di formazione di artisti, il nostro dipartimento si è aperto al publishing, ai mercati, alla curatela, alla mediazione culturale. Si pensa alla scuola non soltanto come luogo di formazione ma anche come sito di produzione, per cui i maggiori professionisti internazionali del sistema devono operare fianco a fianco con gli studenti. Per questo, come primo appuntamento su Roma e quale anticipazione dell’apertura ufficiale della sede alla Garbatella, abbiamo pensato ad una giornata MAXXI-NABA dedicata alla performance. Così giovedì 21 marzo alcuni nostri studenti lavoreranno assieme a due nostri docenti come Adrian Paci e Massimo Bartolini. Questi ultimi poi articoleranno i loro lavori performativi assieme a Lin Yilin, l’artista cinese di base a New York che fa parte della mostra La Strada. Adrian Paci proporrà una performance dal titolo “One and Thirty-Four Chairs” che è una sorta di rituale comunitario e d’accoglienza per chi arriva al MAXXI e Massimo Bartolini riallestisce “Libera Improvvisazione” di Giuseppe Chiari, un’opera fatta al Museo Pecci nell’ormai lontano 1990. Quest’ultimo lavoro, che si terrà alle 18.00, prevede un concerto con un organico di settanta musicisti (professionisti e improvvisati) che sarà aperto da un pianista del calibro di Giancarlo Cardini. I giovani studenti (o artisti e curatori emergenti) lavoreranno all’interno delle due azioni. Se questo è solo l’inizio, anche nelle fasi successive credo che sarà fondamentale collaborare con le più importanti istituzioni romane, visto che non mancano e abbiamo molto da imparare».
NABA Roma
Ci saranno delle differenze rispetto all’offerta formativa di Milano? E per quanto riguarda i docenti?
«Roma è una città complementare a Milano. Le differenze sono consistenti ma abbiamo visto (e letto) questo rapporto nell’ordine della complementarità. Se Milano ha grandi aziende, a Roma sono presenti istituzioni di rappresentanza oltre che un contesto paesistico che potrà essere di grande ispirazione per i giovani studenti. Rileggere l’archeologia da un punto di vista contemporaneo è un obiettivo che ci siamo proposti nella scuola di Arti Visive da molti anni (da Warburghiani), anche se a Milano poche sono le rovine. Dunque, senza snaturare i programmi didattici, diverse saranno le declinazioni e i margini di insegnamento. L’offerta formativa ha escluso il design per ovvii motivi e privilegiato l’arte, la moda e i media visto il passato di Roma (recente e no) tra il cinema, i grandi artisti e le maison di moda. Per il momento partiamo con i trienni ma i bienni seguiranno subito. Sarebbe interessante aprire poi dei master specifici su Roma. Se questo è vero per le discipline, per quanto riguarda le docenze nella sede romana ci saranno alcune presenze già attive anche a Milano, ma il resto sarà nuovo».
NABA Roma
Quanto pensa sia importante raccontare l’arte contemporanea, anche attraverso corsi di “Scrittura”?
«Alla scrittura stiamo dedicando molte energie all’interno del Dipartimento di Arti Visive e Studi Curatoriali. Quando si lamenta la scarsa partecipazione di artisti italiani alle biennali internazionali si accusano – sempre e solo – le istituzioni di non promuovere il nostro marchio. Ma dobbiamo chiederci quanto spazio dedicano all’arte contemporanea i nostri giornali, i quotidiani, i settimanali o i mensili. Se sono cresciute le riviste di settore mi pare che l’informazione, in sostanza, non si sia arricchita di presenze e le forme di comunicazione non sono certo all’altezza del sistema dell’arte. Se è vero che abbiamo importanti curatori, dove sono le penne illustri della critica? Per anni abbiamo pensato che la curatela fosse sufficiente mentre oggi ci accorgiamo della mancanza inesorabile di una scrittura attraverso cui “l’arte si dice” e non solo “si fa”».
Moda, arte, media e grafica. Ci saranno collaborazioni con realtà già presenti sul territorio di Roma? Se sì, quali?
«Nonostante la milanesità che ci contraddistingue, abbiamo ancora tutto da sperimentare. Non partiamo con un piano già fatto da esportare e applicare. Questo risulterebbe riduttivo oltre che ‘coloniale’. Lontano dalle nostre intenzioni tutto ciò, pensiamo che la sede di NABA a Roma si dovrà autocostruire in un contesto preciso, a partire dal dialogo con esso. Certo è che le Accademie francesi, tedesche, americane non si trovano a Milano ed è con questa grande storia locale che ci piacerebbe confrontarci».
NABA è un ateneo dal parterre studentesco internazionale: anche per questo è stata scelta la Capitale?
«Molti dei nostri studenti hanno differenti provenienze su scala globale ma credo che la posta in gioco, oggi, sia anche quella di sviluppare una diversa concezione della cultura e della formazione. Per questo motivo nel dipartimento di Arti Visive a Milano abbiamo nel corpo docente importanti artisti cinesi e africani, curatori indiani e mediorientali, oltre a grandi professionisti europei e italiani. In fondo definire tutti i soggetti di un’accademia d’arte non è molto diverso dal creare una biennale. Molti anni fa Manifesta ha provato a fare una biennale come un istituto di formazione temporaneo. Se questo non si è realizzato, il progetto rimane ancora valido e posso provare che è vero il contrario. Dunque perché non pensare un istituto in questi termini per Roma, la Capitale?».
Nicoletta Graziano

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