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Inaugurazione + Horcynus Festival
Horcynus Festival: martedì 28 luglio al complesso monumentale di Capo Peloro l’inaugurazione del MACHO – Museo d’Arte Contemporanea Horcynus Orca
Comunicato stampa
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Dopo l’inaugurazione eoliana di domenica, martedì 28 luglio l’Horcynus Festival 2015 si trasferisce a Capo
Peloro per la seconda giornata di festival. Evento speciale l’inaugurazione del MACHO – Museo d’Arte Contemporanea
Horcynus Orca, prevista alle ore 18.00 al Complesso Monumentale di Capo Peloro.
Il polo espositivo, curato da Martina Corgnati (storica dell’arte, docente all’Accademia di Brera di Milano, membro del
Comitato Scientifico e direttore del settore Arti Visive della Fondazione Horcynus Orca), nasce da un progetto di ricerca
sulle arti visive dei contesti culturali e geo-politici mediterranei intrapreso dal momento stesso della nascita della
Fondazione Horcynus Orca, le cui attività espositive sono sempre state concepite non solo come evento effimero ma
come strumento di arricchimento permanente del territorio e di sviluppo di una collezione, aperta a comprendere tutti i
generi artistici e i linguaggi della creatività contemporanea.
La formazione di questa collezione aperta e in continuo arricchimento, è stata resa possibile grazie alla generosità dei
numerosi donatori, artisti, collezionisti, critici e teorici, che hanno creduto nella Fondazione e, nel tempo, hanno scelto di
collaborarci. Oggi il MACHO propone una collezione di un centinaio di opere, esposte nel percorso di visita permanente,
e un archivio video di circa 500 titoli, opera di 200 artisti e più. L’inaugurazione costituisce un’importante tappa
dell’infrastrutturazione culturale del territorio e insieme trasforma i percorsi di ricerca della Fondazione in Bene Comune
Nelle dieci sale si incontrano i percorsi dell’astrazione italiana, alcune personalità fra le più importanti emerse nel mondo
arabo dal 2000 in poi, il progeto Signes de Rencontre, realizzato a Tunisi nel 2012 da Agostino Ferrari e Nja Mahdaoui,
l’installazione dello spagnolo Ramon De Soto e i lavori dell’israeliano Tsibi Geva. E ancora le opere di uno dei più
celebri artisti italiani contemporanei, Emilio Isgrò e quelle dell’artista palestinese Emily Jacir, esposte insieme ad Agnese
Purgatorio e Natividad Navalon. Le opere esposte sono frutto di donazioni da parte degli artisti o della curatrice.
La prima sala è dedicata alle opere dei protagonisti dell’astrazione di segno, che ha attraversato la sua stagione più
importante fra gli anni Cinquanta e Sessanta (Agostino Ferrari), dell’astrazione lirica e concettuale degli anni Settanta
(Luciano Bartolini) e della linea “fredda”, progettuale e strutturale, delle ricerche artistiche italiane fra anni Ottanta e
Novanta, teorizzata soprattutto dal critico Enrico Crispolti e rappresentata qui da Gianfranco Anastasio e Gianfranco
D’Alonzo. Altre presenze in questa sala sono quella dello scultore Angelo Casciello e del designer e scultore Riccardo
La seconda sala ospita i lavori degli artisti egiziani Nermine Hammam, con Metanoia (2009), progetto fotografico
realizzato nell’ospedale psichiatrico del Cairo, Khaled Hafez, con una tela di gusto pop-concettuale che combina
divinità egiziane a supereroi occidentali, Amal Kenawy con una tela e il video della serie You will be killed (2006)
dall’intensità visionaria e drammatica e uno straordinario lavoro di animazione, e Moataz Nasr con il video e
un’installazione fotografica del lavoro intitolato Water (2000). Insieme a loro, un’installazione side-specific dedicata alla
preghiera dal libanese Salah Saouli, realizzata per la Fondazione Horcynus Orca in occasione della mostra Sud-Est
La terza sala è interamente dedicata a Signes de Rencontre, un progetto, ideato e curato da Martina Corgnati, realizzato a
Tunisi nel febbraio 2012, dove Agostino Ferrari ha compiuto una performance insieme a Nja Mahdaoui (1937),
celebre calligrafo e artista tunisino. I due hanno dipinto insieme una grande tela a quattro mani, mettendo a confronto le
rispettive culture e tradizioni: il segno astratto, su cui Ferrari lavora da mezzo secolo, e la calligrafia araba, che Madhaoui
ha spogliato progressivamente da ogni significazione per trasformarla in gesto sensibile, vivo e libero.
La quarta sala espone l’installazione Homenaje a las aguas del Leteo (Omaggio alle acque del Lete), realizzata
dall’artista spagnolo Ramon De Soto, recentemente scomparso, in occasione della mostra “Incontri Mediterranei–Nord-
Ovest”. Sono dieci opere in acciaio ossidato dedicate al tema del tempo e della memoria; una riflessione che l’artista, fra
i maggiori scultori spagnoli contemporanei, sviluppa da anni attraverso lavori di grande purezza formale che vivono da
Fondazione Horcynus Orca - Edificio Ex Tiro a Volo, Capo Peloro, Messina
+39 090-9032738, info@horcynusorca.it, www.horcynusorca.it
soli ma anche, soprattutto, nella relazione fra l’uno e l’altro nello spazio sospeso dell’installazione. Ramon De Soto è
stato interprete sottile e profondo di quella linea astratta della scultura che in Spagna si è protratta per tutto il secolo e
comprende figure celebrate in tutto il mondo come Eduardo Chillida o Jorge Oteiza. De Soto, nel tempo, ha creato veri e
propri paesaggi plastici intensamente poetici, “luoghi” in cui la cultura orientale del silenzio e della meditazione incontra
la pratica occidentale della costruzione di spazi artificiali.
La quinta sala è dedicata al lavoro di Tsibi Geva, fra i più noti artisti israeliani contemporanei, figlio di un architetto
sopravvissuto alla Shoa e rappresentante autorevole di quello stile razionalista e Bauhaus, così importante nel paesaggio
di Israele. Il confronto con la cultura del padre, continuamente articolato nel corso degli anni, ha prodotto in lui, pittore
dall’intenso tratto espressionista, un bisogno di sviluppare le sue opere su scala ambientale, ricorrendo spesso ad oggetti
e materiali di recupero. Il suo lavoro diventa così una potente riflessione sugli strati storici e culturali che danno forma
all’identità di un popolo e di un paesaggio. L’installazione esposta era stata realizzata appositamente per la mostra
personale del 2012 in occasione dell’Horcynus Festival, con materiali trovati a Messina: si intitola The bird inside stands
outside (L’uccello dentro sta fuori), un riferimento alla dimensione complessa della pittura che, in realtà, non rappresenta
nulla ma invece instaura una dialettica ricca e complessa fra interno ed esterno, appartenenza e relazione con l’altro,
bellezza e violenza.
La sesta sala accoglie due installazioni e una porta donate da Emilio Isgrò, uno dei più celebri artisti italiani
contemporanei, originario di Barcellona Pozzo di Gotto e anche per questo specialmente sensibile alla volontà di
costituire un polo artistico e culturale forte a Messina che la Fondazione ha sempre avuto. Dice l’artista a proposito
dell’installazione dedicata alle api scatenate: “Non è la prima volta che uso le api per le mie mostre, ma in questa
occasione si tratta di api eoliane e siciliane, cioè di insetti in grado di sopravvivere all’inquinamento che sta
distruggendo tutte le altre api del mondo. Come se la sapienza millenaria di cui le api sono portatrici, suggendo il miele
dai fiori delle grandi culture mediterranee – da quella greca a quella araba, da quella fenicia a quella normanna –
potesse ancora lanciare un segnale di fiducia a un’Europa che sembra sgretolarsi sotto il peso della sua stessa storia”.
La settima e ultima sala, dedicata alle esposizioni temporanee, affronta, declinato al femminile, il tema del viaggio,
esperienza profondamente legata allo spirito che ha animato le ricerche e gli interessi della Fondazione, a partire dal suo
stesso nome, “Horcynus Orca”, titolo del grande romanzo di Stefano D’Arrigo, narrazione del viaggio del moderno
Ulisse siciliano, soldato allo sbando dopo l’Otto Settembre. I viaggi, veri o metaforici, presentati in questa sala, sono
interpretati da quattro artiste donne, attive in punti diversi del Mediterraneo o lungo le rotte di quei tormentati flussi
migratori che in questi anni hanno attraversato e continuano ad attraversare l’Europa: di Paola Di Bello è esposto Video
Rom del 1998, un lavoro già storico che ricostruisce un “ponte” video e fotografico fra le famiglie ROM divise
dall’emigrazione fra Italia e Romania; storico (2002) è anche il video di Emily Jacir, Crossing Surda, documentazione
abusiva dell’attraversamento di un check-point fra Israele e Territori Palestinesi compiuto dall’artista stessa con la video-
camera nascosta in una borsetta; Natividad Navalon presenta invece, attraverso alcune immagini fotografiche (2012)
un’idea del viaggio nel tempo che ogni donna compie nel corso della sua vita; infine Agnese Purgatorio, che da
moltissimo tempo dedica il suo lavoro e la sua attenzione alla dimensione della “clandestinità”, presenta un collage
fotografico del 2007/08, monumentale ciminiera-comignolo che ricorda le navi e offre uno scomodo rifugio alle
immagini dei migranti.
Dopo l’inaugurazione del MACHO, l’Horcynus Festival prosegue alle 19.00 con la sezione “A come Armenia” dedicata
al paese ospite, con la presentazione del film documentario di Tonino Guerra e della prima parte del film “Armenia
2015” di Matteo Bernardini. Termina il ciclo di proiezioni la conversazione di Martina Corgnati con Armen
Garabedian. A seguire, la presentazione del libro “Sotto un cielo indifferente” di Vasken Berberian, che riceverà, alla
presenza dell’Ambasciatore della Repubblica Armena in Italia Sargis Ghazaryan, il premio Horcynus Orca 2015.
Alle 22.30, il primo appuntamento con la sezione “Musica Nomade”, diretta da Giacomo Farina, e il concerto
dell’Ensemble dello Stretto per l’Armenia. Protagonista l’Orchestra d’archi Sinfonietta Messina, diretta dal Maestro
Maurizio Salemi, insieme a Melo Mafali (tastiere e arrangiamenti), Giancarlo Parisi (fiati), Alessandro Blanco
(chitarra), Giorgio Rizzo (percussioni), Carmelo Colajanni (duduk). In programma il terzo, il quarto e il quinto
movimento dell’Armenian Suite, del compositore armeno Jeff Manookian, che lavora da decenni sulla riscoperta dello
spirito e dell’energia della musica armena. A seguire Lament – Gezalz Khrov, Marali – Dance of Shusha, La
Primavera, Double Duduk, The rose of Armenia, Festive Song.
L’inaugurazione del MACHO e il concerto dell’Ensemble dello Stretto per l’Armenia sono inseriti in Ottoeventi, festival
sperimentale per la costituzione del Centro di Competenza per l’arte e l’architettura contemporanea ARCO, organizzata
Fondazione Horcynus Orca - Edificio Ex Tiro a Volo, Capo Peloro, Messina
+39 090-9032738, info@horcynusorca.it, www.horcynusorca.it
dall'ATS con Comune di Messina (capofila), GTS Consulting Srl, Grafo Editor Srl, Europrogetti & Finanza Srl e Sud
Dimensione Servizi Srl. Finanziato dal PO-FESR 2007-2013, linea di intervento 3.1.3.3. Sviluppo di servizi culturali al
territorio e alla produzione artistica e artigianale, che opera nel campo dell’arte e dell’architettura contemporanea.
Peloro per la seconda giornata di festival. Evento speciale l’inaugurazione del MACHO – Museo d’Arte Contemporanea
Horcynus Orca, prevista alle ore 18.00 al Complesso Monumentale di Capo Peloro.
Il polo espositivo, curato da Martina Corgnati (storica dell’arte, docente all’Accademia di Brera di Milano, membro del
Comitato Scientifico e direttore del settore Arti Visive della Fondazione Horcynus Orca), nasce da un progetto di ricerca
sulle arti visive dei contesti culturali e geo-politici mediterranei intrapreso dal momento stesso della nascita della
Fondazione Horcynus Orca, le cui attività espositive sono sempre state concepite non solo come evento effimero ma
come strumento di arricchimento permanente del territorio e di sviluppo di una collezione, aperta a comprendere tutti i
generi artistici e i linguaggi della creatività contemporanea.
La formazione di questa collezione aperta e in continuo arricchimento, è stata resa possibile grazie alla generosità dei
numerosi donatori, artisti, collezionisti, critici e teorici, che hanno creduto nella Fondazione e, nel tempo, hanno scelto di
collaborarci. Oggi il MACHO propone una collezione di un centinaio di opere, esposte nel percorso di visita permanente,
e un archivio video di circa 500 titoli, opera di 200 artisti e più. L’inaugurazione costituisce un’importante tappa
dell’infrastrutturazione culturale del territorio e insieme trasforma i percorsi di ricerca della Fondazione in Bene Comune
Nelle dieci sale si incontrano i percorsi dell’astrazione italiana, alcune personalità fra le più importanti emerse nel mondo
arabo dal 2000 in poi, il progeto Signes de Rencontre, realizzato a Tunisi nel 2012 da Agostino Ferrari e Nja Mahdaoui,
l’installazione dello spagnolo Ramon De Soto e i lavori dell’israeliano Tsibi Geva. E ancora le opere di uno dei più
celebri artisti italiani contemporanei, Emilio Isgrò e quelle dell’artista palestinese Emily Jacir, esposte insieme ad Agnese
Purgatorio e Natividad Navalon. Le opere esposte sono frutto di donazioni da parte degli artisti o della curatrice.
La prima sala è dedicata alle opere dei protagonisti dell’astrazione di segno, che ha attraversato la sua stagione più
importante fra gli anni Cinquanta e Sessanta (Agostino Ferrari), dell’astrazione lirica e concettuale degli anni Settanta
(Luciano Bartolini) e della linea “fredda”, progettuale e strutturale, delle ricerche artistiche italiane fra anni Ottanta e
Novanta, teorizzata soprattutto dal critico Enrico Crispolti e rappresentata qui da Gianfranco Anastasio e Gianfranco
D’Alonzo. Altre presenze in questa sala sono quella dello scultore Angelo Casciello e del designer e scultore Riccardo
La seconda sala ospita i lavori degli artisti egiziani Nermine Hammam, con Metanoia (2009), progetto fotografico
realizzato nell’ospedale psichiatrico del Cairo, Khaled Hafez, con una tela di gusto pop-concettuale che combina
divinità egiziane a supereroi occidentali, Amal Kenawy con una tela e il video della serie You will be killed (2006)
dall’intensità visionaria e drammatica e uno straordinario lavoro di animazione, e Moataz Nasr con il video e
un’installazione fotografica del lavoro intitolato Water (2000). Insieme a loro, un’installazione side-specific dedicata alla
preghiera dal libanese Salah Saouli, realizzata per la Fondazione Horcynus Orca in occasione della mostra Sud-Est
La terza sala è interamente dedicata a Signes de Rencontre, un progetto, ideato e curato da Martina Corgnati, realizzato a
Tunisi nel febbraio 2012, dove Agostino Ferrari ha compiuto una performance insieme a Nja Mahdaoui (1937),
celebre calligrafo e artista tunisino. I due hanno dipinto insieme una grande tela a quattro mani, mettendo a confronto le
rispettive culture e tradizioni: il segno astratto, su cui Ferrari lavora da mezzo secolo, e la calligrafia araba, che Madhaoui
ha spogliato progressivamente da ogni significazione per trasformarla in gesto sensibile, vivo e libero.
La quarta sala espone l’installazione Homenaje a las aguas del Leteo (Omaggio alle acque del Lete), realizzata
dall’artista spagnolo Ramon De Soto, recentemente scomparso, in occasione della mostra “Incontri Mediterranei–Nord-
Ovest”. Sono dieci opere in acciaio ossidato dedicate al tema del tempo e della memoria; una riflessione che l’artista, fra
i maggiori scultori spagnoli contemporanei, sviluppa da anni attraverso lavori di grande purezza formale che vivono da
Fondazione Horcynus Orca - Edificio Ex Tiro a Volo, Capo Peloro, Messina
+39 090-9032738, info@horcynusorca.it, www.horcynusorca.it
soli ma anche, soprattutto, nella relazione fra l’uno e l’altro nello spazio sospeso dell’installazione. Ramon De Soto è
stato interprete sottile e profondo di quella linea astratta della scultura che in Spagna si è protratta per tutto il secolo e
comprende figure celebrate in tutto il mondo come Eduardo Chillida o Jorge Oteiza. De Soto, nel tempo, ha creato veri e
propri paesaggi plastici intensamente poetici, “luoghi” in cui la cultura orientale del silenzio e della meditazione incontra
la pratica occidentale della costruzione di spazi artificiali.
La quinta sala è dedicata al lavoro di Tsibi Geva, fra i più noti artisti israeliani contemporanei, figlio di un architetto
sopravvissuto alla Shoa e rappresentante autorevole di quello stile razionalista e Bauhaus, così importante nel paesaggio
di Israele. Il confronto con la cultura del padre, continuamente articolato nel corso degli anni, ha prodotto in lui, pittore
dall’intenso tratto espressionista, un bisogno di sviluppare le sue opere su scala ambientale, ricorrendo spesso ad oggetti
e materiali di recupero. Il suo lavoro diventa così una potente riflessione sugli strati storici e culturali che danno forma
all’identità di un popolo e di un paesaggio. L’installazione esposta era stata realizzata appositamente per la mostra
personale del 2012 in occasione dell’Horcynus Festival, con materiali trovati a Messina: si intitola The bird inside stands
outside (L’uccello dentro sta fuori), un riferimento alla dimensione complessa della pittura che, in realtà, non rappresenta
nulla ma invece instaura una dialettica ricca e complessa fra interno ed esterno, appartenenza e relazione con l’altro,
bellezza e violenza.
La sesta sala accoglie due installazioni e una porta donate da Emilio Isgrò, uno dei più celebri artisti italiani
contemporanei, originario di Barcellona Pozzo di Gotto e anche per questo specialmente sensibile alla volontà di
costituire un polo artistico e culturale forte a Messina che la Fondazione ha sempre avuto. Dice l’artista a proposito
dell’installazione dedicata alle api scatenate: “Non è la prima volta che uso le api per le mie mostre, ma in questa
occasione si tratta di api eoliane e siciliane, cioè di insetti in grado di sopravvivere all’inquinamento che sta
distruggendo tutte le altre api del mondo. Come se la sapienza millenaria di cui le api sono portatrici, suggendo il miele
dai fiori delle grandi culture mediterranee – da quella greca a quella araba, da quella fenicia a quella normanna –
potesse ancora lanciare un segnale di fiducia a un’Europa che sembra sgretolarsi sotto il peso della sua stessa storia”.
La settima e ultima sala, dedicata alle esposizioni temporanee, affronta, declinato al femminile, il tema del viaggio,
esperienza profondamente legata allo spirito che ha animato le ricerche e gli interessi della Fondazione, a partire dal suo
stesso nome, “Horcynus Orca”, titolo del grande romanzo di Stefano D’Arrigo, narrazione del viaggio del moderno
Ulisse siciliano, soldato allo sbando dopo l’Otto Settembre. I viaggi, veri o metaforici, presentati in questa sala, sono
interpretati da quattro artiste donne, attive in punti diversi del Mediterraneo o lungo le rotte di quei tormentati flussi
migratori che in questi anni hanno attraversato e continuano ad attraversare l’Europa: di Paola Di Bello è esposto Video
Rom del 1998, un lavoro già storico che ricostruisce un “ponte” video e fotografico fra le famiglie ROM divise
dall’emigrazione fra Italia e Romania; storico (2002) è anche il video di Emily Jacir, Crossing Surda, documentazione
abusiva dell’attraversamento di un check-point fra Israele e Territori Palestinesi compiuto dall’artista stessa con la video-
camera nascosta in una borsetta; Natividad Navalon presenta invece, attraverso alcune immagini fotografiche (2012)
un’idea del viaggio nel tempo che ogni donna compie nel corso della sua vita; infine Agnese Purgatorio, che da
moltissimo tempo dedica il suo lavoro e la sua attenzione alla dimensione della “clandestinità”, presenta un collage
fotografico del 2007/08, monumentale ciminiera-comignolo che ricorda le navi e offre uno scomodo rifugio alle
immagini dei migranti.
Dopo l’inaugurazione del MACHO, l’Horcynus Festival prosegue alle 19.00 con la sezione “A come Armenia” dedicata
al paese ospite, con la presentazione del film documentario di Tonino Guerra e della prima parte del film “Armenia
2015” di Matteo Bernardini. Termina il ciclo di proiezioni la conversazione di Martina Corgnati con Armen
Garabedian. A seguire, la presentazione del libro “Sotto un cielo indifferente” di Vasken Berberian, che riceverà, alla
presenza dell’Ambasciatore della Repubblica Armena in Italia Sargis Ghazaryan, il premio Horcynus Orca 2015.
Alle 22.30, il primo appuntamento con la sezione “Musica Nomade”, diretta da Giacomo Farina, e il concerto
dell’Ensemble dello Stretto per l’Armenia. Protagonista l’Orchestra d’archi Sinfonietta Messina, diretta dal Maestro
Maurizio Salemi, insieme a Melo Mafali (tastiere e arrangiamenti), Giancarlo Parisi (fiati), Alessandro Blanco
(chitarra), Giorgio Rizzo (percussioni), Carmelo Colajanni (duduk). In programma il terzo, il quarto e il quinto
movimento dell’Armenian Suite, del compositore armeno Jeff Manookian, che lavora da decenni sulla riscoperta dello
spirito e dell’energia della musica armena. A seguire Lament – Gezalz Khrov, Marali – Dance of Shusha, La
Primavera, Double Duduk, The rose of Armenia, Festive Song.
L’inaugurazione del MACHO e il concerto dell’Ensemble dello Stretto per l’Armenia sono inseriti in Ottoeventi, festival
sperimentale per la costituzione del Centro di Competenza per l’arte e l’architettura contemporanea ARCO, organizzata
Fondazione Horcynus Orca - Edificio Ex Tiro a Volo, Capo Peloro, Messina
+39 090-9032738, info@horcynusorca.it, www.horcynusorca.it
dall'ATS con Comune di Messina (capofila), GTS Consulting Srl, Grafo Editor Srl, Europrogetti & Finanza Srl e Sud
Dimensione Servizi Srl. Finanziato dal PO-FESR 2007-2013, linea di intervento 3.1.3.3. Sviluppo di servizi culturali al
territorio e alla produzione artistica e artigianale, che opera nel campo dell’arte e dell’architettura contemporanea.
28
luglio 2015
Inaugurazione + Horcynus Festival
28 luglio 2015
Location
MACHO – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA HORCYNUS ORCA
Messina, Capo Peloro, (Messina)
Messina, Capo Peloro, (Messina)
Vernissage
28 Luglio 2015, h 18
Curatore