29 ottobre 2002

fino al 15.XI.2002 Marco Lodola Milano, Galleria Tega

 
Tra la settimana della moda e la ripresa della stagione dei concerti, un piccolo evento contribuisce a dare colore al solito grigio autunno milanese: il ritorno in città di Marco Lodola. Una nuova Pop Art che guarda alla musica contemporanea ed al Futurismo...

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Un ritorno che non porta con sé molta sorpresa, ma una calda e rassicurante tradizione: niente sperimentazione di nuove e laboriose tecniche, nessuna presentazione di nuovi traguardi espressivi raggiunti, ma un nuovissimo campionario di oggetti e soggetti che escono dalla fantasia dell’atelier di Marco Lodola e si riversano nei nostri sensi, rallegrandoli e accarezzandoli.
Dell’artista-artigiano pavese, noto dagli anni ‘80, quando con il critico Renato Barilli fondò il movimento del Nuovo Futurismo, e attualmente considerato uno dei più significativi esponenti del New Pop, sono caratteristici gli splendidi lavori in perspex e smalto, a volte illuminati da un neon interno alla struttura trasparente, in cui, con una semplicità estrema e una misurata eleganza, raffigura personaggi e oggetti, come sagome o come stilizzazioni, che esplodono nella loro fantasia di colori piatti e brillanti colti in un’istantanea che fissa le loro azioni: ballerini, atleti, musicisti, gente in movimento…
Soggetti per questa nuova serie di opere sono i cavalli ed i fantini che li cavalcano, raggelati in un frame, al galoppo o durante il salto della siepe.
Non si uccidono così anche i cavalli?, infelice titolo scelto per presentare le opere a soggetto equino, è un film del 1935 di Sidney Pollack, in cui i partecipanti ad una maratona di danza finiscono solo una volta ridotti allo stremo delle forze, proprio come i cavalli. L’allusione risulta piuttosto fuori luogo, e in definitiva il titolo suggerisce più una forzatura che una chiave di interpretazione spontanea. Il tema del cavallo non è del tutto nuovo per Lodola: gli appassionati di rock possono ricordare la splendente installazione rappresentante un cavallo a grandezza naturale realizzata come scenografia per la band bresciana dei Timoria, assidui frequentatori di Lodolandia, u-topia localizzata nell’atelier dell’artista, fucina di sperimentazione ed incontri in cui dal 1998 si riunisce il gruppo 98, “unione trasversale di artisti ” che vede interagire arte, rock, design, fotografia, in un felice ibrido interdisciplinare in cui vengono tolti i confini alle diverse esperienze artistiche. Anche in occasione di questa ultima mostra l’attitudine alla contaminazione di Lodola non tace: troppo angusti gli spazi di una galleria ufficiale per un’arte che vuole parlare alla gente, le creazioni di Lodola sono fiorite anche ad una festa al Barrio Cafè di Milano, coincidente con l’opening presso la Galleria Tega, e in un allestimento temporaneo della boutique di Valentino in Via Montenapoleone. Tra Musica Arte e Moda, le opere di Lodola, che si presentano bene ad un pubblico fedele anche senza catalogo, non smettono di deliziare. E i collezionisti non smettono di simpatizzare…

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mostra visitata il 3 ottobre 2002


Marco Lodola – Non si uccidono così anche i cavalli?
Dal 3/10 al 15/11
Galleria Tega, Via Senato 24, 20121 Milano (centro storico)
Orari: da lunedì a sabato 10-13 / 15-19
Informazioni: 02/76006473, e-mail: gitega@tin.it


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2 Commenti

  1. Non dimentichiamo che quel “cavallo” usato per i Timoria è andato in scena anche con gli 883. Lodola oltre ad essere un bravo artista é anche un commerciale perché ha saputo esporsi al fianco di un gruppo di musica italiana tra i più pop d’Italia (per farsi conoscere)…e pure tra i più scadenti, ma questo non conta considerato che gli italiani medi non hanno cultura musicale, nel senso che non sanno minimamente dell’esistenza di musica italiana di alto livello (anche se la colpa va all’impostazione del mercato discografico italiano)
    Io amo la musica e l’arte visiva che da sempre é supporto emotivo visivo alle emozioni date dal suono.
    Bravo Lodola che crea insieme alla musica e si affianca alla musica per uscire dagli schemi istituzionali in cui l’arte ufficiale ed ufficiosa è relegata (non per niente è anche un bravo musicista).

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