25 maggio 2007

fino al 30.V.2007 Douglas Gordon Roma, The British School at Rome

 
Proprio alla romanità sono legati gli esordi del giovane Gordon. Era il 1992 e il Cafè Picasso presentava uno dei suoi primi Instruction Piece. Oggi, dopo la grande personale al Mart, l’artista torna nella capitale...

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Incalzando l’ampia retrospettiva organizzata dal museo trentino, la British School at Rome non si dimostra da meno. Focalizzata sul panorama artistico britannico, l’istituzione romana non ha mancato di aggiornare il suo pubblico con il lavoro di un artista ormai osannato dalla critica internazionale: Douglas Gordon (Glasgow, 1966; vive a New York). La capitale aveva già ospitato la prima manifestazione dell’arte gordoniana in Italia: si trattava di un Instruction Piece, ovvero una serie di messaggi telefonici fatti recapitare dall’artista a persone orbitanti attorno all’evento espositivo, in cui lasciava filtrare sinistre battute prese da film. La mostra era stata curata da Teresa Macrì che aveva intuito, quasi quindici anni fa, la genialità dell’artista scozzese.
Toni caldi e colloquiali animano lo spazio messo a disposizione dalla British School, insieme ad un titolo che equivale ad una presentazione e spiega da sé lo svolgersi del lavoro (Pretty much every film and video work from about 1992 until now. To be seen on monitors, some with headphones, others run silently, and all simultaneously).
Gordon va collezionando da tempo e nel tempo una mostra che, lasciata volutamente aperta alle inserzioni successive, diventa essa stessa una grande e onnicomprensiva opera d’arte, dotata di una sua aura di unicità. Come se l’artista si fosse implicitamente eletto curatore del proprio lavoro, una volta presentata una videoinstallazione di dimensioni ambientali (suo mezzo espressivo più noto e riuscito), egli ne ricava, infatti, una versione fruibile su video, sottraendo allo spettatore la possibilità di reiterare l’esperienza secondo quella originariamente concepita. Ciò crea una distanza, una mutazione genetica rispetto all’idea primaria, che innesca una partecipazione del pubblico sempre differente e “in differita”.
La selezione dei video (per la prima volta è inserito Magic Newspaper del 1992, ritrovato da Douglas poco prima della mostra) e la loro disposizione nello spazio avviene perciò sempre in accordo con la volontà dell’artista o, in questo caso, dell’assistente che ha supervisionato l’allestimento, distillando l’impronta particolare della concezione gordoniana.
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Ogni mostra deve respirare di vita propria stabilendo un contatto osmotico con lo spazio che la ospita. Anche il colore delle pareti, nere alla National Gallery of Scotland di Edimburgo e al Mart di Rovereto, e bianche della British School, determinano una precisa scelta nella messa in scena delle opere.
Le installazioni che lo hanno reso famoso attingono continuamente da atmosfere, suggestioni, citazioni recuperate dal cinema commerciale (Feature Film, Remote Viewing, 13.05.94 (Horror Movie), Through a Looking Glass, Between Darkness and Light (After William Blake), Confessions of a Justified Sinner), così come da documentari medici di repertorio (Trigger Finger, 10ms-1, Hysterical), per lasciare allo spettatore la riconquista di un ruolo centrale, un punto di vista libero e autonomo nello spazio della visione sottratto dalle rigide regole filmiche tradizionali. Con 24 Hours Psycho Gordon recupera il cult movie hitchcockiano della suspense per antonomasia, “sospendendolo” appunto, fino alla durata di 24 ore, e trasformandolo in una sorta di leit motiv, di elemento epico del suo lavoro.
Quella di Gordon, sia per la genesi sia per le modalità e gli sviluppi, può essere considerata un’arte nata “tra l’Accademia e la camera da letto”. La riflessione sul cinema e sulla visione trova infatti riferimento soprattutto nella modalità di fruizione privata. Reduce da una tipica adolescenza impregnata di “pizza & videotape”, di telecomandi e apparecchi di riproduzione accessoriati, Gordon non ha fatto altro che riversare queste possibilità nella sperimentazione artistica, approdando a più profondi temi d’indagine: il tempo, la memoria, il doppio.
Cristiana Perrella, curatrice della mostra, aveva programmato per l’occasione anche la proiezione di Zinédine Zidane, a 21st Century Portrait, ultima fatica cinematografica dell’artista scozzese co-diretta insieme al francese Philippe Parreno, ma a quanto pare, per una sorta di politica interna, il film non può essere proiettato in concomitanza con la personale di uno dei due artisti. Non resta che aspettare l’estate…

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marta silvi
mostra visitata il 27 aprile 2007


dal 2 aprile al 30 maggio 2007
Douglas Gordon – Pretty much every film and video work from about 1992 until now. To be seen on monitors, some with headphones, others run silently, and all simultaneously (1992-2007)
The British School at Rome, Via A. Gramsci 61, 00197, Roma
A cura di Cristiana Perrella – Assistente curatore: Maria Cristina Giusti
Info: (+39) 06 32649381; cap@bsrome.it – Orario: lunedì-sabato 16.00 – 19.30
Ingresso: libero – Ufficio Stampa: Rosanna Tripaldi (+39) 338 1965487
pressoffice@bsrome.itrostrip@hotmail.com


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