03 maggio 2002

exibinterviste la giovane arte – ZimmerFrei

 
ZimmerFrei (Anna Rispoli, Anna de Manincor e Massimo Carozzi) è una delle realtà creative più interessanti dell’attuale scena bolognese. Exibinterviste li ha incontrati in occasione della mostra Parole Parole Parole...

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Perché avete scelto il nome collettivo di ZimmerFrei?
Anna de Manincor: Sul nome ci sono solo interpretazioni a posteriori. Sogno ricorrente: mi volto e in casa c’è una porta che non ho mai visto – c’è una stanza libera qui! – Altre porte, stanze che si aprono su altre stanze, corrente d’aria, aprile.

In genere siete in tre a ragionare su progetti comuni. Come vi dividete i compiti? E quali sono le reciproche competenze?
Non ragioniamo in tre, traspiriamo. Anche ostilmente.
Abbiamo cominciato facendo regia teatrale (Anna Rispoli), regia video (Anna de Manincor) e sound design (Massimo Carozzi) e dei performer lo siamo un po’ tutti. Impariamo a fare le cose l’uno dell’altro, a parlare lo stesso linguaggio. Un po’ facciamo guerra senza quartiere, imboscate, strategie di guerriglia, e molti prigionieri.

Avete realizzato performance teatrali, installazioni video e sonore, happening. Nel vostro modo di lavorare, il cinema incontra l’arte contemporanea e il teatro si fonde con la musica e la letteratura. Come decidete il taglio da dare al vostro materiale?
Non esistono formati, semmai dispositivi di visione e d’ascolto che applichiamo impunemente.
Direi che è il lavoro stesso che sceglie il supporto e le nostre origini ibride – teatro, cinema, musica – ci permettono di dargli corda. Abbiamo altre ossessioni – le rivelazioni incombenti, gli spazi che ne nascondono degli altri, gli oggetti pericolosi e i baveri alzati – e tutte pretendono il tributo di vari trattamenti prima di esaurirsi.

Quando avete avuto i primi seri riconoscimenti riguardo ai vostri lavori?
Anna de Manincor: A quattro anni soffio la parte di Colombina alla mia migliore amica malata di scarlattina; il mio compagno di classe preferito mi dice serissimo: ”Hai della stoffa”.
Anna Rispoli: Per tutte le elementari ho gestito un retrobottega in cui la mia banda si travestiva prima di sferrare temibili attacchi, terrorizzando i nemici del quartiere.
Massimo Carozzi: Mixando Chicago House e Musique Concrete di fronte a cinque persone imbottite di LSD.

Mmm…ok. Allora parlatemi del primo lavoro che ha vinto Iceberg 2001 organizzato dal Comune di Bologna sia per la sezione Cinema che Teatro, e che avete presentato successivamente alla Biennale dei Giovani Artisti di Sarajevo. Mi riferisco alla video-installazione Never Keep.
Mi raccontate la sua genesi?

Never keep è la visione di uno spazio: duplice, gemello e contiguo. Abbiamo lasciato che la cronaca ci ispirasse – il Russia Gate del 1998, le gaffes del FMI, i trafficanti albanesi, russi, statunitensi – e poi intorno ad una parete si è coagulato il nostro desiderio narrativo.
Il risultato è un plot labirintico dalle atmosfere noir che ci ha chiesto di declinarsi in forma di spettacolo teatrale, video-installazione, performance multimediale. Unica costante il ruolo dello spettatore: a lui il montaggio tra le due stanze.

Recentemente siete stati invitati a partecipare a Parole parole parole, una grossa mostra collettiva che indaga il rapporto tra la parola e l’arte, organizzata presso la Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento a cura del direttore Fabio Cavallucci e Alessandra Borgogelli. Mi parlereste del vostro lavoro presente in mostra, Spazio Largo? E di come si è evoluto rispetto alla prima uscita avvenuta in gennaio all’interno della rassegna Space is the Place presso il tpo_euraquarium di Bologna?
Spazio Largo è il nostro primo film senza immagini, un audiodramma che catapulta l’ascoltatore nella dimensione preziosissima dell’immaginazione ad occhi chiusi. Le scene sono in realtà dei set acustici e, per restituire il realismo dell’azione, abbiamo registrato in aereoporti, periferie deserte e salotti. Il testo si nutre del cinema e della letteratura a noi vicini, DeLillo soprattutto ma anche Heiner Müller e Edward Bunker. La parola è realmente dialogata: la spazializzazione delle voci tende a far immedesimare lo spettatore con il protagonista e a riconoscere i suoi interlocutori come presenze che agiscono in uno spazio. Spazio Largo #1 (amplificazione diffusa) è un’esperienza condivisa d’immersione nel “buio”; Spazio Largo #2 prevede invece l’ascolto in cuffia in solitudine. Indossando delle mascherine per dormire, il pubblico è reso “cieco” e isolato dall’ambiente esterno. L’ascoltatore si sente “forte” del suo spazio privato, pieno di stimoli e presenze, visto da fuori invece è un corpo molto “fragile”, indifeso e con delle espressioni senza senso sul volto!

Come coniugate il fatto di lavorare da anni in spazi off, in teatri e club e attualmente anche la possibilità presentarvi in spazi istituzionali come una Galleria Civica?
Lavorare in spazi non istituzionali ci ha dato il lussuoso diritto di sperimentare veramente le direzioni più ardite e di salvaguardare la nostra vocazione “elastica” . Il nostro reading Vocoder si modella, per esempio, sul tipo di spazio che lo contiene: vari supporti e possibili trasferibilità. Le istituzioni non sono ancora in grado di offrire questa possibilità: non “forano” mai l’esistente, registrano un panorama che si è già delineato e difficilmente investono sulle produzioni. Si tratta di avere il coraggio di stupirle, ma senza assecondarle.

Prima di concordare l’intervista mi avevate chiesto di farvi delle domande “pornografiche”. Prendo la palla al balzo e vi chiedo cosa c’è di pornografico nel mondo dell’arte e della cultura in genere? E cosa nell’attuale società?
Vogliamo evitare qualsiasi tirata sulla mercificazione dell’opera d’arte. Il mondo dell’arte ha senso quando riesce a dialogare con il proprio tempo, è lì che avvengono le trasformazioni dell’immaginario collettivo.
È la politica internazionale piuttosto ad essere “pornografica”. Forse per questo negli ultimi anni è più seguita, Forlani non eccitava più nessuno. Seriamente: come negli anni della guerra fredda, la retorica si basa sugli istinti più animali, l’appeal del possesso e della paura.

Un’ultima domanda: cosa state preparando per il futuro?
Anna Rispoli: Sesso droga e le nuove frontiere della narrazione radiofonica.
Anna de Manincor: Sesso, elettroacustica e disobbedienza.
Massimo Carozzi: La disobbedienza è la chiave per la gioia (Coil)


links correlati:
www.ecn.org/tpo

Bio
Zimmer Frei si costituisce nell’ottobre 1999, dal 2000 risiede e lavora presso il TPO Euraquarium di Bologna.
L’ensemble è composto da Anna Rispoli -regista e performer-, Anna de Manincor -videomaker e performer- e Massimo Carozzi -sound designer-.
ZimmerFrei lavora trasversalmente tra le arti performative e le arti visive, sviluppando un’originale ricerca sonora e una forte attenzione al dispositivo di fruizione (fatto di attenzione, aspettativa e diversione) che viene instaurato di volta in volta con il pubblico. Tra le realizzazioni più importanti: gli spettacoli teatrali cronica, N.K. – Never Keep Souvenirs of a Murder nelle due versioni di spettacolo teatrale e video installazione, entrambi vincitori del concorso ICEBERG 2000, invitato alla Biennale dei Giovani Artisti di Sarajevo) e lo spettacolo multimediale Doppio Canone (Progetto Fringe, Festival Artport, Teatro Studio, Scandicci), – il reading V
ocoder #1: Black Words -on white paper
(radio estensioni night, Covo –BO- a cura di Marco Altavilla e Daniela Lotta


Marco Altavilla

Exibinterviste-la giovane arte-è un progetto editoriale a cura di Paola Capata

[exibart]

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