10 settembre 2019

Fondazione Pistoia Musei

di

Jannis Kounellis, Senza titolo/Untitled, 1959-1966, particolare/detail Collezione Intesa Sanpaolo © Jannis Kounellis, by SIAE 2019

A cura di Marco Meneguzzo

Italia Moderna 1945-1975. Dalla Ricostruzione alla Contestazione, a cura di Marco Meneguzzo, è un grande progetto dedicato all’arte italiana del Novecento, con oltre 150 opere provenienti dalle collezioni di Intesa Sanpaolo. Un viaggio scandito in due tappe: la prima, dal titolo Le macerie e la speranza (conclusa ad agosto 2019) ha raccontato gli anni dal 1945 al 1960; Il benessere e la crisi, seconda parte della mostra, rende invece omaggio all’Italia degli anni Sessanta e Settanta, mettendo in relazione il contesto storico, politico e sociale con quello artistico, rendendo evidente la forte e netta rottura con la cultura figurativa del passato. La previsione di una società nuova, proiettata nel futuro, era già nelle corde degli artisti (basti ricordare i vari manifesti dello spazialismo di Fontana e altri, redatto tra il 1946 e il 1952), ma è proprio attorno al 1960 che queste idee si coagulano e si concretizzano in modi e forme che contraddicono radicalmente le tendenze informali del decennio appena passato. Tra le peculiarità della svolta c’è da rilevare il radicale mutamento nella considerazione del ruolo dell’artista, con conseguente (o antecedente) riconsiderazione della funzione dell’arte.

Nella seconda metà degli anni Sessanta lo scenario è radicalmente cambiato: quando nel novembre 1967, sul numero 5 della neonata rivista d’arte «Flash Art», esce quello che viene considerato il “manifesto” dell’arte povera – Appunti per una guerriglia a firma del critico Germano Celant – il clima sociale e politico in Italia era alla vigilia di una stagione di rivolgimenti epocali, che qualcuno potrebbe anche definire prerivoluzionaria. Dall’inizio della contestazione, a partire dal 1967-1968 alla metà del decennio successivo e oltre, il clima sociale in Italia si è andato radicalizzando. Da studentesca con qualche vena di anarchia dadaista, la contestazione è diventata operaia, politica e sociale, attraverso una lunghissima stagione di rivendicazioni e di azioni spesso molto violente, mentre tutto il filone individualista, pacifista, alternativo, comportamentale, libertario riveste posizioni di alterità assoluta, rifugiandosi idealmente nel mondo hippy, nelle esperienze psichedeliche, nella libertà sessuale, nell’uso di sostanze stupefacenti, in una società utopica.

Poiché negli anni Settanta le prospettive erano quelle di una rivoluzione sociale e di costume, tutti gli intellettuali si sono interrogati sul proprio ruolo nella società declinante e in quella futura. Gli artisti non fanno eccezione e anzi sono tra quelli che sono stati più sensibili a questo clima culturale, complici con tutta probabilità i nuovi strumenti linguistici, processuali e tecnologici addottati dalle neoavanguardie già nel decennio precedente. Esposte in questa seconda parte della mostra opere di grandi nomi del panorama artistico nazionale e internazionale, tra cui Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Mauro Staccioli, Giuseppe Spagnulo, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Pino Pascali, Jannis Kounellis, Alighiero Boetti, Giuseppe Penone, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Luciano Fabro, Giulio Paolini. Il percorso espositivo si conclude con opere realizzate alle soglie dei primi anni Ottanta, l’ultimo grande momento di fama internazionale dell’arte italiana.

Palazzo Buontalenti, via de’ Rossi 7, Pistoia
Tutti i giorni dalle ore 10 alle 18, chiuso il mercoledì

Fondazione Pistoia Musei
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