Situata sull’area dell’ex fabbrica Fergat e voluta dalla collezionistaPatrizia Sandretto -che ha promosso il concorso internazionale vinto nel 1999 da Claudio Silvestrin-, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo si propone come elegante volume di chiara pietra leccese, in cui la marcata componente orizzontale –esaltata dal ritmo impartito dai tagli verticali e dagli ampi portoni di cedro- viene contraddetta dalla presenza di un alto piano staccato che, ortogonalmente, la blocca verso ovest.
Definito dal progettista “un capannone industriale”, il polo espositivo torinese conferma la limpida e stereometrica concezione dello spazio che già presiedeva a Villa Neuendorf o al negozio Armani di San Pao
Solo apparentemente “neutro” e understatement, in realtà suggestivo e calibrato nell’accurata definizione dell’intersecarsi dei piani e del fiottare della luce, lo spazio così creato sorprende per la sua qualità. Il contrasto tra il bianco assoluto delle pareti e il grigio cangiante del pavimento, oltre a richiamare l’estetica industriale, ottiene l’effetto di non caricare di segni troppo invadenti ambienti destinati alla libera e multiforme espressione dell’arte contemporanea, esaltando
In tanto rigore, tocca alla luce immettere la variabile poetica. Il suo alternarsi, quantitativo e qualitativo -abbagliante quella proveniente dalle aperture verso l’esterno, esile come una lama quella che entra dai celebri “tagli” e dalle spaccature dei controsoffitti- diventa quintessenza spaziale ed espediente figurativo, traducendosi- soprattutto nel doppio volume del corridoio- in cadenzato récadrage luminoso di giorno, e in profonda ombra marcapiano di sera. Mentre, nelle sale espositive, dissolve la concezione tradizionale della scatola muraria per assimilarla a una macchina ottica, a un proiettore, a uno spaziale e architettonico str
Al secondo piano, che con una valenza più privata e intima ospita il ristorante e gli uffici, il cemento grigio delle sale si ammorbidisce con una tonalità più sabbiata, mentre le pareti del ristorante riscoprono la materica sensualità del limestone dei negozi di Armani. La calda irregolarità del legno di cedro immette poi la variabile cromatica, rivestendo brevi lame di piani murari, ma soprattutto costituendo gli arredi, tra cui ritorna, nei bagni, uno di quegli splendidi bacili ovali che sono ormai un classico internazionale del design.
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elena franzoia
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