04 ottobre 2007

ARTE PUBBLICA IN CATTEDRA

 
È nata nel mondo anglosassone sul finire degli anni ‘60, in un momento di grande interesse per la politica e le implicazioni sociali dell'agire artistico. Ora la public art sta vivendo una seconda giovinezza nel nostro Paese. E si sviluppa sia nelle metropoli che nei piccoli centri. A Tireste se ne discute in convegno...

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La pratica della public art è inevitabilmente legata al luogo, allo spazio in cui un oggetto è collocato o un intervento prende forma. Si sviluppa nelle ricerche d’avanguardia degli anni ’60, in un periodo di generale sensibilità verso forme e linguaggi capaci di generare ricadute politiche, come ulteriore evoluzione dell’arte ambientale e della pratica performativa. Tuttora conserva in sé queste caratteristiche, anche se un taglio critico più evoluto ha correttamente centrato la questione sulla forte capacità di relazione dell’opera nei confronti dello spettatore. Contrariamente alla classica dinamica duale opera/spettatore, si può schematizzare la dinamica artistica di un’opera pubblica in un triangolo ai cui vertici sono collocati lo spettatore, l’opera (o l’intervento artistico) e il luogo; i lati della figura rappresentano il legame di relazione Fra le tre variabili e, ovviamente, più i lati hanno la medesima lunghezza più il lavoro è riuscito.
Eltjon Valle - Petrol Pax - 2007
È centrato su questi temi il convegno conclusivo della manifestazione Public art a Trieste e dintorni, ospitato presso l’università del capoluogo giuliano. L’evento chiude una rassegna che si è svolta a partire dai mesi estivi con un programma articolato, primo dei quali l’affissione di manifesti d’artista. A scadenza fissa, in alcune vie della città questi sono stati collocati in spazi solitamente utilizzati per la pubblicità. Pedoni e automobilisti hanno così potuto vedere i disegni di assonometrie esplose di Bastiaan Arler o le foto degli edifici colorati di Elisa Vladilo, che fra l’altro è stata una delle prime a utilizzare questa modalità comunicativa, a Belfast. Vladilo è presente anche nella sezione dei site specific, per la quale ricoprirà il molo di fronte alla celeberrima piazza Unità con colori e tessuti variopinti. Mentre Annalisa Cattani, lungo la banchina, inscenerà una performance sulle donne triestine: non quelle che cuciono le bandiere tricolori per i soldati italiani, bensì quelle vittime di violenze e abusi.
Christoph Steinbrener & Rainer Dempf - Delete! - 2005 - installazione a Vienna
Tra luglio e settembre si è invece tenuta una mostra documentaria nella doppia sede di Trieste e Muggia, raccogliendo alcuni dei progetti europei più interessanti degli ultimi anni, fra i quali Delete! -realizzato a Vienna nel 2005- è uno dei più significativi. L’intervento del duo Christoph SteinbrenerRainer Dempf ha coinvolto un quartiere della città, nel quale tutte le scritte e le insegne dei negozi sono state coperte di giallo, da un lato caratterizzando lo spazio urbano con un elemento ricorrente e che crea un’identità visiva, dall’altro denunciando l’affollamento visivo urbano causato dalle attività commerciali. Notevoli le proposte di Alberto Duman, che fa scrivere people live here sui tetti dei condomìni che costeggiano una delle grandi arterie stradali che uniscono le immense periferie al centro di Londra. Con John Byrne e Sara Rees, Duman è altresì protagonista di un intervento realizzato nella città di Riga. Sono stati collocati dei teli nelle piazze, il più riuscito dei quali mostra un tessuto rosso che ricorda la bandiera sovietica, ma anziché il vetusto simbolo della falce e martello è il simbolo dell’euro a fare mostra di sé. Molto diversa è invece la simbologia utilizzata dall’albanese Eltjon Valle, in uno dei progetti site specific a latere della Biennale di Venezia. L’artista ha installato un pozzo petrolifero lungo il confine italo-sloveno, dove transita uno degli oleodotti che provengono dal suo Paese. In questa chiave, Valle tenta di rovesciare la simbologia legata all’oro nero, da sempre visto come elemento di conflitto che stimola volontà di potenza e conflitti: il fluido unisce i due popoli ed è elemento centrale di sviluppo nella ricerca del progresso. Visione certamente poetica, ma che per troppo tempo resterà solo un sogno.

daniele capra

*foto in alto: Alberto Duman – People Live Here – 2001


4-5 ottobre 2007
Public Art. Convegno conclusivo del progetto a cura di Maria Campitelli
Università degli Studi – Facoltà di lettere e filosofia – Aula Magna
Via Elisa Baciocchi – 34123 Trieste
Partecipanti: artisti: Paola Di Bello, Annalisa Cattani, Artway of Thinking, Alessandro Duman, Gruppo Irwin, Bert Theis; curatori: Roberto Pinto, Marco Scotini, Lucia Farinati; architetti: Paola di Biagi, Francesco Careri, Claudio Farina, Elena Carlini e Pietro Valle, Roberto Marcatti, Topotek; Cittàdellarte -Fondazione Pistoletto
Info: tel. +39 041040567136; info@gruppo78.it; www.gruppo78.it

[exibart]

2 Commenti

  1. Mi è piaciuto molto l’intervento del duo Christoph Steinbrener-Rainer Dempf, ma non perché denuncia “l’affollamento visivo urbano causato dalle attività commerciali”. O forse mi è piaciuto NONOSTANTE la denuncia ecc. L’arte pubblica che preferisco è quella che lavora alterando i presupposti impliciti dell’esperienza quotidiana, quella che si infila negli interstizi scardinando le strutture inconsapevoli cui ci muoviamo per sperimentare qualcosa che NON SA. Mentre se “denunci” vuol dire che sai già o ritieni di sapere come “dovrebbe essere” ecc. ecc.
    Se posso, un suggerimento: creare una sezione di Exibart specifica per l’arte pubblica.
    Buon lavoro.

  2. Il 25 aprile 2000, nel paese di Verzuolo, centro di radicata tradizione partigiana nella valle Varaita, nel cuneese, e in altri centri della provincia, comparvero manifesti di nove artisti e di un poeta i cui messaggi erano germogliati nell’humus resistenziale arricchito da 55 anni di impegno dell’ANPI verzuolese. Furono affissi nei normali spazi destinati alle pubbliche affissioni, accanto alla pubblicità di pannolini o automobili. La fiaccolata del 24 aprile, che si ripete senza interruzioni dal primo anniversario della Liberazione, sempre dedicata all’affermazione della libertà in ogni nuova e specifica realtà dell’anno in corso, ha illuminato un’impalcatura di tubi innocenti che esponeva in piazza la serie dei dieci manifesti.

    Il 24 giugno 2007 una mandria di vacche in partenza per la transumanza ha indossato 18 campanacci dipinti, e sorretti da 18 collari sui quali erano stati incisi versi di 18 poeti, mentre un ensemble suonava all’aperto musiche dedicate agli addii propri di ogni partenza. Tutto intorno nel pascolo 24 bandiere innalzavano gli stessi versi dei collari su 11 metri di bambù. I margari hanno fatto sfilare le loro vacche nelle vie del centro della città di Saluzzo, meravigliosa città medioevale e capitale dei margari da quando tale pratica esiste. La cerimonia si è ripetuta nei luoghi di montagna in cui si pratica l’alpeggio e i campanacci rimarranno alle vacche cui sono stati destinati e qualcuno li rivedrà ad ogni partenza per l’alpeggio e a ogni ritorno in pianura. I bambini hanno accarezzato i grandi campanacci, li hanno fatti risuonare come in un gioco imprevisto, un montanaro ha suonato sui “roudoun” il ritmo della “boudëtto” durante una festa di borgata, una processione religiosa è stata sorpresa dalle quinte scenografiche di una lunga fila di bandiere di poesia lungo il sentiero che porta a un santuario di alta montagna … (vedi http://www.artivaganti.com )

    Quanto ho fatto con gli amici di “Spazioarte” di Saluzzo è dunque inscrivibile nella definizione di “public art”?

    In ogni caso siamo molto interessati a seguire la riflessione in corso a Trieste.

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