24 febbraio 2005

Mercato dell’arte: quanto vale?

 
di alfredo sigolo

Quasi una scommessa quella di monitorare il mercato dell’arte in Italia. Ci sta provando il Laboratorio sul Commercio dei Beni Artistici. E’ on-line una sintesi del primo rapporto e noi abbiamo fatto due chiacchere con Stefano Stanzani, responsabile del progetto...

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E’ stata presentata pubblicamente il 26 novembre scorso a Milano, nella sede di UniCredit Private Banking (cfr. Il Giornale dell’Arte n. 239, gennaio 2005), un’interessante analisi sullo stato del mercato dell’arte in Italia. Si tratta del primo report del Laboratorio sul Commercio dei Beni Artistici costituito da Nomisma, s.p.a. fondata a Bologna nel 1981 che si occupa di studi e ricerche, policy advice e consulenza in campo economico.
Valendosi della collaborazione dell’ANCA (Associazione Nazionale delle Case d’Aste Italiane), della FIMA (Federazione Italiana Mercantid’Arte) e di poco meno di una settantina di operatori del settore, tra case d’asta, mercanti e galleristi che hanno accettato di sottoporsi all’indagine. Nomisma è riuscita finalmente a fare un quadro in un settore, quello del mercato italiano dell’arte, che è sempre stato piuttosto “sfuggente”. Una legislazione restrittiva, normative che non agevolano gli investimenti e politiche culturali assenti sono i principali imputati della mancanza di dati apprezzabili di un giro d’affari che il rapporto di Nomisma ha stimato tra i 297 e i 413 milioni di euro l’anno.
Dalla ricerca emergono un interesse crescente intorno al mercato dell’arte e tuttavia il ritardo cronico del nostro paese rispetto ai paesi anglosassoni ma anche alla Francia; cresce il fenomeno del private banking, con gli istituti di credito che godono di favore nel campo delle consulenze sugli investimenti in opere arte, percepiti tuttavia come altamente rischiosi.
Oggetto di esame è stato il mercato degli oggetti d’arte tout court, dall’arte antica a quella contemporanea, passando per gli oggetti di lusso e i preziosi. La fotografia che ne esce è di un settore che si sostiene in larga parte sul collezionismo privato mentre quasi assente appare l’investimento pubblico. Le potenzialità ci sono ma rimangono in Italia annosi problemi irrisolti, dal regime scarsamente liberista (il protezionismo del Codice Urbani relega l’Italia al 7° posto nella classifica della circolazione internazionale di opere d’arte), alle difficoltose e scarse opportunità di defiscalizzazione sugli investimenti in arte, fino all’eccessiva pressione dell’IVA, che penalizza in primis gli artisti.
Una sintesi della ricerca è scaricabile on-line sul sito di Nomisma. Noi, dal canto nostro, abbiamo colto l’occasione per chiarirci le idee su alcuni dati emersi dall’indagine e sui criteri di rilevamento rivolgendo qualche domanda direttamente a Stefano Stanzani, responsabile scientifico del Laboratorio sul Commercio dei Beni d’Arte di Nomisma s.p.a.

Quali sono le motivazioni che hanno portato a questo progetto e quali difficoltà, se ve ne sono state, avete incontrato?
È oramai da qualche anno che effettuiamo ricerche in questo settore. Elaboriamo le informazioni sull’arte disponibili (desumibili da Artprice.com, Kusin & Company, le case d’asta, Mei-Moses, ecc.) e cerchiamo di capire che cosa manca al mercato italiano per essere come quello francese.

Ad una necessaria collazione dei dati sparsi, finora non organicamente disponibili, avete unito quelli forniti dalle associazioni di settore e le risultanze di un sondaggio tra mercanti e galleristi. Come avete selezionato il campione e in che percentuale gli operatori hanno risposto al questionario da voi proposto? Dalla ricerca emerge la posizione leader della piazza milanese. Non crede che questo dato sia influenzato dal fatto che più della metà degli operatori intervistati sono di Milano? Non sono state forse sottovalutate situazioni vivaci ed emergenti come Napoli e Roma e come si spiega la totale assenza di operatori di una piazza storica del collezionismo privato come Torino?
Il campione ha una scelta dettata da esigenze simultanee di rappresentatività e contenimento di costi (come si evince dai ringraziamenti ai testimoni privilegiati pubblicati in prima di copertina sulla sintesi del Rapporto non sono state incluse in questa rilevazione interviste in alcune aree del Paese, come le Isole e buona parte del Sud Italia). La modalità di intervista prescelta, infatti, è quella “diretta” con intervistatore accanto al testimone prescelto. Abbiamo compiuto un piccolo sondaggio, presso un panel di collezionisti, per domandare loro quali fossero le rivendite d’arte più conosciute. Dall’esito dell’analisi abbiamo costruito il campione che dovrebbe pertanto rappresentare “il meglio” dei mercanti italiani. La particolare modalità di conduzione dell’intervista ha avuto buoni risultati: la redemption è stata del 50%!
Per quanto riguarda il discorso di Torino, Le confesso, è un mio grande rammarico. Nel corso del 2005, tuttavia, provvederemo a riempire questo ammanco. Le altre città che mi cita, invece, in qualche modo sono rappresentate nel campione.
Sul discorso del mercato milanese, beh … è un dato che un po’ tutti gli operatori si aspettavano: la maggioranza delle innovazioni commerciali del nostro Paese si concentrano da quelle parti, così come sempre da quelle parti si concentrano i maggiori mercati nazionali del fashion, del design, ecc.

Nell’elenco degli operatori che hanno risposto al vostro questionario, nel settore dell’arte contemporanea, sono assenti tutti i galleristi che, per opinione comune, sono il riferimento principale del mercato in Italia. Non ci sono Artiaco (NA), Continua (SI), De Carlo (MI), Kaufmann (MI), Noero (MI), Minini (BS) e solo per citarne alcuni. Come mai?
Sono comunque presenti anche altri nomi di riferimento molto importanti. Per le città più piccole, come immagina, sono scelte dettati dai costi, mentre alcuni nomi che mi cita, per esempio milanesi, riflettono il 50% mancante all’appello!

La relazione stima un valore complessivo delle compravendite tra i 297 e i 413 milioni di euro. Come mai uno scostamento così ampio?
Le stime sono stime! Queste derivano dallo share del mercato intermediato dalle case d’asta in Europa (oscillante tra il 30 ed il 40%) applicato ad un valore desunto dai fatturati di alcune case d’asta del nostro Paese.

Il 37,1% del mercato dell’arte in Italia ruota intorno al collezionismo privato. Con i mercanti si supera di molto il 50% mentre tra Fondazioni e Musei si mette insieme un misero 6%. Come si spiega questo dato eclatante?
Il dato si riferisce al numero di transazioni e non mi pare così “eclatante”: sembra che Musei e Case d’Asta ricoprano una percentuale minore di compravendite. Per fortuna le fondazioni aiutano molto l’arte – sotto altri profili piuttosto che con l’investimento diretto, come opere di restauro e manutenzione – mentre i musei fino ad ora hanno avuto poche risorse e “cantine” piene di oggetti da sistemare. Con il Codice Urbani, però, le cose possono cambiare (alcuni segnali ci sono!)

Il collezionismo privato sostiene in larga parte il mercato dell’arte in Italia. Ci sono segnali che il collezionismo si sia evoluto negli ultimi anni. E, se sì, può fornirci un identikit?
Direi proprio di sì: una risposta può anche essere letta dall’interesse delle banche verso il settore che, quasi esclusivamente alla clientela più abbiente, propongono servizi di art advisory di ogni forma e natura. Sull’identikit non arrischierei di dire banalità basate sui “tipi” di collezionisti che sono più noti.

L’analisi dell’andamento dei prezzi rispetto alla congiuntura di mercato è stata condotta separatamente tra le Arti maggiori e le minori, dall’arte antica al postmoderno. In questo contesto, la fotografia è stata inserita tra le Arti minori nella categoria “Altri oggetti”, con ceramiche, tappeti, argenti ecc. Considerando il boom della fotografia degli ultimi decenni e considerato soprattutto l’altissimo numero di artisti contemporanei che si esprimono con la fotografia, non crede che i dati emersi, almeno per il settore contemporaneo e postmoderno, rischi di essere poco significativo? Tra l’altro, in questo scenario, sono totalmente assenti altri media come il video o l’installazione, con i quali si esprimono gli artisti più pagati degli ultimi anni (penso a Cattelan, Barney, Hirst, per esempio).
Dal 2005 faremo due presentazioni l’anno e proveremo a classificare meglio gli oggetti per rendere il nostro Report uno strumento sempre più utile alle esigenze dell’investitore in arte e del policy maker che potrebbe aiutare il settore, ma nello stesso tempo trarne anche qualche forma di vantaggio.

Ha avuto modo di farsi un’idea se e in che misura, nel campo dell’arte in Italia, esistano fette di mercato sommerso?
Proprio a questo mi riferivo: una ricerca di 15 anni fa sul mercato dell’arte fiorentino condotta da Nomisma metteva in luce fenomeni di questo tipo: si potrebbe pensare ad una defiscalizzazione degli acquisti d’arte (come si fa oggi per le spese mediche) per garantire maggiore equità al settore, anche se occorre sostenerlo maggiormente, come molti rispondenti hanno proposto. Vi sono infatti scarse politiche culturali condotte a sostegno della nostra arte (vi sono solo alcune proclamazioni che le riconoscono un ruolo traino per tutta l’economia). Per questo le Gallerie di Arte Moderna italiana che competono a livello internazionale sono meno di quelle che potrebbero. Ulteriori elementi che riducono il mercato sono inoltre rappresentati da un regime scarsamente liberista che compromette il numero di transazioni nel nostro Paese.

Come vede il futuro del comparto art advisory nel campo del private banking?
Il private banking è un settore in evoluzione con un numero di clienti previsto in ulteriore crescita nei prossimi anni. Tutto il settore bancario, negli ultimi anni è stato caratterizzato da grandi operazioni di merging & acquisition. Una volta che ciò si sarà stabilizzato penso che vi saranno pochi operatori che rimarranno nelle città: alcuni di questi rappresenteranno i grandi gruppi bancari, altri sapranno invece soddisfare le esigenze più di nicchia della clientela.

E ora? Come procederà il lavoro del Laboratorio che dirige? Nuovi progetti, monitoraggi annuali o che altro?
Nel 2005 effettueremo due rilevazioni: una in primavera ed una in autunno. Cercheremo di promuovere la cultura finanziaria anche al mercato dell’arte e tenteremo, nei limiti del possibile, di allargare il dibattito sui beni culturali anche ad un pubblico ancora più ampio di quello che frequenta oggi le mostre, i mercati e le fiere.

link correlati
Il sito di Nomisma
Scarica la sintesi del Rapporto in formato pdf


[exibart]

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