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Giada Randaccio Skouras Sweeny – Shadows of Time
28 Piazza di Pietra presenta dal 29 giugno al 28 luglio Shadows of Time, una personale fotografica della giovanissima Giada Randaccio Skouras-Sweeny.
Le 15 foto, tutte in bianco e nero, sono un omaggio a Milano e alle sue recenti architetture futuriste, ma anche a Roma, Parigi e Bruxelles
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La galleria 28 Piazza di Pietra presenta dal 29 giugno al 28 luglio Shadows of Time, una personale fotografica della giovanissima Giada Randaccio Skouras-Sweeny.
In esposizione 15 foto, tutte in bianco e nero, un omaggio a Milano e alle sue recenti architetture futuriste, ma anche a Roma, Parigi e Bruxelles.
Scrive Paola Severini nel testo critico che accompagna la mostra: “Conosco Giada Randaccio Skouras-Sweeny dalla fine degli anni ’80. Era allora piccolissima, una bimba appena ,ma, e sembra incredibile affermarlo, guardava già il mondo con uno sguardo "diverso" da tanti altri bambini. Chi ha detto che i bambini non sanno scegliere? Giada aveva deciso, minuscola come era, di "selezionare" in ogni caso e con enorme ostinazione, le cose che le piacevano, insomma aveva già chiaro il suo futuro, anche se poi ci ha messo un po' di tempo per scegliere la sua personale via all’estetica, ossia quello che doveva essere i compito della sua vita:selezionare la bellezza nelle cose e nel comportamento di tutti i giorni. La strada era tracciata, ora bisognava capire come arrivarci.
A Milano come a Bruxelles, a New York come a Parigi, viaggiando per lavoro o per conoscere il mondo, per ritrovare le radici (è una ragazza davvero "global" a motivo dei suoi legami familiari) Giada cercava, e fermava, fotografando "con la mente”.
Doveva,voleva,bloccarla e conservarla questa bellezza. Infatti, anche durante la sua adolescenza aveva lo sguardo di chi vuole fermare l'attimo e catturare il fascino, la preziosità proprio di quell'attimo lì:non a caso una delle sue canzoni preferite è la struggente " Que rest t’il de nous amours" cosa resta dei nostri giorni belli? Una foto, una vecchia foto.
Ora possiamo ammirarle queste foto, né vecchie né nuove: semplicemente giuste.
Le sue foto-rigorosamente in bianco e nero sono senza tempo e restano a testimoniare un lungo percorso interiore, segnali di espressione di una persona giovane anagraficamente ma già tanto matura, non solo perché affermata a livello internazionale. Giada si è sempre gettata nelle sue passioni senza riserve, come faceva quando era bambina: se non avesse partecipato ad un concorso internazionale, attraverso il social network per artisti see.com non avrebbe, così giovane, "illuminato Manhattan" come ha scritto un quotidiano italiano: grazie a questo concorso infatti due sue foto sono state proiettate su un intero palazzo di ventisei piani a Times Square a NY ed è stata vista e apprezzata in un luogo mitico dove passano migliaia e migliaia di persone ogni giorno.
In questa rincorsa per acchiappare le sensazioni e poi trasferirle con generosità agli altri (alla sua famiglia-che adora-alle sue amiche con le quali vive da sempre un rapporto intenso di sorellanza) Giada diventa finalmente "autore" trovando la sua strada vera:l a fotografia.
E ognuna di queste 15 foto sono un pezzo della sua vita, vita vissuta, vita sognata. "Prima sogno i miei dipinti poi dipingo i miei sogni”, diceva Vincent van Gogh; Giada, prima le sogna le sue foto e poi le scatta.
Ognuna di queste foto sono in realtà brevi film: infatti, lei, appassionata di cinema, resta confinata (ma in modo positivo), nel classico: Casablanca e Blade Runner, Citizen Kane...e interpreta con il suo lavoro le sequenze di questi film, con uno stile tutto personale.
Per esempio, se le si chiede, a proposito di Quarto Potere, quale sia la sua Rosebud, il "suo" oggetto trascendentale ebbene l'immagine della finestra, che " è mia nonna”.
Potrebbe essere la dichiarazione di un pittore di still life, più che di un fotografo. Il Santo che si getta nel vuoto dalle guglie del duomo di Milano è certamente la sua interpretazione del replicante impersonato da Rutger Hauer in Blade Runner. E ancora nel film ispirato al romanzo di Philip Dick, i grattaceli di Milano, dove gli uomini non ci sono ma i replicanti forse si. La strada che è invece della vecchia Europa, con l'ombra di un uomo, io la leggo come un addio all’infanzia. L’ultima, la panchina vuota è tutto quello che accadrà, chi si siederà in quella panchina, chi e cosa arriverà.
Aspettiamo un'altra ultima foto,e poi un'altra e un'altra ancora: aspettiamo, ora che conosciamo la sera e il pomeriggio e la notte: aspettiamo il futuro, di vedere insieme con lei la luce di un mattino, ora che è nato "un fotografo”.
In esposizione 15 foto, tutte in bianco e nero, un omaggio a Milano e alle sue recenti architetture futuriste, ma anche a Roma, Parigi e Bruxelles.
Scrive Paola Severini nel testo critico che accompagna la mostra: “Conosco Giada Randaccio Skouras-Sweeny dalla fine degli anni ’80. Era allora piccolissima, una bimba appena ,ma, e sembra incredibile affermarlo, guardava già il mondo con uno sguardo "diverso" da tanti altri bambini. Chi ha detto che i bambini non sanno scegliere? Giada aveva deciso, minuscola come era, di "selezionare" in ogni caso e con enorme ostinazione, le cose che le piacevano, insomma aveva già chiaro il suo futuro, anche se poi ci ha messo un po' di tempo per scegliere la sua personale via all’estetica, ossia quello che doveva essere i compito della sua vita:selezionare la bellezza nelle cose e nel comportamento di tutti i giorni. La strada era tracciata, ora bisognava capire come arrivarci.
A Milano come a Bruxelles, a New York come a Parigi, viaggiando per lavoro o per conoscere il mondo, per ritrovare le radici (è una ragazza davvero "global" a motivo dei suoi legami familiari) Giada cercava, e fermava, fotografando "con la mente”.
Doveva,voleva,bloccarla e conservarla questa bellezza. Infatti, anche durante la sua adolescenza aveva lo sguardo di chi vuole fermare l'attimo e catturare il fascino, la preziosità proprio di quell'attimo lì:non a caso una delle sue canzoni preferite è la struggente " Que rest t’il de nous amours" cosa resta dei nostri giorni belli? Una foto, una vecchia foto.
Ora possiamo ammirarle queste foto, né vecchie né nuove: semplicemente giuste.
Le sue foto-rigorosamente in bianco e nero sono senza tempo e restano a testimoniare un lungo percorso interiore, segnali di espressione di una persona giovane anagraficamente ma già tanto matura, non solo perché affermata a livello internazionale. Giada si è sempre gettata nelle sue passioni senza riserve, come faceva quando era bambina: se non avesse partecipato ad un concorso internazionale, attraverso il social network per artisti see.com non avrebbe, così giovane, "illuminato Manhattan" come ha scritto un quotidiano italiano: grazie a questo concorso infatti due sue foto sono state proiettate su un intero palazzo di ventisei piani a Times Square a NY ed è stata vista e apprezzata in un luogo mitico dove passano migliaia e migliaia di persone ogni giorno.
In questa rincorsa per acchiappare le sensazioni e poi trasferirle con generosità agli altri (alla sua famiglia-che adora-alle sue amiche con le quali vive da sempre un rapporto intenso di sorellanza) Giada diventa finalmente "autore" trovando la sua strada vera:l a fotografia.
E ognuna di queste 15 foto sono un pezzo della sua vita, vita vissuta, vita sognata. "Prima sogno i miei dipinti poi dipingo i miei sogni”, diceva Vincent van Gogh; Giada, prima le sogna le sue foto e poi le scatta.
Ognuna di queste foto sono in realtà brevi film: infatti, lei, appassionata di cinema, resta confinata (ma in modo positivo), nel classico: Casablanca e Blade Runner, Citizen Kane...e interpreta con il suo lavoro le sequenze di questi film, con uno stile tutto personale.
Per esempio, se le si chiede, a proposito di Quarto Potere, quale sia la sua Rosebud, il "suo" oggetto trascendentale ebbene l'immagine della finestra, che " è mia nonna”.
Potrebbe essere la dichiarazione di un pittore di still life, più che di un fotografo. Il Santo che si getta nel vuoto dalle guglie del duomo di Milano è certamente la sua interpretazione del replicante impersonato da Rutger Hauer in Blade Runner. E ancora nel film ispirato al romanzo di Philip Dick, i grattaceli di Milano, dove gli uomini non ci sono ma i replicanti forse si. La strada che è invece della vecchia Europa, con l'ombra di un uomo, io la leggo come un addio all’infanzia. L’ultima, la panchina vuota è tutto quello che accadrà, chi si siederà in quella panchina, chi e cosa arriverà.
Aspettiamo un'altra ultima foto,e poi un'altra e un'altra ancora: aspettiamo, ora che conosciamo la sera e il pomeriggio e la notte: aspettiamo il futuro, di vedere insieme con lei la luce di un mattino, ora che è nato "un fotografo”.
28
giugno 2016
Giada Randaccio Skouras Sweeny – Shadows of Time
Dal 28 giugno al 28 luglio 2016
architettura
fotografia
fotografia
Location
28 PIAZZA DI PIETRA – FINE ART GALLERY
Roma, Piazza Di Pietra, 28, (Roma)
Roma, Piazza Di Pietra, 28, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 11-13 e 16-20; chiuso lunedì mattina
Vernissage
28 Giugno 2016, ore 18.30
Autore