24 giugno 2002

Jan Van Eyck I Coniugi Arnolfini

 
Van Eyck in quest'opera oltre ad essere l'artefice del dipinto è anche il "celebrante" di un matrimonio, in sostanza sostituisce il prete. Chiariamo: i due personaggi ritratti sono il ricco mercante lucchese, stabilitosi nelle Fiandre, Giovanni Arnolfini e la moglie…

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Van Eyck in quest’opera oltre ad essere l’artefice del dipinto è anche il “celebrante” di un matrimonio, in sostanza sostituisce il prete. Chiariamo: i due personaggi ritratti sono il ricco mercante lucchese, stabilitosi nelle Fiandre, Giovanni Arnolfini e la moglie, che vengono immortalati in posa solenne ed elegante in un ambiente insolito, la loro camera da letto. Appare evidente che l’uomo e la donna stiano pronunciando una sorta di giuramento matrimoniale (per quanto qualcuno abbia supposto che l’Arnolfini stia leggendo la mano alla moglie), come si vede dall’unione delle mani e dai gesti; inoltre il concetto è sottolineato dal letto alle spalle dei protagonisti, dall’unica candela accesa sul lampadario (simbolo matrimoniale) e dal cagnolino ai loro piedi, simbolo della fedeltà. Per fugare poi ogni sospetto basta osservare lo specchio attaccato alla parete di fondo, sopra il quale sta scritto: “Johannes de Eyck fuit hic” (Jan Van Eyck era presente), che infatti riflette la stanza dove si vedono, oltre gli sposi, altri due personaggi, dei quali uno è sicuramente l’artista.
Qual è il significato di tutto ciò? Il concetto è semplice, qui il pittore ha una duplice funzione; fa quello che al giorno d’oggi farebbe un qualunque fotografo, ovvero ritrae con precisione e chiarezza uno sposalizio, ma soprattutto è come se fosse il celebrante o meglio una sorta di notaio: certifica che la cerimonia è avvenuta realmente, non a caso nella firma non scrive “Jan Van Eyck ha fatto questo” come solitamente si usava, ma “Jan Van Eyck era presente”.
Questo artista fu uno dei protagonisti del Rinascimento nordico, nacque ed operò per lo più a Bruges, città dove vissero anche i coniugi Arnolfini, negli stessi anni in cui in Italia erano attivi Masaccio, Beato Angelico, Jan Van Eyck, ritratto dei coniugi arnolfiniPaolo Uccello. Questi ultimi si distinsero per l’uso della prospettiva scientifica, per la rappresentazione di una realtà esatta, per lo studio dell’anatomia, mentre il fiammingo percorse un’altra strada: l’impressione del vero, la riproduzione della realtà esatta, le raggiunse con uno studio attento e meticolosissimo delle cose. Nei suoi dipinti e in quelli dei pittori nordici del tempo, le persone, gli oggetti, l’ambiente sono ritratti con una cura maniacale per il dettaglio, con una riproduzione lenticolare del soggetto raffigurato; in sostanza i loro quadri sono come specchi che riflettono il mondo reale.
Naturalmente per una resa così precisa del soggetto la pittura a tempera, in uso al tempo, era inadatta perché asciugava troppo velocemente e non permetteva troppi ritocchi; fu proprio in Fiandra infatti che venne “inventata”, la tecnica ad olio molto più adatta all’uopo per la brillantezza dei colori, per la lenta asciugatura che consentiva rielaborazioni e per la possibilità di eseguire velature. In breve poi questa tecnica, aborrita da Michelangelo perché dava la possibilità di correggere i propri errori, prese piede sino a soppiantare quasi del tutto la tempera. Anticamente si pensava che fosse stato proprio Van Eyck a scoprire la pittura ad olio, probabilmente non fu così, l’importante però è sapere che ebbe origine in quel tempo e in quei luoghi.

I Coniugi Arnolfini (1434)
Olio su tavola, cm 81,8 x 59,5
Londra, National Gallery

bibliografia essenziale:
Van Eyck [testi di Cecilia Bernardini] – Roma – [s. d.]
Brandi, Cesare – Spazio italiano, ambiente fiammingo – Milano – 1960
Jan van Eyck (1390 c.-1441) : opere a confronto – Torino – [1997]
Tutta la pittura di Jan Van Eyck / a cura di Valentin Denis – Milano – 1954
Perre, Harold: Van Eyck: l’Agnello mistico : il mistero della bellezza / Harold Van De Perre – Milano – [1996]
Eyck, Hubert:L’ opera completa dei van Eyck / presentazione di Raffaello Brignetti; apparati critici e filologici di Giorgio T. Faggin – Milano – 1968

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Progetto editoriale a cura di Daniela Bruni

[exibart]

17 Commenti

  1. Sottovalutata la novità dello specchio. Da solo questo particolare meritava una dissertazione che a mio modesto avviso è venuta meno. Si instaura un rapporto differente e che non ha uguale a quel tempo, tra fruitore dell’opera e soggetto della stessa. I due protagonisti non guardano “noi” ma altri due personaggi presenti nella stanza. Questo è un punto vitale nella storia dell’arte, l’opera non è più fatta in virtù di un osservatore esterno, ma manifesta proprio una autoreferenzialità che la nobilita. Per incontrare una cosa simile bisogna aspettare il realismo francese, che è di secoli successivo a questo dipinto. Il fruitore dell’opera viene chiamato in causa in un secondo momento, solo quando o si invita a leggere la firma…e non durante l’evento rappresentato. L’attenzione qui è chiusa tra i diversi personaggi e lo specchio è l’elemento determinante di questa chiusura, nonchè l’unica apertura possible verso l’osservatore esterno.

  2. Interessante l’osservazione di Andrea da Milano sulla presenza determinante dello specchio nell’opera di Van Eyck, che da quando conosco questo dipinto è stato il particolare che mi ha incuriosito di più, ma non si può pretendere un approfondimento così complesso in una sola pagina e in un sito che ha più che altro scopo informativo. Forse si dovrebbe creare una sezione di saggi in cui mettere in luce in modo più accurato alcune tematiche artistiche, che certo si possono solo accennare in una recensione, di per sè breve e incisiva. Per esempio nella pittura fiamminga è presente anche una tematica alchemica e filosofale che continua fino alla contemporaneità ad essere un affascinente mondo sotterraneo di ispirazione per gli artisti (vedi gli studi di Calvesi e Schwarz su Duchamp).
    Se Andrea legge il mio commento gli chiederei di consigliarmi dei testi sugli specchi nell’arte.

  3. Dipinto favoloso! Un vero esempio di “establishment” della borghesia di quell’epoca. Una famiglia di mercanti che nel loro dipinto testimoniano la loro dignita’. Inoltre senz’altro una trovata geniale quella dello specchio. Dare il senso dello spazio che si moltiplica verso un punto di fuga immaginario, creando cosi’ una illusione di distanza dietro le figure e non soltanto di fronte. Quasi a suggerire un tutto tondo.

    Tasha

  4. Purtroppo non saprei aiutarti circa i libri che trattano di specchi in arte, però posso dirti che esiste un saggio di Umberto Eco che si intitola proprio “Sugli Specchi”, e tratta del segno e del non segno. Mi fermo qui, anzi se qualcuno della redazione ha qualche consiglio circa una bibliografia che parla di specchi in arte, benvengano.

  5. l’articolo è molto interessante. vorrei sapere se fosse possibile avere qualche indicazione su testi inerenti all’argomento deelo specchio nell’arte. grazie

  6. Quest’opera sembra davvero una fotografia e penso che Van Eyck sia stato un grande pittore del ‘400…Però mi chiedo: perchè Van Eyck l’ha dipinto a Bruges e adesso è alla National Gallery di Londra??!!

  7. grazie a tutti gli artisti che con i loro capolavori hanno reso questo mondo più bello, grazie ai Van Eyck, ai Caravaggio e a tutti gli altri che, a distanza di secoli, ci REGALANO una sensazione indescrivibile! Dio mio fà che la vera arte torni!

  8. ma quando kazzo c’è arrivato questo quadro in spagna si può sapere?!? Sono tre giorni ke faccio sta ricerca ma nessuno me lo vuole dire.A stronzi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  9. Van Eyck è di quelli al disopra d’ogni giudizio, e questa grandiosa tavoletta si presta a migliaia di argomentazioni, tutte affascinanti, ed in qualche modo fondate.
    La questione tecnica, però,non è da trattarsi in modo così affrettato e semplicistico: la distinzione fra tempera e olio viene a confondersi quando si trova la voce “tempera all’olio”, e le ragioni della scelte di un mezzo piuttosto che un’altro è determinata da molteplici ragioni, anche economiche e climatiche (p.e.Chi dipinge a fresco nel freddo e umido Nord?), oltrechè di gusto. Gli sbagli si possono correggere in quasi tutte le tecniche, salvo fresco e acquarello, e le velature si son fatte a tempera per secoli, parliamo p.e. di Cimabue e di Leonardo, nè vengono favorite dalla lunga essiccazione dell’olio, alla quale taluni rimediano col discutibile uso di essiccativi. La lettura di opere con attenzione all’aspetto tecnico sarebbe cosa da praticare di più, perchè non è raro che il mezzo determini la maniera, del resto “Tekni” è la parola greca per “Arte”….

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