In una piazzola circolare nel cuore verde di Firenze, il Parco delle Cascine, a un incrocio di sentieri chiamato Le Otto Viottole, ha pulsato per tre giorni la musica minimalista di Steve Reich e la danza di Anne Teresa de Keersmaeker affidata a due meravigliose interpreti, Yuika Hashimoto e Soa Ratsifandrihana: Fabbrica Europa ha aperto il suo festival – rimodulato nel programma e posticipato da maggio a settembre, e fino all’8 ottobre in luoghi in gran parte all’aperto – con la nota coreografa fiamminga, una delle figure più autorevoli che ha fatto la storia del teatrodanza del Novecento.
Sopra una grande pedana circondata dal pubblico e da alberi dai quali filtrava una calda luce settembrina, le due danzatrici si sono alternate – un assolo, per tre repliche giornaliere nel programma della XXVII edizione di Fabbrica Europa – nel ripresentare Violin phase, coreografia storica che ha segnato, nel 1982, l’inizio di quella scrittura rigorosa, quel formalismo astratto, luminoso e turbinante che ha caratterizzato, in parte, il linguaggio della belga de Keersmaeker. Per la fondatrice della compagnia Rosas, l’analisi delle partiture musicali – di Bach, Monteverdi, Schönberg, Bartòk, fino ai compositori viventi – è sempre stato il principio delle sue creazioni. In particolare le musiche modulari e ammalianti di Steve Reich e di Thierry De-Mey.
Violin phase è il terzo dei quattro movimenti che compongono Fase, Four Movements to the music of Steve Reich. La struttura della performance è molto semplice. Su un tappeto di sottilissima sabbia bianca, il movimento morbido e ondeggiante di braccia sventolanti a destra, a sinistra e in alto, di lievi torsioni del busto, di gambe avanti e indietro in senso circolare e rotatorio. Con intersezioni di raggi verso il centro, i piedi della performer tracciano via via dei segni che formeranno una sorta di Mandala. L’effetto è ipnotico, di una leggerezza e lirismo ammaliante.
La relazione tra movimento e suono, la dialettica tra tempo e spazio si manifesta nell’energia fisica che si sviluppa per accumulo gestuale. Sono moti ripetitivi che, nei venti minuti della performance, si espandono con piccole variazioni che sfumano da un movimento e l’altro. L’incedere senza sosta della danzatrice sembra nascere dalla naturalezza del flusso ondulatorio che muta impercettibilmente la geometria del disegno coreografico: saltelli improvvisi con un malizioso alzare il lungo e candido vestitino, rotazioni veloci e contrarie, oscillazioni, arresti e riprese in più direzioni. «Un’architettura liquida», secondo la definizione della stessa de Keersmaeker, tracce nello spazio che “descrivono” il loop sonoro di Reich. Per noi una meraviglia compositiva, una trance avvolgente che vorresti non finisse più.
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