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Marco Luzi
La cifra stilistica del giovane artista marchigiano si muove tra l’ambito del ritratto, o meglio dell’autoritratto, e quello del nudo
Comunicato stampa
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Geniale e imprevedibile, schivo e solitario, Marco Luzi rappresenta una delle più belle realtà della giovane arte figurativa italiana.
Luzi è partito da lontano, dalle lontane - artisticamente - terre delle Marche per giungere sul palcoscenico principale della nuova figurazione. La sua cifra stilistica più caratteristica, ora facilmente riconoscibile, si è sempre mossa tra l’ambito del ritratto, o meglio dell’autoritratto, e in quello del nudo.
Nel primo caso, al di là di una perizia tecnica, difficilmente attaccabile, Luzi opera delle vere e proprie analisi anatomiche, ingigantendo, laddove lo ritiene opportuno, dei particolari, com’è nel caso delle mani che si palesano sulle vestigia del fantasma di un corpo verde, o in quello della minuziosa definizione del bulbo pilifero, come nel caso di "L’uomo che aveva il pelo duro come il ferro". Luzi compie così un’introspezione psicologica molto profonda, addirittura ‘fisica’, per cercare le ragioni di un’esistenza che a volte pare assurda e fuori da ogni logica.
Nell’altro caso, quello del nudo, Luzi sgombra il campo da qualsiasi tentazione accademica. I suoi corpi svestiti sono una rappresentazione onirica delle sue ossessioni che vivono di una profonda dicotomia tra il pieno della carne, a volte generosa, e la vacuità della tela, volutamente lasciata senza sfondo.
Un ultimo accenno a quelle tele che forse già segnano un confine di passaggio a una nuova fase espressiva, a metà tra la tradizione popolare e le suggestioni culturali surrealiste, quello cioè che rappresenta un cappotto sul quale si staglia una figura ieratica e quello in cui un maialino volante sorvola le trame della tela del quadro.
Luzi è partito da lontano, dalle lontane - artisticamente - terre delle Marche per giungere sul palcoscenico principale della nuova figurazione. La sua cifra stilistica più caratteristica, ora facilmente riconoscibile, si è sempre mossa tra l’ambito del ritratto, o meglio dell’autoritratto, e in quello del nudo.
Nel primo caso, al di là di una perizia tecnica, difficilmente attaccabile, Luzi opera delle vere e proprie analisi anatomiche, ingigantendo, laddove lo ritiene opportuno, dei particolari, com’è nel caso delle mani che si palesano sulle vestigia del fantasma di un corpo verde, o in quello della minuziosa definizione del bulbo pilifero, come nel caso di "L’uomo che aveva il pelo duro come il ferro". Luzi compie così un’introspezione psicologica molto profonda, addirittura ‘fisica’, per cercare le ragioni di un’esistenza che a volte pare assurda e fuori da ogni logica.
Nell’altro caso, quello del nudo, Luzi sgombra il campo da qualsiasi tentazione accademica. I suoi corpi svestiti sono una rappresentazione onirica delle sue ossessioni che vivono di una profonda dicotomia tra il pieno della carne, a volte generosa, e la vacuità della tela, volutamente lasciata senza sfondo.
Un ultimo accenno a quelle tele che forse già segnano un confine di passaggio a una nuova fase espressiva, a metà tra la tradizione popolare e le suggestioni culturali surrealiste, quello cioè che rappresenta un cappotto sul quale si staglia una figura ieratica e quello in cui un maialino volante sorvola le trame della tela del quadro.
01
dicembre 2007
Marco Luzi
Dal primo al 29 dicembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA TRIANGOLOARTE
Bergamo, Via Jacopo Palma Il Vecchio, 18, (Bergamo)
Bergamo, Via Jacopo Palma Il Vecchio, 18, (Bergamo)
Orario di apertura
Orari: Lun/Sab: 10 - 12.30 e 16 - 19.30. Dom:16-19.30
Vernissage
1 Dicembre 2007, ore 18
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