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A Lodi apre lo Spazio Giuliano Mauri, per ricordare l’artista della natura
Arte contemporanea
Lo Spazio Giuliano Mauri è stato ufficialmente inaugurato a palazzo Barni, in corso Vittorio Emanuele 17, a Lodi. Sono i primi natali di un luogo di cultura di altissimo livello, in cui è conservato l’archivio del grande artista di fama internazionale, il più importante esponente dell’arte ambientale del secondo ‘900, primo italiano a far parte del movimento europeo Art In Nature. Oltre all’archivio, l’associazione Giuliano Mauri, che è dietro all’iniziativa, ha organizzato vari progetti dedicati all’artista.
Il primo è una mostra nelle scuderie del Seicento di Palazzo Barni, in cui si possono ammirare vari modellini delle sue opere, disegni e schizzi, fotografie e progetti dell’artista. Questa esposizione rimarrà visitabile per tutto l’anno e tocca ogni fase della vita artistica di Mauri, anche quelle meno conosciute, dagli anni ’60 con le prime opere di stampo militante fino alle Cattedrali Vegetali. Successivamente, dal 2025, lo spazio espositivo sarà diviso in due sezioni, una esporrà permanentemente le opere principali dell’artista, l’altra sarà adibita a ospitare interventi temporanei che intendono esplorare le varie produzioni e il pensiero di Mauri.
Questo luogo vuole essere quindi sia di riscoperta di questa ampia produzione ma anche di studio per gli addetti ai lavori, che qui potranno accedere facilmente all’archivio dell’artista: quasi 1000 opere tra quadri, disegni, progetti, neon, vetri, tele di canapa, fotografie, video e molto altro. Vi è poi l’archivio cartaceo, composto da riviste, pubblicazioni, lettere, testi, tesi di laurea. La spazio dedicato al “Poeta della Natura” è di 130 mq e si trova in pieno centro città, a cinque minuti a piedi dalla stazione, in un luogo storico di grande bellezza e suggestione che ora si dà alla cittadinanza in maniera totale.
Giuliano Mauri, tra tempo e vita
Francesca Rigorda, nipote di Mauri e vicepresidente della fondazione a lui dedicata, è la principale promotrice dell’iniziativa e, in occasione dell’apertura, ci ha raccontato: «Io ho numerosi ricordi di lui come un nonno, che giocava con i rami, che tornava a casa carico di fascine, che disegnava continuamente. Ho la fortuna di averlo accompagnato in alcune sue installazioni, ricordo alcune nelle campagne lodigiane, come Iciclico Gerundio, progetto voluto e finanziato dalla fondazione Pollock di New York per il comune di Lodi. Ricordo la Cattedrale Vegetale di Arte Sella, in Trentino, durante la quale mio nonno girava in incognito tra il pubblico cercando di capire il pensiero delle persone. Per 20 anni l’ho conosciuto, fino alla sua morte nel maggio del 2009, scoprii solo poi che era studiato nelle università e che era stato di riferimento per moltissimi. Ho scoperto che le sue opere, nonostante contengano il preludio del tempo, che quindi sono destinate a tornare alla natura, in realtà raccontano la vita, presente nelle piante delle sue installazioni. Capimmo quindi che si doveva, anzi era necessario, fare qualcosa di importante qui in città, nella Lodi con cui ha intessuto i primi dialoghi».
Il progetto è sostenuto dalla Fondazione Comunitaria delle Provincia di Lodi dalla Fondazione Banca Popolare di Lodi e dal Comune di Lodi. A contribuire al progetto anche Fondazione Castello di Padernello.
Un dialogo spirituale con la natura
Presente all’inaugurazione anche Jean Blanchaert, critico d’arte, gallerista e amico personale di Mauri. «L’ho conosciuto nel 2002 a Capalbio, con la mostra Stromatoliti, dedicata a forme che vivono nelle profondità del mare da milioni di anni. Mauri, quando si sapeva dove era arrivato, si spargeva la voce ed ex alpini, ex carpentieri e varie persone che avevano il giorno libero si dedicavano totalmente a lui. Un giorno gli chiesero che rapporto avesse con l’architettura, “nessuno”, ha detto…cioè tutto. Era architetto e musicista, i suoi disegni sono spartiti, precisissimi, un tesoro immenso e che si può riprodurre come un direttore d’orchestra riproduce una partitura. Mauri ha saputo instaurare un dialogo non snobistico tra arte e natura, quando lui alla cattedrale vegetale ha previsto la fine dei legni e la salita delle piante, ha celebrato la vita e la morte», ha raccontato Blanchaert.
«Ricordo bene come le persone in pensione venissero ad aiutarlo, era un’Italia semplice che aveva una gran voglia di partecipare ad un sogno pratico ma appunto immaginario, risultati che vedevano alla fine a conclusione dell’opera, dove andato è sempre stato aiutato da gente che aveva svolto una professione manuale ma mai legata ad un sogno simile. Lui era anche architetto per la precisione dei suoi disegni, ma era autodidatta, lavorava in un raviolificio prima di essere artista, finita la giornata di lavoro iniziava a costruire, una manualità che dal suo lavoro gastronomico è passata all’impegno artistico. Prima fece delle piccole sculture in legno in atolli intorno a Lodi, poi si è sparsa la voce con il passaparola mentre lui è diventato sempre più bravo. La Cattredale Vegetale è qualcosa di grandioso, Mauri era laico ed anarchico, apolitico perché non lo potevi mettere né a destra né sinistra, lui andava avanti per la sua strada “Mauriana”. Ma un giorno va a Trento, alla Cattedrale, e vede un uomo inginocchiato, era il patriarca. Cioè, senza dir niente a nessuno, Mauri aveva scoperto la forza spirituale di quel luogo».