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Michele D’Avenia – I volti dell’emozione
La mostra, della quale è stato realizzato un elegante catalogo con testo critico di Lucio Barbera, illustra i più recenti approdi del percorso artistico del quarantenne maestro messinese, che si annovera fra i più interessanti esponenti della nuova figurazione italiana ed internazionale
Comunicato stampa
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Il Teatro Vittorio Emanuele di Messina apre il sipario al “proprio” artista Michele D’Avenia, ospitandone l’accattivante mostra dal titolo “I volti dell’emozione”, curata da Lucio Barbera, che sarà inaugurata sabato 25 novembre alle ore 19,30.
La mostra, della quale è stato realizzato un elegante catalogo con testo critico di Lucio Barbera, illustra i più recenti approdi del percorso artistico del quarantenne maestro messinese, che si annovera fra i più interessanti esponenti della nuova figurazione italiana ed internazionale.
Saranno esposti al pubblico fino al 15 dicembre p.v., circa 25 dipinti frutto della più recente produzione, attraverso i quali, con una figurazione il cui segno si ispira alla più alta tradizione pittorica italiana, volti ed emozioni umane affiorano dal buio e dalla penombra (fisici ed esistenziali al tempo stesso), per consegnarsi, con tutta la loro intensità, alle pieghe dell’anima piuttosto che all’occhio attento di chi guarda.
Oltre l’apparenza, quindi, che indurrebbe a soffermarsi sulla precisione quasi maniacale di una pennellata sempre estremamente controllata e misurata, sulle scelte cromatiche attentamente soppesate e calibrate, su impalcature studiatissime in cui la ricerca dell’equilibrio è portata all’estremo, ciò che affiora è sempre la forza dell’emozione e l’intensità del sentimento che promana comunque, sia dalle figure – sempre femminili – protagoniste di molti dipinti, che dalle composizioni di frutta o oggetti che, pur giacendo inanimate su piani immobili in un’atmosfera senza tempo, raccontano storie di vita, frammenti, fotogrammi di un’esistenza nel cui substrato emozionale è quasi inevitabile riconoscersi.
E l’intensità delle atmosfere ottenute col sapiente uso dello strumento pittorico, raggiunge l’apice della forza nelle sculture presenti in mostra, realizzate con materiali diversi: il gesso, la terracotta, l’alabastro, la pietra di Siracusa, il legno, il marmo statuario; quest’ultimo gli è valso, nel 2004, il Premio Arte Mondadori per la scultura con la splendida opera “L’altra faccia del peccato”, che ha riscosso un meritato successo alla mostra che ne seguì al Museo della Permanente a Milano.
Qualunque sia il materiale usato, le sculture attraggono, oltre che per la perfezione e la morbidezza delle pieghe e delle forme, per la delicatezza espressiva non disgiunta da una forza interiore che, promanando dal gesto dell’artista, attraversa la materia dal di dentro per farsi forma, contorno ed essenza stessa del soggetto rappresentato.
E, come osserva Lucio Barbera in catalogo, è forse la “scultura di D’Avenia” ad insidiare la “pittura di D’Avenia” che, tuttavia, rimane il suo grande amore, una dolce ossessione, come è testimoniato da un percorso che lo ha portato sempre più ad affinare gli strumenti espressivi messi al servizio di un’idea che lo guida e lo tormenta quando, con sapienza e partecipazione, seguita a fare i conti con la “natura morta”, o a indagare sulla persona umana, ponendosi così tra gli esponenti di punta di quella che il critico definisce “Human@rt”, cioè una pittura che, con i suoi strumenti antichi e moderni, ristrutturando al suo interno i vari linguaggi del presente, pienamente accetta la sfida della realtà; oggi, probabilmente, l’unica vera e possibile forma di avanguardia.
Si potrebbe dunque dire, scrive Barbera, “D’Avenia contro D’Avenia”, se poi il supposto conflitto, tra la pittura e la scultura, non fosse la precisa testimonianza di un impegno unitario che è, al tempo stesso, estetico ed etico.
Si precisano nel “dopo” (la scultura), i temi di ciò che è venuto “prima” (la pittura): la natura morta e la condizione umana, le due vie di un’indagine attenta e raffinata che D’Avenia da anni porta avanti e che proprio in pittura trova svolgimento, conservando la sua impronta simbolica e caricandosi anche di una straordinaria tensione narrativa.
Di fronte ai suoi testi pittorici, quali sono le “nature morte”, oltre ad essere coinvolti dal fascino dell’immagine, sospesa tra realtà e finzione, si è chiamati ad un’opera di sottile interpretazione che, come sempre, consiste nell’attribuire un senso alle parole usate e nello scoprire l’intenzione dell’artista.
All’artista, osserva Barbera, non interessa il lusso, la novità a tutti i costi, la luce accecante del neon, le grandi scene, ma la maestà intima delle cose che capta nella “silente natura”; c’è un primo gruppo di “nature morte” nelle quali va, soprattutto, ammirato il lessico della pittura, cioè uno stile sapiente e assolutamente individuale, frutto di un accumulo di esperienze che l’artista ha maturato, sia rivolgendosi alla tradizione illustre, sia attraverso la sua esperienza di restauratore, che gli ha consentito lo studio e la conoscenza diretta delle tecniche degli artisti dei secoli passati.
Nasce da qui la padronanza assoluta del suo far pittura, cui si associa la ricerca di una straniante precisione con la quale l’artista non solo assembla, a volte mettendo a profitto la sua esperienza di scenografo, gli elementi della composizione, ma li rappresenta in quella sottile soglia tra l’inganno della realtà e la realtà dell’inganno. Ma ciò che, soprattutto, colpisce, continua Barbera, è l’uso che, della luce, fa D’Avenia. Una luce che, spenti gli effetti creati dalle tremolanti candele di una volta, pare affidarsi alla luminosità artificiale e imperdonabile delle lampadine e degli spot che, come un riflettore di scena, mettono in rilievo la vita sospesa di un fotogramma, che ha il respiro di un istante e la durata, immutabile, dell’eternità, in cui ogni cosa assume un aspetto reale e convincente, in virtù di una grande capacità di osservazione e di analisi della percezione ottica.
Quello messo a punto da D’Avenia è un meccanismo espressivo complesso, intriso di suggestioni che vanno dal precisionismo fiammingo, al realismo caravaggesco visto alla luce delle lampade elettriche, da preziosità pittoriche secentesche, a tagli fotografici di grande modernità, fino ad apparenti parentele con l’Iperrealismo.
Ma, mentre gli iperrealisti perseguivano una visione imparziale, anonima, priva di qualunque partecipazione e giudizio, esattamente al contrario, D’Avenia costruisce di memoria, attraverso il disegno, o in presa diretta sull’oggetto reale e, sfruttando la precisione pittorica, punta al massimo di partecipazione, di interpretazione emotiva, di commozione.
Con grande maestria tecnica l’artista, in pittura come in scultura, scruta nell’animo umano, scovando nella semplicità domestica dei gesti di ogni giorno, le emozioni dell’amore, da un sottile e raffinato erotismo, ad una ripresa romantica, dalla saldezza del sentimento, alla disperante attesa, dalle lusinghe alle ferite.
E guardando a queste straordinarie opere, conclude Barbera, è possibile affermare che neppure la scultura di D’Avenia, insidia la raffinata e suadente pittura di D’Avenia, un artista che va catturando i volti delle emozioni.
Un affascinante viaggio, concludiamo noi, quello proposto da Michele D’Avenia in questa mostra, in un quotidiano dal quale, come scavando a mani nude nella materia, l’artista estrae il senso profondo di un’interiorità complessa, meditata, sofferta, a volte pacificata, altre tormentata, ma comunque calata in un’atmosfera intimistica, tanto delicata quanto struggente.
E le opere di Michele D’Avenia possono essere visitate anche a fine mostra, fino al 31 gennaio 2007, nell’elegante galleria dell’artista, sita nel centro storico della città in Via Centonze, 39, che ospita esclusivamente le sue proprie opere.
Qui, ai due piani del raffinato spazio espositivo, si affianca il laboratorio nel quale prendono vita tutti i progetti, sia di pittura che di scultura. Un salotto caldo ed accogliente, meta di critici, collezionisti, estimatori ed amanti dell’arte in genere che, pur in un territorio dove far arte e cultura non è cosa semplice, l’artista ha fortemente voluto e cercato, scegliendo di realizzarlo nella propria città nonostante gli impegni di lavoro lo portino spesso su tutto il territorio nazionale.
La mostra, della quale è stato realizzato un elegante catalogo con testo critico di Lucio Barbera, illustra i più recenti approdi del percorso artistico del quarantenne maestro messinese, che si annovera fra i più interessanti esponenti della nuova figurazione italiana ed internazionale.
Saranno esposti al pubblico fino al 15 dicembre p.v., circa 25 dipinti frutto della più recente produzione, attraverso i quali, con una figurazione il cui segno si ispira alla più alta tradizione pittorica italiana, volti ed emozioni umane affiorano dal buio e dalla penombra (fisici ed esistenziali al tempo stesso), per consegnarsi, con tutta la loro intensità, alle pieghe dell’anima piuttosto che all’occhio attento di chi guarda.
Oltre l’apparenza, quindi, che indurrebbe a soffermarsi sulla precisione quasi maniacale di una pennellata sempre estremamente controllata e misurata, sulle scelte cromatiche attentamente soppesate e calibrate, su impalcature studiatissime in cui la ricerca dell’equilibrio è portata all’estremo, ciò che affiora è sempre la forza dell’emozione e l’intensità del sentimento che promana comunque, sia dalle figure – sempre femminili – protagoniste di molti dipinti, che dalle composizioni di frutta o oggetti che, pur giacendo inanimate su piani immobili in un’atmosfera senza tempo, raccontano storie di vita, frammenti, fotogrammi di un’esistenza nel cui substrato emozionale è quasi inevitabile riconoscersi.
E l’intensità delle atmosfere ottenute col sapiente uso dello strumento pittorico, raggiunge l’apice della forza nelle sculture presenti in mostra, realizzate con materiali diversi: il gesso, la terracotta, l’alabastro, la pietra di Siracusa, il legno, il marmo statuario; quest’ultimo gli è valso, nel 2004, il Premio Arte Mondadori per la scultura con la splendida opera “L’altra faccia del peccato”, che ha riscosso un meritato successo alla mostra che ne seguì al Museo della Permanente a Milano.
Qualunque sia il materiale usato, le sculture attraggono, oltre che per la perfezione e la morbidezza delle pieghe e delle forme, per la delicatezza espressiva non disgiunta da una forza interiore che, promanando dal gesto dell’artista, attraversa la materia dal di dentro per farsi forma, contorno ed essenza stessa del soggetto rappresentato.
E, come osserva Lucio Barbera in catalogo, è forse la “scultura di D’Avenia” ad insidiare la “pittura di D’Avenia” che, tuttavia, rimane il suo grande amore, una dolce ossessione, come è testimoniato da un percorso che lo ha portato sempre più ad affinare gli strumenti espressivi messi al servizio di un’idea che lo guida e lo tormenta quando, con sapienza e partecipazione, seguita a fare i conti con la “natura morta”, o a indagare sulla persona umana, ponendosi così tra gli esponenti di punta di quella che il critico definisce “Human@rt”, cioè una pittura che, con i suoi strumenti antichi e moderni, ristrutturando al suo interno i vari linguaggi del presente, pienamente accetta la sfida della realtà; oggi, probabilmente, l’unica vera e possibile forma di avanguardia.
Si potrebbe dunque dire, scrive Barbera, “D’Avenia contro D’Avenia”, se poi il supposto conflitto, tra la pittura e la scultura, non fosse la precisa testimonianza di un impegno unitario che è, al tempo stesso, estetico ed etico.
Si precisano nel “dopo” (la scultura), i temi di ciò che è venuto “prima” (la pittura): la natura morta e la condizione umana, le due vie di un’indagine attenta e raffinata che D’Avenia da anni porta avanti e che proprio in pittura trova svolgimento, conservando la sua impronta simbolica e caricandosi anche di una straordinaria tensione narrativa.
Di fronte ai suoi testi pittorici, quali sono le “nature morte”, oltre ad essere coinvolti dal fascino dell’immagine, sospesa tra realtà e finzione, si è chiamati ad un’opera di sottile interpretazione che, come sempre, consiste nell’attribuire un senso alle parole usate e nello scoprire l’intenzione dell’artista.
All’artista, osserva Barbera, non interessa il lusso, la novità a tutti i costi, la luce accecante del neon, le grandi scene, ma la maestà intima delle cose che capta nella “silente natura”; c’è un primo gruppo di “nature morte” nelle quali va, soprattutto, ammirato il lessico della pittura, cioè uno stile sapiente e assolutamente individuale, frutto di un accumulo di esperienze che l’artista ha maturato, sia rivolgendosi alla tradizione illustre, sia attraverso la sua esperienza di restauratore, che gli ha consentito lo studio e la conoscenza diretta delle tecniche degli artisti dei secoli passati.
Nasce da qui la padronanza assoluta del suo far pittura, cui si associa la ricerca di una straniante precisione con la quale l’artista non solo assembla, a volte mettendo a profitto la sua esperienza di scenografo, gli elementi della composizione, ma li rappresenta in quella sottile soglia tra l’inganno della realtà e la realtà dell’inganno. Ma ciò che, soprattutto, colpisce, continua Barbera, è l’uso che, della luce, fa D’Avenia. Una luce che, spenti gli effetti creati dalle tremolanti candele di una volta, pare affidarsi alla luminosità artificiale e imperdonabile delle lampadine e degli spot che, come un riflettore di scena, mettono in rilievo la vita sospesa di un fotogramma, che ha il respiro di un istante e la durata, immutabile, dell’eternità, in cui ogni cosa assume un aspetto reale e convincente, in virtù di una grande capacità di osservazione e di analisi della percezione ottica.
Quello messo a punto da D’Avenia è un meccanismo espressivo complesso, intriso di suggestioni che vanno dal precisionismo fiammingo, al realismo caravaggesco visto alla luce delle lampade elettriche, da preziosità pittoriche secentesche, a tagli fotografici di grande modernità, fino ad apparenti parentele con l’Iperrealismo.
Ma, mentre gli iperrealisti perseguivano una visione imparziale, anonima, priva di qualunque partecipazione e giudizio, esattamente al contrario, D’Avenia costruisce di memoria, attraverso il disegno, o in presa diretta sull’oggetto reale e, sfruttando la precisione pittorica, punta al massimo di partecipazione, di interpretazione emotiva, di commozione.
Con grande maestria tecnica l’artista, in pittura come in scultura, scruta nell’animo umano, scovando nella semplicità domestica dei gesti di ogni giorno, le emozioni dell’amore, da un sottile e raffinato erotismo, ad una ripresa romantica, dalla saldezza del sentimento, alla disperante attesa, dalle lusinghe alle ferite.
E guardando a queste straordinarie opere, conclude Barbera, è possibile affermare che neppure la scultura di D’Avenia, insidia la raffinata e suadente pittura di D’Avenia, un artista che va catturando i volti delle emozioni.
Un affascinante viaggio, concludiamo noi, quello proposto da Michele D’Avenia in questa mostra, in un quotidiano dal quale, come scavando a mani nude nella materia, l’artista estrae il senso profondo di un’interiorità complessa, meditata, sofferta, a volte pacificata, altre tormentata, ma comunque calata in un’atmosfera intimistica, tanto delicata quanto struggente.
E le opere di Michele D’Avenia possono essere visitate anche a fine mostra, fino al 31 gennaio 2007, nell’elegante galleria dell’artista, sita nel centro storico della città in Via Centonze, 39, che ospita esclusivamente le sue proprie opere.
Qui, ai due piani del raffinato spazio espositivo, si affianca il laboratorio nel quale prendono vita tutti i progetti, sia di pittura che di scultura. Un salotto caldo ed accogliente, meta di critici, collezionisti, estimatori ed amanti dell’arte in genere che, pur in un territorio dove far arte e cultura non è cosa semplice, l’artista ha fortemente voluto e cercato, scegliendo di realizzarlo nella propria città nonostante gli impegni di lavoro lo portino spesso su tutto il territorio nazionale.
25
novembre 2006
Michele D’Avenia – I volti dell’emozione
Dal 25 novembre al 15 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
TEATRO VITTORIO EMANUELE
Messina, Via Pozzoleone, (Messina)
Messina, Via Pozzoleone, (Messina)
Vernissage
25 Novembre 2006, ore 19.30
Autore
Curatore