09 maggio 2001

Gli artisti del PADIGLIONE SLOVENIA: 01.ORG

 
0100101110101101.ORG, in pochi hanno capito veramente se dietro a questa stringa vi sia della vera “carne umana”, o non si tratti piuttosto di un’entità che si scompone e ricompone autonomamente, secondo un Fato che Noi Umani non siamo più in grado di interpretare...

di

Avete mai la sensazione di essere imbrogliati?

In principio 0 e 1 non sapevano nemmeno di essere al mondo. Di avere un corpo, una sensibilità, una mente. Poi, un bel giorno, a forza di essere barattati e riassemblati in ogni genere di permutazioni, presero finalmente coscienza di sé. Si cristallizzarono in una stringa asettica e lunga al punto da non poter essere memorizzata da un essere umano, ma corta a sufficienza da rientrare nel campo delle URLs di un browser. Vi attaccarono un bel suffisso (.org) e diedero vita a 0100101110101101.ORG

Dal giorno in cui 0100101110101101.ORG prese coscienza di sé in molti si sono occupati di lei. Ma in pochi hanno capito veramente se dietro a questa stringa vi sia della vera “carne umana”, o non si tratti piuttosto di un’entità che si scompone e ricompone autonomamente, secondo un Fato che Noi Umani non siamo più in grado di interpretare.

Sta di fatto, che da quando 0100101110101101.ORG è entrato in essere in molti hanno cercato di afferrarne le reali intenzioni, ma in pochi sono riusciti veramente a comprenderle. Il primo a farne le spese è stato il mondo della net.art, che ha visto alcuni dei suoi siti più noti risucchiati in quel vortice di “zeri” e “uno”, di cui in fondo, essi stessi sono composti.

Il primissimo turno toccò a Hell.com una sorta di anti-sito nato nel 1995, apparentemente senza contenuti e inaccessibile al pubblico, un buco nero concettuale aperto tra le maglie della Rete sovraccarica di informazioni e seduzioni. Nel giro di tre anni tuttavia, Hell si trasformò in un trampolino di lancio per artisti e designer di punta. Come primo tentativo di sfruttare l’hype che circondava la nuova forma d’arte Hell organizzò Surface, una mostra su web che promuoveva artisti come zuper!, absurd, fakeshop e altri ancora. Era il febbraio del 1999 e all’inaugurazione della mostra, fu invitato, come in una comune galleria, solo un ristretto numero di persone. A godere del privilegio (ad essere cioè dotati di una password) furono i sottoscrittori di Rhizome, una delle prime mailing list ad occuparsi di net.art. Durante le 48 ore dell’opening, mimetizzandosi tra la folla dei visitatori, “0” e “1” entrarono nel sito e ne scaricarono, servendosi di un particolare software, l’intera struttura. La ripostarono quindi sul proprio sito, ma senza protezioni, rendendola così accessibile a tutti i navigatori. Il plagio suscitò l’immediata reazione di Kenneth Aronson, proprietario di Hell, che accusò 0 e 1 di furto e minacciò una causa internazionale per violazione delle leggi sul copyright. Oggi, a due anni di distanza, il sito di Hell è ancora liberamente consultabile su 0100101110101101.ORG.

La seconda a cadere nella trappola fu Olia Lialina, net.artist russa di prima generazione e fondatrice della prima galleria sul Web, Art.Teleportacia, che mette in vendita diverse opere di net.art, legate soprattutto al primo periodo. Di fronte all’inevitabile domanda, “come si può vendere un’opera di net.art se è già consultabile gratuitamente da tutti?”, la Lialina ha sempre sostenuto che l’originalità di un’opera di net.art è garantita dal suo dominio. Il possessore di un’opera, secondo l’artista russa, vedrebbe garantita la sua proprietà dalla possibilità di consultarla sul server in cui l’artista l’ha collocata la prima volta. Il fatto che l’opera possa esser stata replicata su altri siti è irrilevante: essa rimarrà di pubblico dominio, ma solo il possessore vedrà assicurato il diritto di accedere all’URL originale, grazie a un certificato rilasciato dalla galleria. Anche Art.Teleportacia ovviamente fu risucchiato nella stringa di 0100101110101101.ORG. Lo stesso sito che vendeva “l’originalità” dei domini, si ritrovò, nel giugno del 1999, a vendere le sue merci due volte, ma senza grandi variazioni di prezzo…

Dopo Art.Teleportacia (siamo ora nel settembre del 1999) fu la volta di Jodi, delizioso sito di Ascii Art, lanciato circa cinque anni fa dal duo belga Joan Heemskerk e Dirk Paesmans. Se fino a quel momento 0 e 1 avevano re-mixato in modo random le pagine copiate dai net.artist, il sito di Jodi venne semplicemente clonato. “Downloaded and uploaded”, senza la minima variazione.

A questo punto la stampa internazionale online (New York Times, Le Monde, El Pais) prende coscienza dell’esistenza di un sito che si dedica scientificamente al plagio dell’arte online. Il che produce un’ondata di panico sui rischi che la commercializzazione della nuova arte corre. Senza che si tenga conto, che nel sovraccarico informativo, il problema è proprio quello della visibilità. E, che, quindi, forse, la replicazione accresce l’aura di un’opera anziché indebolirla.

L’anno 2000 si è aperto con due beffe retroattive!

Per un intero anno, il dominio www.vaticano.org ha ospitato un sito apparentemente”identico” a quello della Santa Sede (www.vatican.va) ma con contenuti leggermente modificati: testi eretici, canzoni-spazzatura per adolescenti. Per dodici mesi, migliaia di persone hanno visitato il sito senza rendersi conto della beffa. Allo scadere del primo anno di contratto, la Network Solutions ha impedito il rinnovo del contratto e ha venduto il dominio. Non c’é bisogno di dire che l’autore di questo elegante falso era 01, e che il vecchio vaticano.org è ancora online dentro 0100101110101101.ORG.

Nel febbraio del 2000, PROPAGANDA (la newsletter ufficiale di 01) ha annunciato al mondo “The Great Art Swindle”: l’invenzione della vita, delle opere e della morte dell’artista serbo Darko Maver da parte di 0100101110101101.ORG. Un puro atto di mitopoiesi, nel 1999 l’”Affair Darko Maver” ha provocato una tempesta nel mondo dell’arte italiana, con diverse mostre, articoli edibattiti su questo artista maledetto (i cui presunti lavori erano – in realtà – foto-spazzatura prese da siti come www.rotten.com).
Alla Biennale di Venezia del ‘99, un’autoproclamata “Free Art Campaign” ha mostrato persino un documentario su Maver (“L’Arte della Guerra”).


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Maggio, 1998

0100101110101101.ORG crea a tavolino la vita e le opere dell’artista serbo Darko Maver. Il progetto, nell’arco di quasi due anni, coinvolge decine di persone in diverse città e culmina con la rivendicazione della beffa all’indomani della presentazione dell’artista alla 48° Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia.


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[l’Unità]


Q.: Ma [Darko Maver] esiste solo nella finzione dei media, è in qualche modo “virtuale”?

A.: L’universo dei media è sempre più indipendente dalla realtà. Per quanto distorta, la finzione televisiva dipende comunque dalla realtà. Nel sistema mediatico contemporaneo, e in particolare con l’evolversi di Internet, sta venendo meno questa condizione: l’esistenza virtuale è vincolata sempre meno all’esistenza reale, la “realtà mediatica” è sempre più indipendente dalla “realtà reale”. Se 0100101110101101.ORG non avesse svelato la beffa, Darko Maver avrebbe continuato ad esistere, a far parlare di se attraverso mostre, documentari, cataloghi e via dicendo.

Q.: Cosa avete cercato di dimostrare con questa operazione?

A.: 0100101110101101.ORG ha cercato di svelare i meccanismi che soggiacciono all’arte contemporanea, di mostrare palesemente che sono i critici ed i galleristi che hanno il potere di creare un’artista, indipendentemente dal valore del suo lavoro; questo fenomeno è comunemente accettato o dato per scontato e ne viene sottovalutata la portata. Nel caso di Darko Maver, 0100101110101101.ORG ha semplicemente saltato gli intermediari ottenendo il risultato di attirare l’attenzione sui processi piuttosto che sulle opere. Paradossalmente, nella sua dichiarata inesistenza, Darko Maver è più autentico di decine d’altri presunti artisti. L’arte è una forma d’alchimia che, invece che trasformare il metallo in pietra preziosa, trasforma la merda in oro (Piero Manzoni vendeva i suoi escrementi letteralmente “a peso d’oro”). Potenzialmente ogni cosa può divenire arte, si tratta solamente di conoscere le regole del gioco, trucchi compresi.

Q.: Come pensate di riuscire a risvegliare nel pubblico un senso critico?

A.: Ad esempio insinuando il dubbio: come Darko Maver è stato creato a tavolino, allora anche tutti gli altri artisti potrebbero esserlo. Secondariamente smitizzando la figura dell’artista come genio creatore, isolato dal mondo e ispirato dalla musa, idee nefaste che si trascinano dal romanticismo.

Q.: E ritenete di aver raggiunto il vostro scopo?

A.: Da zero alla Biennale di Venezia in un anno, nemmeno Peggy Guggenheim avrebbe saputo fare di meglio.


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15 Dicembre, 1998

Gli attivisti acquistano il dominio www.vaticano.org, che utilizzano per creare e mantenere, per un anno intero, un organo “ufficiale” di informazione della Santa Sede, un sito enorme esteticamente identico a quello reale ma con contenuti modificati. Nell’arco di 12 mesi circa 200.000 persone visitano “vaticano.org”, e nessuno si accorge, nemmeno per un istante, che i contenuti del sito sono stati “ritoccati”. Dozzine di testi in cui si può leggere di tutto: proclami eretici, parole inventate, errori imperdonabili e canzoni degli 883, perfettamente inseriti in un contesto “plausibile”. Dal sito è possibile scrivere lettere al Papa in persona che dirotta i pellegrini nelle località più remote. Un “Giubileo del Libero Spirito”.

Allo scadere del primo anno Network Solutions – la compagnia che gestisce i domini Internet – impedisce a 0100101110101101.ORG il rinnovo del contratto per il dominio “vaticano.org”, regolarmente acquistato. Network Solutions rifiuta i numerosi tentativi di pagamento e all’esatto scadere del contratto ha vende il dominio ad un’associazione cattolica con sede a Roma.


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– 11 Maggio, 1999: 0100101110101101.ORG comincia a produrre gli “ibridi”, file ottenuti mixando opere rubate di altri net.artisti.

– 11 Maggio, 1999: Copia di Hell.com, il più noto museo di net.art. Il mirror del sito viene pubblicato in versione anti-copyright e privo della password di protezione. Dopo sole due ore 0100101110101101.ORG riceve la prima minaccia di procedimenti legali per la violazione del copyright da parte di Hell.com. Il sito è tuttora lì.

– 9 Giugno, 1999: Gli attivisti scaricano e modificano Art.Teleportacia, la prima galleria di net.art apparsa in Rete. La mostra “Icone del periodo eroico” diviene “Ibridi del periodo eroico” e le opere esposte vengono radicalmente modificate. Seguirà un lungo dibattito in Rete che vedrà contrapporsi Olia Lialina – creatrice di Art.Teleportacia – e i sostenitori delle tecniche di 0100101110101101.ORG.

– 12 Settembre, 1999: Un clone del sito appartenente alla nota coppia di net.artisti Jodi viene pubblicato sul sito di 0100101110101101.ORG, questa volta senza apportare alcuna modifica, per dimostrare che idee e pratiche – quali l’autenticità e l’unicità di un’opera d’arte – siano da considerarsi ostacoli allo sviluppo della Rete.


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[telepolis]

Q.: Siete diventati famosi in Internet per aver fatto una copia integrale del sito d’arte Hell.com, che poi avete caricato nel vostro sito. Ditemi cosa è successo esattamente…

A.: Eravamo iscritti alla mailing list di net.art “Rhizome”. Lì abbiamo saputo che avrebbero aperto una porta di Hell.com per 48 ore, in occasione della mostra “Surface”. Lo sapevano solamente gli iscritti a Rhizome ed era necessaria una password per accedervi. Non avevamo mai visto Hell.com, ma ne avevamo sentito parlare, e sapevamo che si trattava del più grande museo di net.art. Durante le 48 ore di apertura, abbiamo downloadato tutti i file del sito. Non è stato così semplice come sembra, ci sono volute 26 ore. Quindi l’abbiamo caricato nel nostro sito e abbiamo spedito un’e-mail con l’indirizzo ripetuto centinaia di volte a diverse mailing list e giornali.

Q.: Avete provocato la reazione di Hell.com?


Date: Mon, 10 May 1999 21:42:33 -0700
From: JUSTICE@HELL.com
Subject: WARNING1.0|||COPYRIGHT VIOLATION


re:

open_source_hell.com HTTP://WWW.0100101110101101.ORG/hell.com

carini…



siete pregati di rimuovere immediatamente questo materiale dal vostro server.

state violando le leggi internazionali sul copyright che sono enunciate con chiarezza nella omonima sezione del nostro source code.

è da notare inoltre,

che a quanto pare avete violato il copyright di non pochi dei nostri singoli membri.:::::::::::::::


HTTP://WWW.0100101110101101.ORG
a nome di questi individui chiediamo la rimozione dal vostro server anche del materiale riguardante loro.

||||


non sarebbe male se cercaste di utilizzare le vostre “capacità” per fare qualcosa di *originale*

JUSTICE@HELL.COM


Security\\



http://HELL.COM



|||||||||||


Q.: Siete d’accordo che ciò che fate interessa, o semplicemente ha senso, perché lo state facendo all’interno di un contesto artistico?

A.: Se fai questo tipo di azioni utilizzando opere d’arte, l’operazione ha un valore in se. Se lavori con contenuti diversi dall’arte diventa molto più difficile distinguere i contenuti dall’operazione. Se rubi il sito della Disney allora stai attaccando la Disney, 0100101110101101.ORG non è interessato a questo tipo di cose. Lavora su altre contraddizioni come l’originalità e la riproducibilità, il concetto d’autore e di network, il copyright e il plagiarismo. Non è necessario essere esplicitamente politici per trasmettere un messaggio politico.

Q.: Ma è comunque nella natura della Rete. Chiunque può guardare le source di un sito, e vedere com’è stato fatto, e non ha certo bisogno di qualche artista che lo faccia al posto suo…

A.: Non abbiamo inventato niente, l’abbiamo solo reso esplicito. Ovviamente non rivendichiamo alcun tipo di copyright per il nostro modo di agire. Chiunque può downloadare interi siti. Hai solo bisogno del software adatto, e non devi preoccuparti di infrangere il copyright. La nostra idea è che c’è un modo diverso di rapportarsi ad un’opera. Puoi scegliere il tuo atteggiamento, quello che vuoi farci. Non sei obbligato a guardarla solamente, hai gli strumenti per fare qualcos’altro.
Clonare è solo una delle pratiche che si possono adottare davanti a questi lavori. Puoi modificarli, aggiungere, cambiarne l’ordine, persino distruggerli, puoi fare qualsiasi cosa desideri. Vorremmo vedere un po’ più di questo tipo di interazione in Rete.
Il punto è che in Rete, come nel mondo reale, non esistono “geni” ispirati dalla musa, c’è solo un enorme, infinito scambio di informazioni ed influenze. La “conoscenza” è solo un grande plagio. Anche nel “mondo reale” ci sono persone che stanno facendo cose interessanti su questi argomenti, come gli interventi di Piero Cannata su Michelangelo e Pollock, come Aleksander Brener, che ha creato un nuovo dipinto da quello di Malevich…

Q.: …e ha tolto alla gente la possibilità di vedere “Suprematismus” di Malevich…

A.: Lo possono vedere nei cataloghi.

Q.: Brener, ora, è ritenuto l’Anti-Cristo dell’arte contemporanea , il temibile anti-artista. Voi come vi considerate?

A.: Non ci consideriamo “artisti” ma “spettatori”. Non siamo contro l’arte, non siamo anti-artisti. Abbiamo visto cosa è successo a Dada, al Surrealismo e alle altre avanguardie storiche, non importa se ti consideri artista o anti-artista, l’unica cosa che ci interessa sono i “contenuti”.

Q.: Allora potreste anche smettere di fare quello che state facendo, perché verrà recuperato ugualmente…

A.: Questa ossessione di “essere recuperati” è una paranoia Situazionista. Se a nessuno frega niente di quello che fai non è necessariamente perché sei così radicale, ma più probabilmente perché non hai niente da dire. Ad ogni modo se intendi “recuperare” per “diventare ricchi”, speriamo che qualcuno ci recuperi.


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Subject: Journalist’s Inquiry Re: Hell.com
Date: Fri, 14 May 1999 10:57:18 -0500
From: Matthew Mirapaul
To: 0100101110101101@0100101110101101.ORG


Salve–

Mi chiamo Matt Mirapaul, e sono l’autore della rubrica “arts@large” del New York Times in rete. Mi è capitato qualche volta di parlare ai miei lettori delle attività di Hell.com., per cui ho notato “Surface” a gennaio. Su net.time posting ho visto anche l’annuncio riguardante “Luther”(apparso anche su Rhizome Digest di questa settimana). Sareste così gentili da raccontarmi qualcosa di più di voi – cosa state facendo e perché? Ne potrebbe venire fuori un articolo interessante.

Saluti,

Matt Mirapaul


Hope springs atonal.


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[britannica]


Q.: Chi è 0100101110101101.ORG?

A.: 0100101110101101.ORG non risponde mai a questo tipo di domande. L’anonimità non è solamente una questione di nomi propri ma a che fare anche con i background e le biografie. L’attività di 0100101110101101.ORG non riguarda l’individualità artistica.

Q.: Chi è il vostro futurista preferito?

A.: Benito Mussolini. La rivoluzione fascista è stata lo sviluppo più coerente delle utopie dell’avanguardia. Il superamento della barriera tra arte e vita – lo slogan delle avanguardie storiche – e il sogno di modellare la realtà secondo canoni estetici, hanno trovato il più implacabile e rigoroso artefice proprio in Mussolini.

Q.: Pensate che l’America abbia bisogno di un sistema missilistico di difesa contro gli attacchi nucleari?

A.: No.

Q.: Che rapporto c’è tra l’arte e la musica?

A.: È sempre più frequente che i musicisti producano la loro musica a partire dal campionamento – i Negativland sono uno degli esempi più coerenti – e dal rimaneggiamento dei suoni, prelevati dall’infinità di fonti già disponibili. Ciascuno è dunque allo stesso tempo produttore di materia prima, trasformatore, autore, interprete e ascoltatore in un circuito di creazione e fruizione cooperativa. 0100101110101101.ORG propone la stessa pratica nell’arte, gli “ibridi” non sono altro che dei “campionamenti” del materiale che abbiamo a disposizione. Attualmente il problema della creatività non sta nel creare qualcosa di nuovo, ma nell’imparare ad utilizzare ciò che é già stato creato.

Q.: La sovversione delle aspettative dello spettatore è una parte importante del della vostra tecnica artistica, o siete solamente provocatori?

A.: A 0100101110101101.ORG interessa la sovversione del mezzo. Un buon film, come un buon dipinto o un buon romanzo, trasmette l’energia che i suoi autori vi hanno investito; la sovversione del mezzo diviene metafora della sovversione tout court, e risveglia la coscienza del fruitore. Un film di Godard, per esempio, è più sovversivo di altri film che hanno dei contenuti esplicitamente “rivoluzionari” perché impone allo spettatore una presa di posizione. È per questo che un’opera, per funzionare, deve essere in grado di rinnovare non tanto i contenuti quanto i meccanismi. Solamente decostruendo tali meccanismi possiamo comprenderli e, se necessario, modificarli. Non abbiamo bisogno d’altri oggetti d’arte, ma d’opere che risveglino la coscienza dello spettatore.

Q.: Che consiglio dareste ai lettori interessati ad iniziare una propria collezione di opere di net.art?

A.: Dare un’occhiata al cache folder del loro browser.

Q.: Potreste sintetizzare la vostra posizione riguardo a concetti come “autore” e “originalità”?

A.: In linea di principio, l’opera d’arte è sempre stata riproducibile, ma con la net.art la copia è assolutamente identica all’originale. Ne segue che diventa un “non-sense” perpetrare concetti che sembravano funzionare nel mondo reale. La nozione di autore in generale, e di conseguenza concetti come autenticità e plusvalore, sono strettamente connessi agli aspetti economici, istituzionali e giuridici dell’arte tradizionale. In seguito all’invenzione della stampa, quindi con l’automazione della riproduzione dei testi, diventò necessario definire i diritti dell’autore come inventore e non solo come artigiano. La figura dell’autore è nata da una configurazione economica e sociale molto particolare – quindi non c’è da stupirsi se passa in secondo piano quando il sistema delle comunicazioni e dei rapporti sociali si trasforma. Ma dopotutto la (non) preminenza dell’autore non condiziona ne’ la produzione culturale ne’ la creatività artistica. La net.art richiede nuovi criteri di produzione, conservazione e fruizione che spesso entrano in conflitto con le vecchie convenzioni del sistema artistico, come la necessità di istituzioni e persone che fanno da mediatori. La creazione di nuove forme di commercializzazione della proprietà intellettuale appaiono evidentemente necessaria.

Q.: Di cosa vi state occupando attualmente?

A.: Al momento 0100101110101101.ORG è impiegato a risolvere le contraddizioni del capitalismo.

Q.: Ci sono alcuni link che i lettori dovrebbero conoscere?

A.: Neue Slowenische Kunst, Johannes Baader, Negativland, R.D. Laing, Richard Stallmann, Alfred Jarry, I/O/D, Godard, Pan Sonic, Marcel Duchamp, Leni Riefenstahl, Luther Blissett, etoy, Alexander Brener, Mongrel, Werner Herzog, Nezvanova, Kraftwerk, Carpenter, RTMark, Bertolt Brecht, Sex Pistols, Rainer Werner Fassbinder and Ernest Hemingway.


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Date: Wed, 16 Feb 2000 18:49:44 -0800 (PST)
From: viewer at starsixtyseven vieweratstar67@yahoo.com
Subject: Re: [0100101110101101.ORG] plus 3mb
To: PROPAGANDA@0100101110101101.ORG
Cc: twhid@mteww.com

Cari 0100101110101101.ORG,
+++
Abbiamo una strana richiesta da farvi. In passato parte della vostra attività è consistita nel copiare siti web altrui. Hell, Jodi, Etc. sono tutti caduti nella vostra rete. La mia (nostra) richiesta è la seguente: avete mai copiato un sito su richiesta? 3mb è un’opera che poggia su ghiaccio sottile. Un giorno o l’altro arriverà la primavera e il ghiaccio si scioglierà. Forse il sito di 3mb potrebbe essere inglobato da voi. Avete mai avuto una cavia volontaria?
+++

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[haaretz]


Q.: Qual è la differenza tra i cloni dei siti che avete realizzato e gli “originali”?

A.: Le copie sono molto più importanti dell’originale, nonostante non differiscano da questo. Le copie contengono non solo tutti i parametri dei siti copiati, ma molto di più: l’idea stessa e l’atto di copiare.


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Date: Sun, 17 Sep 2000 21:00:01 +0900
From: Marc Voge marc@totalmuseum.org
Organization: Total Museum
To: jodi@0100101110101101.ORG, jodi@jodi.org
Subject: Project 8, Seoul

Dear jodi,

Ciao, sono Marc Voge, guest curator del Total Museum of
Contemporary Art di Seoul, Corea del Sud. Desidero invitarvi a partecipare a Project 8, un prestigioso evento internazionale che quest’anno ospiterà otto Web artists.
Nelle edizioni recenti questa esposizione collettiva annuale ha invitato artisti del calibro di Tony Cragg, Thomas Ruff, Toni Grand and Andy Goldsworthy. Il Total Museum è orgoglioso di presentare nel Web Project 8 di quest’anno l’artista coreano Young-hae Chang, vincitore del SFMOMA Webby Award.
L’inaugurazione della mostra è prevista per il primo dicembre 2000, e ciascun web artist partecipante avrà diritto a 1000$. Per questa somma, vi invitiamo a creare un pezzo originale, da inviare al sito di Total Museum entro metà novembre. I due mesi che ci separano da quella data sono un periodo relativamente breve; ce ne rendiamo conto, ma la nostra speranza è di ispirare i web artists ad affrontare progetti di breve periodo con risultati originali.
Stiamo progettando anche la realizzazione di un CD-ROM della mostra.
Spero che vorrete partecipare. Non esitate a mandarmi per e-mail qualsiasi domanda. Il mio indirizzo è marc@totalmuseum.org.
Spero di ricevere presto vostre notizie.
Con i migliori saluti,

Marc Voge

http://www.totalmuseum.org




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Date: Wed, 20 Sep 2000 13:22:39 +0900
From: Marc Voge marc@totalmuseum.org
Organization: Total Museum
To: jodi@0100101110101101.ORG
Subject: Re: Project 8, Seoul


Caro/i jodi@0100101110101101.ORG,

Grazie per il vostro pezzo! È grandioso! Mi piace moltissimo!
C’è un unico problema: mi sono reso conto di aver commesso un terribile errore – non siete jodi, siete jodi@0100101110101101.ORG. Vedete, ho appena ricevuto un’e-mail da jodi che mi comunica che voi siete un “falso”.
Stando a quanto mi scrive jodi, sareste un gruppo di artisti italiani di Bologna (per inciso, una città che mi piace moltissimo) i quali fingono di essere jodi.
È un vero peccato, perché il vostro è un lavoro originale – e molto diverso dalle opere di jodi.
Perché vi spacciate per jodi? Perché non siete semplicemente voi stessi?

Saluti,

Marc Voge





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Gennaio 2001


0100101110101101.ORG lancia la sua ultima provocazione: il life_sharing. Come Napster ed il software peer-to-peer, dal momento in cui il life_sharing (anagramma di file sharing) è iniziato, ogni Internet user ha libero accesso, 24 su 24, al computer di 0100101110101101.ORG: gli archivi, i progetti correnti, il software e addirittura la posta privata sono pubblicamente visibili. Applicando il modello Free Software all’intero contenuto del proprio computer, il life_sharing minaccia radicalmente il concetto di privacy e esplora le contraddizioni della proprietà intellettuale.


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[fuller]


Q.: Una chiara implicazione del progetto life_sharing è il crollo dei confini tra la vita pubblica e quella privata e tra dati personali e dati pubblici. Vedete qualche rischio in tutto questo, o avete interamente depurato o addirittura fabbricato ex novo i dati disponibili nel vostro computer? Quali sono le conseguenze per il vostro modo di lavorare, comunicare e vivere generate da questa trasparenza dei processi?

A.: Il life_sharing è 0100101110101101.ORG, il suo hard disk interamente pubblicato, visibile e riproducibile da chiunque, di proprietà pubblica. 0100101110101101.ORG non produrrà appositi contenuti, salvo dove sia tecnicamente necessario. Utilizzeremo il computer come abbiamo sempre fatto.
Ovviamente non è possibile ignorare il fatto di essere così “aperti”, ogni collegamento esterno e interno modifica l’intera struttura influendo sul progetto stesso, ad esempio sul modo di agire o di esprimersi.
Se consideriamo la dilagante tendenza all’intrusione nella sfera privata da parte delle multinazionali, e non solo, ed il conseguente, immane sforzo di chi tenta di salvaguardare la propria privacy, il life_sharing è da considerarsi una dimostrazione per assurdo. 0100101110101101.ORG crede fermamente che la privacy sia una barriera da abbattere. L’idea di privacy è obsoleta. Un computer connesso in Rete è uno strumento che permette il libero flusso di informazione, questo è il suo fine. Qualunque cosa interrompa il libero flusso di informazione è un ostacolo da superare. 0100101110101101.ORG risolve il dualismo tra proprietà pubblica e proprietà privata proponendo un modello empirico che favorisce la libera distribuzione del sapere garantendone al contempo la fruibilità.
Da adesso in poi, il prodotto di 0100101110101101.ORG sarà la propria visibilità. Il life_sharing è la root sotto la quale si aggiungeranno altri servizi, tutti finalizzati a mostrare fino a che punto la nostra vita può essere monitorabile. Intendiamo mettere in mostra quanti più dati possibili su di noi, non solo attraverso la trasparenza dell’hard-disk, ma analizzando le transazioni economiche, l’uso della carta di credito, gli spostamenti fisici, gli acquisti ecc. 0100101110101101.ORG mostrerà la mole di informazioni che è possibile monitorare su un individuo nella società attuale.

Q.: Nel life_sharing avete fatto appello alla GNU General Public License (GPL), un particolare tipo di licenza per il software sviluppata dalla Free Software Foundation. Questa licenza permette agli utenti del software di modificarlo, adattandolo alle loro esigenze, se questi stessi rendono poi le loro modifiche pubblicamente disponibili agli altri utenti senza “chiudere” il codice dopo averlo sviluppato. La GPL è un documento che ha suscitato grosso interesse anche al di fuori dei circoli di programmatori, fornendo un collegamento con altre pratiche come l’autorialità collettiva e aperta, ossia ridefinizioni del concetto di copyright, di proprietà intellettuale, e così via.

A: Il fatto di adottare Linux come sistema operativo, e di conseguenza la licenza GPL, non è assolutamente un’allusione, ma il frutto di scelte politiche, ragioni tecniche e legali. Stiamo lavorando, assieme ad un avvocato, ad una licenza che applicheremo a tutti i file in cui non è specificata altra licenza. Questa licenza è liberamente ispirata alla GPL ma sarà estesa a qualsiasi prodotto dell’intelletto garantendo la possibilità di:
– usare il prodotto
– modificare il prodotto
– distribuire copie, modificate o no, del prodotto (sia gratuitamente che sotto compenso)
Questa licenza impedisce inoltre di aggiungere delle restrizioni, eliminando la possibilità di mettere il copyright su prodotti aggiunti o combinati ad uno coperto da questa licenza.
Fino ad ora 0100101110101101.ORG semplicemente non ha apposto il copyright a nessuna delle cose che ha fatto. Innanzitutto perché 0100101110101101.ORG non ha mai prodotto nulla. 0100101110101101.ORG si limita a spostare pacchetti di informazioni, a deviarne il flusso, a osservare i cambiamenti, ed eventualmente trarne profitto. La visibilità è il vero problema della Rete. Se qualcuno riutilizza la tua musica, le tue parole o le tue immagini, ti sta solo facendo un favore.
Svariate persone hanno già riutilizzato spontaneamente 0100101110101101.ORG. Se qualcuno, al di fuori di noi, riesce a trarre profitto da 0100101110101101.ORG questo è solo merito suo. In fin dei conti è quello che abbiamo fatto noi con hell.com, art.teleportacia e jodi.org: il profitto, volontariamente o involontariamente, è sempre reciproco.

Q.: Sì, così questo è il surplus, che si verifica anche nell’economia della visibilità. Sviluppando questo concetto, sembra che ci siano essenzialmente due modi di approcciarsi ai problemi sollevati da termini come appropriazione/plagiarismo/anticopyright, ecc. Uno è illustrato da Hegel quando afferma, in Lineamenti di Filosofia del Diritto, “Appropriarsi di qualcosa significa sostanzialmente manifestare la supremazia della propria volontà nei confronti della cosa”. L’altro approccio è la generazione di contesti in cui la dinamica della circolazione e dell’uso, con minori o maggiori gradi di apertura – non l’imposizione della volontà – prevalgono. Una diversa formulazione può essere trovata nelle pratiche anti/copyright usate comunemente nell’underground e dell’uso radicale dei media in Italia e all’estero, dove il copyright è aperto ad altri utilizzi non commerciali, o ai partecipanti a movimenti sociali, ma chiuso alla riproduzione proprietaria. In questo modo, all’”interno” si apre un contesto aperto, ma l’arma proprietaria del copyright non viene eliminata. Queste forme corrispondono in qualche modo ai due modelli di cui avete parlato?

A: È comune fraintendere il no-copyright con il no-profit. 0100101110101101.ORG è compatibile con la retribuzione, sotto svariate forme, ed il life_sharing, essendo un progetto finanziato da un’istituzione, è un esempio. Il software open-source, la musica dei Negativland, i libri di Wu-Ming, sono tutti esempi di prodotti intellettuali che hanno saputo conciliare il modello no-copyright alla commercializzazione. Il no-copyright non è più una pratica underground, ma uno “standard di produzione” culturale.
Significa innanzitutto essere consapevoli che il proprio sapere non è innato ma che non è altro che una sintesi tra diversi prodotti culturali, quindi significa rendere il proprio sapere condivisibile, cioè sfruttabile non solo da se stessi ma da chiunque, anche commercialmente, impedendo però che qualcuno restringa questa possibilità.
Il problema del copyright sarà sempre più importante. Non riguarda solamente il software, l’arte o la musica, ma sta invadendo ogni ambito dell’esistenza.
“Manifestare la supremazia della propria volontà nei confronti della cosa” significa che tutte le volte che è necessario, tutte le volte che ci troviamo di fronte ad una distanza che non ci appartiene, che condividiamo un libro, un film, un dipinto, dobbiamo poter dire: “L’ho fatto io! È mio!”


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From: “TheExplicit” redaction.explicit@oem.es
To: hell.com@0100101110101101.ORG
Subject:
Date: Sat, 18 Dec 1999 19:51:11 +0100


Chi cazzo siete?


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Sito: HTTP://WWW.0100101110101101.ORG
E-mail: BIENNALE@0100101110101101.ORG


NOTE

[acoustic space intro] SNAFU, introduzione a Nobody dare to call it plagiarism!, intervista a cura di Snafu, Acoustic.Space, ottobre 2000.

[britannica] Tratto da 0100101110101101.ORG: They’re Not Just Mean, intervista, Britannica, 21 luglio 2000.

[unità] Traddo da Abbiamo svelato i trucchi dei critici – gli 0100101110101101.ORG raccontano qui come “intervengono” nelle loro operazioni “beffarde”, intervista a cura di Antonio Caronia, l’Unità, 14 febbraio 2000.

[telepolis] Tratto da Keine Künstler, nur Betrachter, intervista a cura di Tilman Baumgärtel, Telepolis, 9 dicembre 1999.

[haaretz] Tratto da Life imitates art and art imitates itself, intervista a cura di Uri Pasovsky, Haaretz, 19 Settembre 2000.

[fuller] Tratto da Data-Nudism, intervista a cura di Matthew Fuller, Walker Art Center, 1 gennaio 2001.




CURRICULUM 01.ORG

0100101110101101.ORG
HTTP://WWW.0100101110101101.ORG
01001011101@0100101110101101.ORG

Presentazione

Il nome del loro dominio è difficile da ricordare anche per loro, la loro identità è ancora più oscura. L’operazione che li ha resi celebri è stato il “furto” e la riproduzione della più famosa galleria di net.art, Hell.com, da sempre chiusa al grande pubblico e accessibile solo con una preziosa password. Quando Hell.com ha aperto il sito per 48 ore in occasione della mostra “Surface” 0100101110101101.ORG ha downloadato l’intero contenuto della galleria e ne ha fatta una copia esatta rendendola visibile a tutti nel proprio sito. Nonostante le minacce di denuncia da parte dei proprietari di Hell.com il sito è tuttora là. Ad Hell.com sono seguiti altri scandali, ad esempio la versione anti-copyright della nota galleria Art.Teleportacia, i numerosissimi remix di opere di net.artisti oppure il falso sito “ufficiale” della Santa Sede. 0100101110101101.ORG lavora su quelle che considera contraddizioni dell’odierno sistema culturale in particolar modo il concetto di originalità e di autore, sfruttando le potenzialità di manipolazione offerte dalla Rete. Dovrebbe essere chiaro a tutti che non ha più senso parlare di originali e copie nel mondo dell’arte digitale e la lotta per la libertà e l’accessibilità dell’informazione non fa che sottolinearlo, nonostante il mercato dell’arte cerchi ovviamente di rafforzare e mantenere l’“aura” dell’opera d’arte e di conseguenza il suo alto valore commerciale.



Cronologia

29 Maggio, 1998
0100101110101101.ORG crea a tavolino la vita e le opere dell’artista serbo Darko Maver. Il progetto, nell’arco di quasi due anni, coinvolge decine di persone in diverse città e culmina con la rivendicazione della beffa all’indomani della presentazione dell’artista alla 48° Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia.

15 Dicembre, 1998
Gli attivisti acquistano il dominio www.vaticano.org, che utilizzano per creare e mantenere, per un anno intero, un organo “ufficiale” di informazione della Santa Sede, un sito enorme esteticamente identico a quello reale ma con contenuti leggermente modificati.

11 Maggio, 1999
Creazione degli “ibridi”, file ottenuti mixando opere rubate di altri net.artisti.

11 Maggio, 1999
Copia di Hell.com, il più noto museo di net.art. Il mirror del sito viene pubblicato in versione anti-copyright e privo della password di protezione. Dopo sole due ore 0100101110101101.ORG riceve la prima minaccia di procedimenti legali per la violazione del copyright da parte di Hell.com. Il sito è tuttora lì.

9 Giugno, 1999
Gli attivisti scaricano e modificano Art.Teleportacia, la prima galleria di net.art apparsa in Rete. La mostra “Icone del periodo eroico” diviene “Ibridi del periodo eroico” e le opere esposte vengono radicalmente modificate. Seguirà un lungo dibattito in Rete che vedrà contrapporsi Olia Lialina – creatrice di Art.Teleportacia – e i sostenitori delle tecniche di 0100101110101101.ORG.

12 Settembre, 1999
Un clone del sito appartenente alla nota coppia di net.artisti Jodi viene pubblicato sul sito di 0100101110101101.ORG, questa volta senza apportare alcuna modifica, per dimostrare che idee e pratiche – quali l’autenticità e l’unicità di un’opera d’arte – siano da considerarsi ostacoli allo sviluppo della Rete.

Ottobre 2000
life_sharing
0100101110101101.ORG continua a sfidare la nozione di proprietà artistica facendo accedere chiunque 24 ore su 24 al proprio computer attraverso la rete. Applicando il modello della licenza GPL creata per il software “open source” al proprio computer, 0100101110101101.ORG mina il concetto di privacy ed esplora le contraddizioni della proprietà intellettuale.

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